L’8 marzo, comunemente conosciuta come la Festa della Donna, è da sempre stata da me percepita come una ricorrenza piuttosto controversa.
Ricordo infatti che, fin da quando ero una semplice bimba delle elementari, non riuscivo a comprendere il motivo per il quale i miei compagni maschi (o chi per loro) si dovessero sentire in dovere di lasciare sul mio banco una mimosa; sopratutto quando quegli stessi gentleman un po’ improvvisati durante il resto dell’anno continuavano ad infastidirmi o escludermi dai loro giochi per il semplice fatto che io fossi una femmina.
Ed è per questo motivo che per anni ho mal sopportato questa festa, non comprendendo il motivo per il quale dovessi essere celebrata in quanto “persona appartenente al genere femminile“: da sempre mi ero infatti sentita degna di rispetto e attenzione, e non solo l’8 marzo, ma durante tutti e 365 giorni dell’anno.
Ma poi qualcosa cambiò, quando ai tempi del liceo lessi la pagina di Wikipedia dedicata alla Giornata Internazionale della Donna, che mi permise non solo di conoscere le origini di questa festa popolare, ma anche di comprendere le ragioni per le quali questa ricorrenza abbia senso di esistere e debba essere celebrata.
Perché? Perché le donne di tutto il mondo risultano tutt’oggi essere vittime di una società ostinatamente patriarcale, ed è giusto ricordare almeno una volta l’anno l’urgenza di un cambiamento che porti ad una definitiva uguaglianza di genere.
Nonostante la lotta per l’uguaglianza venga portata avanti da più di 100 anni, le donne ancora non godono degli stessi diritti né degli stessi riconoscimenti a livello sociale: risulta perciò essere doveroso richiamare alla memoria non solo le discriminazioni che le donne hanno dovuto subire in passato, ma ricordare tutte quelle battaglie che devono ancora essere vinte ai fini del trionfo di una società paritaria e giusta. Ed è per questo motivo che l’8 marzo risulta ad oggi essere una ricorrenza più che mai attuale e fondamentale all’interno della nostra società, che necessita di essere celebrata.
Ma come?
Di certo non regalando mimose, sopratutto se siete il tipo di persona che si macchia consapevolmente di gesti e parole maschiliste durante il resto dell’anno – e sì, parlo di voi maschietti che ancora ci considerate come dei semplici oggetti, ma anche di voi femminucce che offendete e denigrate altre donne che non rispecchiano i vostri ideali di femminilità.
Ciò che io mi sento di consigliare, invece, è di trascorrere la giornata dell’8 marzo all’insegna dell’INFORMAZIONE.
Leggete, fate ricerche su internet, confrontatevi, cercate un dialogo, partecipate a dibattiti, guardate film o documentari che possano arricchire il vostro bagaglio culturale e rendervi maggiormente coscienti sulla condizione femminile, passata o presente che sia.
Siate padroni della vostra conoscenza, informatevi e acquisite informazioni di prima mano e, anche se solo nel vostro piccolo, cercate di produrre quel cambiamento che possa rendere la nostra società migliore e più giusta.
Ad esempio, avendo io a disposizione che questa piccola finestra sul mondo digitale, ho deciso di consigliarvi 10 film sull’emancipazione ed il coraggio femminile, nella speranza che la visione di questi recenti prodotti cinematografici possano in un qualche esservi d’ispirazione.
Suffragette (2015)
Chiunque, almeno una volta nella propria vita, ha sentito parlare o ha dovuto studiare il movimento delle suffragette. Io, ad esempio, ho ancora il ricordo vivido di quando lessi, nel mio libro di storia delle medie, di questo gruppo di ribelli inglesi che, in segno di protesta ai loro diritti politici negati dal governo britannico, versavano barattoli di marmellata nelle scarpe degli uomini… Ma chi erano veramente queste donne?
Se siete appassionati di storia e desiderate conoscere in maniera approfondita le origini e attività del primo movimento femminista nella storia dell’umanità, il film Suffragette di Sarah Gravon è il film perfetto per voi.
La regista e le sue grandiose interpreti principali (Carey Mulligan e Helena Bonham Carter) hanno infatti regalato un prodotto dal forte impatto didattico ed emotivo: il film riesce egregiamente nell’intento di raccontare la vita di alcune delle donne che hanno fatto la storia dei diritti civili, senza dimenticare di toccare la sfera emotiva del suo spettatore. Risulta infatti difficile non empatizzare con il dolore di Maud e le sofferenze patite da tutte le sue compagne; indignarsi per le ingiustizie da loro subite; provare orgoglio per il loro grandissimo coraggio e determinazione.
Suffragette è semplicemente un film bello, che tutti dovrebbero guardare al fine di non dimenticare i soprusi politici e sociali che hanno caratterizzato un passato non troppo lontano.
We Want Sex (2010)
Sempre nell’ambito della rivendicazione dei diritti delle donne, We Want Sex è un altro bellissimo film che racconta di un grande traguardo storico per l’emancipazione femminile nella società occidentale.
Ambientato nel 1968 a Dagenham, Essex, la trama ruota attorno ad un gruppo di operaie della Ford, addette alla cucitura dei sedili per auto e costrette a lavorare in un’ala fatiscente della fabbrica, dove si muore di caldo e piove dentro.
In seguito ad una ridefinizione professionale che intende definire il personale femminile come “non qualificato”, e perciò esente dal diritto di una paga equa al lavoro eseguito, le operaie della fabbrica danno vita ad uno sciopero che porterà alla prima grande rivendicazione che condurrà all’elaborazione della prima legge sulla parità di retribuzione.
Il Diritto Di Contare (2016)
Il Diritto di Contare è la trasposizione cinematografica della vita della matematica, scienziata e fisica Katherine Johnson, una tra le prime donne afroamericane ad avere mai collaborato con la NASA nei primi anni 60, nel periodo in cui le leggi razziali risultavano ancora essere in vigore.
Sfidando contemporaneamente razzismo e sessismo, Katherine riuscì a farsi valere nell’avverso contesto lavorativo dando prova della sua grande intelligenza e capacità, passando alla storia per aver contribuito a tracciare le traiettorie per il Programma Mercury e la missione Apollo 11.
Il film si concentra inoltre sulle amiche e colleghe di Katherine, Dorothy Vaughan e Mary Jackson, insieme coinvolte nella lotta di rivendicazione del proprio diritto di contare, in senso sia pratico che simbolico: in un mondo in cui il genere e l’etnia erano giustificabili motivi di discriminazione, queste tre donne sono riuscite ad imporsi e a far valere i loro meriti in quanto persone di talento.
Maria Regina di Scozia (2018)
Maria Regina di Scozia, comunemente nota con il nome italianizzato Maria Stuarda, è passata alla storia per essere l’acerrima nemica della cugina Elisabetta I, la celebre sovrana d’Inghilterra del XVI secolo.
Un’emblematica personalità storica che viene oggi ingiustamente relegata nella memoria degli appassionati a mera antagonista alla corona inglese; ma è appropriato considerarla una semplice nemica che ha fallito nel suo intento di sostituirsi alla sovrana d’Inghilterra? Chi era in realtà la temuta Maria Regina di Scozia?
A dare una risposta è la regista Josie Rourke nel suo film di debutto Queen Mary of Scots, un lavoro interamente incentrato sulla storia di questo personaggio storico ingiustamente bistrattato nella memoria storica e popolare.
Oltre agli interessanti dettagli biografici della Regina, ciò che la Rourke intende indagare e approfondire è la posizione di regnante assunta da Maria e dalla cugina Elisabetta in quanto donne.
Donando una tanto personale quanto intrigante versione di un evento storico ampiamente dibattuto tra gli studiosi, ovvero quello relativo al presunto incontro tra le due rivali per antonomasia prima dell’incarcerazione della Regina di Scozia, la regista immagina un toccante scambio tra Maria e Elisabetta I in cui le due donne si confrontano sulla loro svantaggiosa posizione di sovrane in mondo governato dagli uomini.
È infatti importante ricordare che, oltre all’indiscussa rivalità tra le due regnanti, la vera lotta che le due donne dovettero effettivamente combattere fu entro i confini della loro corte: nonostante un titolo che doveva, a livello teorico, assicurare loro autorità assoluta, esse vennero continuamente fronteggiate e contrastante da una corte maschilista e fastidiosamente paternalistica.
Maria Regina Di Scozia è l’egregio racconto di un personaggio storico che merita di essere ricordato per il suo grande valore e determinazione, ma offre anche un’interessante riflessione sulle difficoltà dell’essere Regina in mondo in cui, a priori, era l’uomo ad essere legittimato all’autorità assoluta.
Persepolis (2007)
Tratto dall’omonima graphic novel di Marjane Satrapi, Persepolis è un film sulla ribellione e l’insubordinazione femminile ad una società prigioniera del fondamentalismo islamico.
La protagonista è la stessa Marjane, la quale si racconta allo spettatore attraversando le varie tappe della propria vita, dall’infanzia all’adolescenza fino a giungere ai primi passi da lei compiuti verso l’età adulta; senza però dimenticare il contesto storico, politico e civile in cui nel contempo riversava l’Iran, la sua sofferta terra natale.
Persepolis non risulta difatti essere un semplice racconto di formazione, ma la storia parallela di una donna e di un paese profondamente colpiti dal folle fondamentalismo religioso di un regime autoritario e prettamente maschilista. Senza il suo Iran, tanto amato quanto odiato, Marjane non sarebbe infatti diventata il simbolo del movimento femminista del nuovo millennio, rappresentando un modello di forza e ribellione per le tante donne che sono entrate in contatto e sono rimaste affascinate dalla sua storia.
Parched (2015)
Dalla regista indiana Leena Yadav, Parched è una vera e propria chicca per gli amanti delle produzioni straniere.
Parched è ambientato in un retrogrado e desolato villaggio nel deserto del
Rajasthan, ed ha come protagoniste tre donne diversissime tra loro, ma legate da un unico destino: la sottomissione alla società maschilista in cui si ritrovano ad essere inserite.
È così che incontriamo Rani, vedova e madre di Gulab, prepotente e spietato ragazzo di 17 anni a cui lei da in sposa una bambina di appena 12; e Lojjo, intima amica di Rani e vittima di violenze domestiche, che viene aspramente derisa dagli abitanti del villaggio per via della propria infertilità e ritenuta perciò una donna priva di valore in quanto incapace di dare un erede al proprio marito. Al duo si unisce poi Bijili, amica d’infanzia di Rani e star del tendone itinerante stanziato alle porte del villaggio, la quale durante la notte si esibisce in danze vivaci e sensuali che spesso si concludono con la richiesta, da parte del suo capo, di performance sessuali per i clienti presenti tra il pubblico.
Sarà proprio Bijili ad essere il catalizzatore che avvierà un cambiamento radicale nella vita delle due co-protagoniste; una donna emancipata, forte e sicura di sé che cerca di imporre il proprio diritto di essere padrona del proprio corpo nonostante la sua professione. La sua influenza darà così vita ad una graduale evoluzione che comporterà sia la reazione di Lajjo alle angherie del proprio coniuge, sia alla ribellione di Rani alle arcaiche tradizioni della propria società di cui era vittima e allo stesso tempo persecutrice.
Nel film sono presenti numerose di scene di violenza, come lo stupro di gruppo a cui Bijili si sottomette al fine di conservare il proprio posto di lavoro; le brutali percosse che sfociano in abuso sessuale subite da Lajjo da parte del marito; il modo violento in cui Gulab interrompe il piccolo rimprovero di sua moglie Janki assoggettandola ai suoi istinti carnali.
Ciò che in tal senso merita di essere evidenziato è il fatto che all’interno di questa pellicola viene rappresentato lo stupro nelle sue varie sfaccettature, senza che venga però in alcun modo sminuito in base al contesto: che avvenga all’interno delle mura domestiche, che sia compiuto da un ragazzo di appena 17 anni o dai clienti di una prostituta, ciò che viene inscenato è lo stesso e inaccettabile abuso.
La pellicola evidenzia pertanto quanto sia importante imparare a riconoscere la violenza in tutte le sue forme – incluse quelle all’apparenza più ingannevoli – al fine di poter condannare i soprusi e le ingiustizie patite dalle categorie più deboli della società: l’emancipazione risulta difatti essere strettamente legata alla presa di coscienza.
Parched risulta così essere un film che merita e deve essere guardato, sopratutto in un paese come l’Italia in cui i casi di femminicidio o di violenza contro le donne risultano essere, con mio grande rammarico, all’ordine del giorno.
The Danish Girl (2015)
In un articolo in cui intendo parlare di forza e coraggio femminile, non potevo non menzionare The Danish Girl, il film su Lili Elbe, la prima donna transessuale a noi nota ad essersi mai sottoposta ad un intervento di riassegnazione sessuale.
Nonostante vi siano ancora persone che si ostinino a negare il sesso di appartenenza di una persona transessuale, la storia di Lili è un esempio di grande coraggio e di determinazione tutta al femminile: andando contro la morale del tempo, ha infatti scelto di non nascondere la propria natura e di perseguire nel proprio sogno di ottenere il corpo a cui da sempre si era sentita di appartenere.
Ma oltre alla figura di Lili, il film si concentra su Gerda Gottlieb, moglie di Lili (con la quale si era sposata prima che la sua transessualità fosse stata rivelata) e che accompagna la sua amata nel complesso processo di transizione e trasformazione. Gerda si può in realtà considerare la vera protagonista della pellicola, la quale affascina lo spettatore per la sua immensa forza d’animo e altruismo, nonché per il suo anticonformismo. Nonostante l’iniziale dolore e difficoltà di accettare la natura di quello che un tempo considerava suo marito, Gerda fece infatti di tutto per aiutare la persona da lei amata, difendendola dalla morale del tempo e appoggiandola nella sua scelta di diventare “Lili Elbe” anche a livello fisico, oltre che psicologico.
The Danish Girl risulta così essere un film dal grande impatto emotivo, oltre che ad essere la trasposizione cinematografica di una storia d’amore e di sorellanza tra le più belle mai raccontate fino ad ora.
La Bicicletta Verde (2012)
La Bicicletta Verde è una storia potente che ha come protagoniste la piccola Wadjda e la sua mamma, due cittadine saudite che vivono in una rigida e ingiusta società patriarcale che intende togliere loro ogni diritto di esprimere la propria volontà e autodeterminazione.
Nonostante la crudezza della società rappresentata, in cui sono la prepotenza maschile e religiosa a farla da padrone, La Bicicletta Verde è un film che dona allo spettatore la speranza di un futuro migliore per le donne dell’Arabia Saudita.
Il personaggio di Wadjda risulta in tal senso essere emblematico, nel suo essere una bambina indocile, ribelle ai costrutti sociali e ostinata nel raggiungimento dei suoi obiettivi, così come di grande valore simbolico è la cooperazione mamma-figlia che si viene a creare nel corso del film. Il messaggio che la regista saudita Haifaa al-Mansour intende infatti inviare è la necessità dell’unione e della collaborazione femminile, indispensabile nella lotta di rivendicazione sociale e nella costruzione di una società in cui qualsiasi diritto, anche il più banale, sia concesso alle donne… Come il poter guidare una bicicletta verde.
Mulan (1998)
Mulan è quel classico Disney che da bambini tutti abbiamo guardato almeno una volta, e che a mio parere merita di essere considerato come uno dei migliori film d’animazione mai creati fino ad ora. Oltre alle sue innegabili qualità in termini tecnici e di story line (che lo rendono a tutti gli effetti una vera e propria chicca per gli amanti del genere), Mulan è però anche uno dei film con il personaggio femminile più emancipato mai realizzato per il grande e piccolo schermo.
Il film Disney racconta infatti la storia di una ragazza che, nel momento in cui il Grande Imperatore richiama tutti gli uomini del paese alle armi per contrastare l’avanzata di un popolo nemico, decide travestirsi da uomo e di arruolarsi nell’esercito cinese al fine di impedire al padre malato di combattere una guerra per lui già persa. Mulan così non solo impara l’arte della guerra e protegge il proprio Impero dalla conquista dei barbari, ma lotta anche contro una società che non riconosce il suo valore di guerriera a causa del suo genere sessuale.
Mulan si presenta così come l’esempio perfetto di personaggio femminile che l’industria cinematografica dovrebbe maggiormente offrire al pubblico dei giovanissimi e non solo: il suo coraggio e la sua determinazione, nonché la sua ribellione alle etichette sociali in cui la società vorrebbe inserirla, la rendono un’esemplare fonte d’ispirazione per le bambine e le donne di tutto il mondo.
Non Sono Un Uomo Facile (2018)
Riuscite ad immaginare un mondo “alla rovescia”, in cui il matriarcato regna sovrano e gli uomini soccombono alla supremazia femminile? Beh, non è necessario compiere chissà quale sforzo, perché non solo la regista francese Eleonore Pourriat lo ha già concepito, ma lo ha anche materializzato all’interno del suo film intitolato Non Sono Un Uomo Facile.
Il protagonista del film è Damien, uno stereotipato uomo alpha che crogiola nei benefici e nei privilegi dell’odierna società maschilista. La sua vita di rapporti occasionali e successi lavorativi pare essere perfetta, fino al giorno in cui l’uomo non sbatte la testa contro un palo, proprio mentre era intento ad osservare e a commentare con languore l’avvenenza di due ragazze.
La violenta botta, infatti, non gli provocherà semplicemente un vistoso bernoccolo, ma lo porterà a risvegliarsi in un mondo capovolto in cui ad essere al potere sono proprio quelle donne che lui mai aveva considerato come sue pari. Damien si ritroverà così a dover fare i conti con la discriminazione di genere, di cui ora si ritrova ad essere vittima anziché carnefice.
Non Sono Un Uomo Facile si presenta così come un vero e proprio racconto distopico che, nonostante le sue imperfezioni, sono convinta riuscirà a scuotere la sensibilità e la coscienza anche dei soggetti più testardi.