È proprio vero: chi dice che “gli anime sono roba per bambini” molto probabilmente non si è mai avvicinato a questo vasto, vastissimo universo, perchè altrimenti saprebbe che no, non è affatto così: esistono infatti tantissime produzioni animate – tratte dai rispettivi manga – che affrontano con crudezza e realismo temi di spessore quali la violenza fisica e psicologica, la vendetta, i vizi, la povertà e gli abusi.
Opere intense e profonde, queste, che devono essere guardate con la giusta predisposizione emotiva al fine di poter apprendere tutti gli insegnamenti che offrono, e soprattutto di riuscire a cogliere tutte quelle sfumature drammatiche e meravigliosamente intense che anche dei personaggi disegnati possono essere in grado di donare.
In questo articolo parleremo proprio di questo argomento: ti consiglierò infatti qui di seguito 3 anime “adulti”, tutti e tre presenti su Prime Video, che personalmente ho amato tantissimo, ma di cui ho sentito davvero parlare poco.
Iniziamo subito, dunque, e non dimenticarti di farmi sapere se anche tu hai visto e apprezzato queste opere, o che cosa invece non ti ha convinto pienamente.
Buona lettura!
Rainbow
Adattamento dell’omonimo manga di George Abe, “Rainbow” è un anime formato da una sola stagione che colpisce fin dalla prima puntata.
La storia, ambientata inizialmente nel 1952, ruota attorno alle figure di sei ragazzi minorenni che, in un Giappone ancora devastato dalla seconda guerra mondiale, vengono mandati al riformatorio di Shonan, nei pressi di Tokyo. Qui, i giovani si renderanno però ben presto conto che quel luogo apparentemente istituito per la loro rieducazione è in realtà un covo di violenze e soprusi ben peggiori di quanto abbiano mai dovuto affrontare prima d’allora, e che solo la vicinanza e l’aiuto reciproco potrà in qualche modo permettere ai loro animi di non spezzarsi sotto i colpi inferti dalla gratuita e persistente malvagità dei secondini.
“Rainbow“ è un anime forte, che non addolcisce la pillola e mostra senza alcun indugio tutti gli orrori della prigione, dagli abusi sessuali ai comportamenti omertosi, permettendo allo spettatore di entrare sempre più, episodio dopo episodio, in confidenza con i sei protagonisti, dei quali viene narrato il passato per spiegare i motivi che hanno portato alla loro incarcerazione. Sei storie toccanti e profonde, che li rendono ai nostri occhi ben lungi da quegli efferati criminali che ci sono stati presentati all’inizio: Mario, Mandibola, Cavolo, Soldato, Joe e Bronzo (questi sono i loro nomi/soprannomi nella versione animata) sono solo dei poveri ragazzi dispersi in un mondo troppo grande e troppo ingiusto, di fronte al quale è facile crollare se non si ha nessuno vicino in grado di offrire sostegno, vicinanza e soprattutto amore.
Il riformatorio ricopre dunque per loro un duplice ruolo: da un lato rappresenta il punto più basso della loro esistenza, dall’altro è la linea di partenza per la costruzione di un futuro roseo e luminoso, in cui ricominciare da capo, lasciandosi alle spalle il doloroso passato e persino se stessi.
Se dunque in un primo momento “Rainbow” si incentra sulla drammaticità della vita in riformatorio, nella sua seconda parte addolcisce i toni, incentrandosi maggiormente sul sentimento di amicizia imperituro sbocciato tra i giovani, e sul loro reinserimento nella società, ciascuno a modo proprio.
Quest’anime è perfetto per chi ama le opere di denuncia sociale e quelle ambientate in un’epoca storica (in questo caso la Showa) ben definita, della quale vengono forniti molti dettagli dal punto di vista culturale. È disponibile su Prime Video in lingua originale e con sottotitoli in italiano, e la prima (e ad ora unica stagione) è formata da 24 episodi che adattano fino al decimo volume del manga.
Made in abyss
Avete presente il detto “non si giudica un libro dalla copertina?”, ecco, basta sostituire la parola “libro” con “manga” e abbiamo la descrizione riassuntiva perfetta per quest’opera.
Perchè appena ci si appresta a leggere – o meglio, in questo caso a guardare – “Made in abyss”, anime adattato dall’omonima opera cartacea di Akihito Tsukushi da parte della Kinema Citrus, sembra di venire catapultati in un mondo magico, pieno di bambini dai visi dolcissimi e innocenti, in cui nulla possa andare male.
Ma basta solo proseguire la visione di qualche puntata per rendersi conto che no, “Made in abyss” non è un anime sereno e spensierato, ma proprio per niente.
La trama ruota attorno alla figura della piccola Riko, abitante di un orfanotrofio situato in una città affacciata su una enorme e misteriosa voragine, chiamata dagli abitanti del luogo “Abisso“. Numerosi sono gli esploratori che ogni giorno si calano nelle sue profondità per cercare risposte alle tande domande che una formazione del genere inevitabilmente pone, e tra di essi c’è stata tempo prima anche la madre della bambina, dichiarata morta nel corso della discesa.
Perchè l’Abisso nasconde ben più di un oscuro segreto, e sarà proprio Riko a cercare di gettar luce su questa “maledizione”, inoltrandosi in quello spazio così oscuro e ostile che la porterà a far ben più di una sconcertante scoperta.
“Made in abyss” è un anime che cattura e tiene sempre alta l’attenzione, grazie ai tanti colpi di scena che permeano i suoi episodi, ma che allo stesso tempo affronta con una crudezza devastante temi drammatici come l’utilizzo di bambini per fare esperimenti.
Se siete alla ricerca di un’opera di svago, da guardare la sera per staccare la mente dopo tutte le rogne del lavoro… no, “Made in abyss” non fa per voi. In caso contrario, se cercate un anime intenso, accattivante e in grado di farvi emozionare fino alle lacrime, in cui i bambini sono bambini nell’aspetto, ma dei piccoli adulti nella mente e nel cuore, non dovete far altro che avviare Prime Video e far partire la visione.
Ora come ora sono state rilasciate sulla piattaforma la prima stagione e un film, entrambi doppiati in italiano, ed una seconda stagione solamente sottotitolata.
Banana Fish
Chiudiamo questo breve elenco di anime intensi ma poco conosciuti da vedere su Prime Video con un’altra chicca che rappresenta un connubio perfetto tra il genere drammatico e quello thriller: “Banana fish”.
Adattamento dell’omonimo manga scritto da Akimi Yoshida, “Banana Fish” è formato da una stagione unica di 24 episodi, diretta da Hiroko Utsumi.
La storia originale inizia nel 1973, in Vietnam, quando un soldato americano impazzisce improvvisamente e, ripetendo la misteriosa frase “Banana Fish“, spara e uccide i suoi commilitoni.
Il tempo passa, arriviamo al 1985 e conosciamo il protagonista, Ash Lynx, affiliato del più noto clan mafioso di tutta New York. E proprio Ash è colui che un giorno, per puro caso, assiste al suicidio di un uomo, il quale però prima di morire pronuncia soltanto due parole: “Banana fish“.
L’enigma torna così a risplendere, e sarà compito di Ash venirne a capo, tra nuovi alleati e pericolosi nemici che faranno venire a galla molti segreti del suo passato.
“Banana Fish” è come un vortice: i suoi mille intrighi, nei quali fa da padrona la suspence crescente, sono catalizzatori dell’attenzione dello spettatore, che una volta iniziata la visione non può fare altro che divorare puntata dopo puntata, alla ricerca di una spiegazione che sembra non arrivare mai.
Un altro punto di forza di questo anime, è poi indubbiamente rappresentato dai personaggi; tutti sono ben caratterizzati, ma quelli che spiccano maggiormente sono – come del resto è ovvio – i protagonisti: il sopracitato Ash Lynx e il suo migliore amico e miglior aiutante Eji Okumura.
Pur avendo una differenza d’età di soli due anni, Ash ed Eji non potrebbero essere più diversi tra loro: il primo chiuso in se stesso, con alle spalle una storia di vita dolorosa e violenta che lo ha portato a non nutrire più alcuna fiducia negli altri esseri umani, il secondo – nonostante sia più grande – ancora un bambinone, innocente e spensierato.
L’incontro e la vicinanza reciproca costituiranno però per entrambi il cardine essenziale per cambiare, per capire finalmente che il mondo vero, là fuori, è ben diverso da come se lo sono sempre immaginato, in un senso e nell’altro, e che anche le ferite più profonde, quelle del cuore e dell’anima, possono essere rimarginate, se accanto si ha la persona giusta.
“Banana Fish“ è dunque sì un anime giallo, ma anche sentimentale e malinconico, che lascia spazio tra un mistero e l’altro all’amicizia che sfocia in amore, al perdono per se stessi e per gli altri, e al dolore della perdita di chi si ha di più caro.
Prima di concludere, due curiosità su quest’opera: l’anime non è ambientato, come il manga, negli anni 80, bensì alla fine del 2010 (anche l’iniziale guerra del Vietnam è stata qui sostituita con la “più moderna” guerra in Iraq). Nella realizzazione del personaggio di Ash, inoltre, l’autore del manga ha affermato di aver preso ispirazione dal “bello e dannato” River Phoenix.