In previsione di questa uscita ho deciso di andare a recuperare l’anime originale per farmi un’idea complessiva di questo famoso titolo che ha spopolato nei primi anni duemila. Premesso che non so assolutamente nulla riguardo al manga, parliamo solo di un confronto tra la serie animata e il film, uscito oggi.
Sinceramente non sono una grande amante degli anime o dei manga, ma devo ammettere che a volte escono fuori dei progetti molto convincenti, in questo caso ne abbiamo un esempio.
In un intervista il regista Adam Wingard ci parla del film prima iniziare le riprese: “Inizialmente, quando ho proposto il film a Netflix, era quello il mio scopo principale. Si tratta di una storia originale che si può portare in diversi contesti sempre nuovi, quindi ho pensato, perché non ambientarlo in America? Penso proprio che alla fine la pellicola funzioni bene anche come un cerchio che si chiude. Detto questo si tratta di un materiale interessante da esplorare, dove possono accadere davvero tante cose, magari cambiando sempre contesto. Mi piacerebbe molto continuare a essere coinvolto in questo progetto, anche in futuro. Ora sto lavorando a Godzilla VS Kong, quindi, a seconda di come andrà la tabella di marcia, per due anni e mezzo sarò impegnato. Ma se vorranno proseguire e le tempistiche lo consentiranno vorrei assolutamente farne parte, per poter elaborare la storia e tutti i suoi possibili continui”.
L’anime rispetto al film:
L’anime mi ha facilmente catturato l’attenzione, con le moltissime congetture che Light (il protagonista sia della serie animata che del film) riesce a plasmare grazie alla sua formidabile intelligenza e capacità intuitive, per evitare di essere riconosciuto come l’assassino giapponese: Kira.
Nel film questo discorso cambia. Non perché sia ambientato in un contesto diverso ma perché il personaggio di Light diventa solo una ragazzo come tanti, abile nello studio, ma decisamente poco interessante e affascinante.
Nell’anime, forse a causa della sua lunghezza, tra personaggi troppo curati e altri completamente tralasciati, c’è una sorta di equilibrio precario che si spezza a metà serie.
Quando si arriva al culmine dell’azione si perde completamente la suspance, che porta lo spettatore volenteroso di vedere il culmine della storia, a seguire un continuo dilungarsi.
Nel film questo non accade, perché al contrario viene effettuato un taglio netto, che permette allo spettatore di non stufarsi. Però questo mi ha creato una sorta di amaro in bocca.
Sicuramente l’anime è un opera ben riuscita su molti punti di vista, uno di questi è la creazione e caratterizzazione di Ryuk, uno degli dei della morte e custode del suo Death Note.
Sebbene abbia un aspetto decisamente poco carino, è un personaggio carismatico che suscita sia timore che tenerezza. Nel film, invece, il suo ruolo prende una piega più cupa che stravolge la personalità dell’originale.
Non posso dire che questo cambiamento non mi sia piaciuto, ma preferivo un personaggio chiaro e meno ostile rispetto ai protagonisti. Per carità, niente da togliere a Willem Dafoe, anche se ci avrei visto meglio David Bowie.
Adesso fatemi mettere le mani avanti!
Io non sono una di quei fan che non accetta remake o altro, anzi sono un amante del riportare una storia fatta bene in un’altra chiave di lettura.
In questo caso non mi ha disturbato affatto che lo scenario sia stato stravolto, spostando la scena dal Giappone all’America, anzi mi ha convinto fin da subito l’idea.
La cosa che non ho apprezzato è stato il fatto che abbiano modificato alcuni particolari che, cambiando contesto, non hanno avuto alcun senso di essere modificati. Per esempio come uccidere un dio della morte. O il fatto che solo Light potesse vedere Ryuk nonostante non fosse stato l’unico a toccare il diario.
Quindi penso, a cosa è servito? Giusto per cambiare qualche particolare? Non mi pare fossero irrilevanti!
Arriviamo al personaggio di L.
Nell’anime, è uno dei miei personaggi animati preferiti. Nel film, mi ha fatto tanta pena. Non avevo aspettative sul fatto che L fosse passato dall’essere un pallido giapponese, a un’americano nero, quindi semplicemente l’ho visto dall’inizio alla fine.
Ma mi ha lasciato sorpresa il fatto che fosse veramente inconsistente. Non mi è sembrato un geniaccio, stacanovista, asociale in continuo bisogno di zuccheri, ma solo un ragazzo con problemi di insonnia.
Conclusioni:
Alla fine dei conti credo che vada visto non come il “Death Note” che conosciamo tutti, ma semplicemente come: “Ryuk che fa danni in giro”.
E sinceramente non trovo difficile da credere che i fan abbiano fatto a pezzi questa pellicola, per quanto promettente potesse essere. Prendere un contesto e cambiare chiave di letture, a mio parere ,funziona se il contesto rimane invariato.
Non puoi cambiare, anche se soprattutto i dettagli, una storia che viene amata esattamente per quello che è.
Quindi la mia conclusione è che sicuramente il problema più grosso della pellicola di Wingard non è assolutamente l’occidentalizzazione del manga che, se ragionata, avrebbe potuto avere anche delle sfumature interessanti, ma lo stravolgimento senza senso della storia.