È il 1993.
Brandon Lee, giovane attore statunitense di 28 anni, viene scelto per interpretare il ruolo di Eric Draven nel film diretto da Alex Proyas “Il corvo“, il quale racconta la storia di un musicista rock – Eric, appunto – che, ucciso insieme alla fidanzata Shelly Webster da alcuni criminali durante la notte di Halloween, torna in vita per avere vendetta.
È contento del ruolo, Brandon. Molto. Finalmente può prender parte ad un film in cui non è richiesto che si esibisca nelle arti marziali, nelle quali è peraltro estremamente bravo, ma che in qualche modo oscurano la sua individualità, etichettandolo unicamente come “il figlio di Bruce Lee“.
Le riprese iniziano, e Brandon brilla come sempre: è intenso, espressivo, bellissimo. Tutti sul set ne rimangono abbagliati, e perfino le tinte cupe e drammatiche del film sembrano alleggerirsi un po’, grazie a lui.
La tragedia
Arriva il 31 Marzo, sempre del 1993.
Il film è quasi terminato, manca giusto una scena, che per comodità tecnica viene girata all’ultimo ma che in realtà rappresenta ciò da cui tutto è iniziato: l’omicidio di Eric Draven, il personaggio interpretato da Brandon Lee.
Si avvicina l’attore Michael Massee, alias Funboy: è a lui che spetta il colpo finale, quello che non lascia scampo ad Eric.
E Michael spara.
E Brandon si accascia.
Tutti trattengono il fiato, stupiti dalla sua bravura interpretativa, che è già stata ampiamente constatata, per carità, ma che in quel momento è ancora più fulgida e intensa.
Quel giorno sul set è presente anche la fidanzata di Brandon, Elizabeth, che è lì fisicamente, col corpo, però forse con la mente è altrove, ad organizzare il matrimonio con il suo amato che si svolgerà una volta finite le riprese. Tuttavia è proprio lei che si accorge che qualcosa non va. Che Brandon è per terra da troppo tempo. Che c’è qualcosa di scuro che si allarga attorno a lui. Gli corre incontro, allora, e lo vede, capisce: Brandon è stato trafitto allo stomaco proprio dal proiettile sparato da Funboy. Ma non è finzione, la sua; non sta recitando. E tutto vero, e sta perdendo la vita.
Viene pertanto trasportato di corsa al New Hanover Regional Medical Center di Wilmington, in Carolina del Nord. Viene operato d’urgenza dall’equipe medica che tenta in ogni modo di rianimarlo, ma senza alcun successo.
Brandon muore poco più tardi in un anonimo letto d’ospedale.
Brandon, 28 anni e una vita fatta di sogni e progetti per il futuro, ormai non c’è più.
La spiegazione dell’incidente
Le indagini circa il motivo di quel drammatico incidente iniziano subito, e ben presto si stabilisce che la tragedia è stata causata dalla negligenza della troupe: i membri di essa, infatti, costruirono da sè dei proiettili inerti necessari per poter girare il più realisticamente possibile una scena in primo piano del caricatore della pistola usata dai criminali, utilizzando per la realizzazione di essi innesco e polvere da sparo estratti da proiettili veri. Per errore, però, uno di quei proiettili inerti non fu privato dell’innesco, ed il revolver rimase carico anche dopo aver girato la scena in questione. Successivamente, quella medesima pistola venne nuovamente utilizzata, e premendone la seconda volta il grilleto si causò involontariamente la pressione dell’innesco sull’ogiva dell’arma, che rimase inceppata a metà canna. Nessuno se ne accorse, però, e le riprese continuarono tranquillamente. Durante la scena fatale per Eric Draven, in cui la pistola era in mano al sopracitato Funboy alias Michael Massee, venne inserito in essa un proiettile a salve (ovvero una munizione dotata di polvere da sparo ma priva di ogiva, al fine di simulare al meglio il suono prodotto dallo sparo), ma al momento dell’esplosione del colpo, l’ogiva precedentemente incastata a metà canna venne sparata a tutta velocità contro l’indifeso Eric/Brandon. La pistola di scena era dunque diventata un’arma a tutti gli effetti, in grado di uccidere. E così ha fatto.
La “Maledizione del Dragone” e le teorie complottiste
Un tragico errore, dunque, quello che ha causato la morte di Lee.
Un triste, crudele, drammatico scherzo del destino, lo stesso che si era abbattuto sul padre di Brandon, Bruce Lee, morto vent’anni prima del figlio, a causa di quello che, ancora non del tutto accertato, sembra essere stato un altro straziante incidente, ovvero una reazione allergica ad un medicinale.
Ma secondo alcuni c’è dietro qualcosa di più oscuro; qualcosa di più di semplice sfortuna, di un tragico ed inevitabile incidente: una maledizione, chiamata “Maledizione del Dragone”, che aleggia sulla famiglia Lee, colpendone i maschi (anche il fratello di Bruce Lee sembra essere infatti morto in circostanze misteriose, anni prima).
Secondo altri invece dietro questi apparentemente fortuiti incidenti si cela una mano in carne ed ossa, che manovra i fili e sceglie quando reciderli, rimanendo però nell’ombra, ben celata: quella della mafia cinese, decisa a punire i Lee per aver tradito i segreti delle arti marziali, rivelandoli impudicamente al mondo occidentale.
Un mistero irrisolto
Ad oggi il mistero è accantonato, non c’è più nessuno che indaghi, che ricerchi la verità, che si preoccupi di punire i colpevoli. La madre di Lee, Linda, la sorella minore Shannon e la fidanzata Elizabeth, infatti, ritirarono la denuncia sporta nei confronti della troupe (almeno sette persone erano coinvolte direttamente nella vicenda, e sarebbero pertanto andate a processo), accettando in cambio una ricompensa di un milione di dollari.
E alla fine, forse, non importa di chi sia la colpa, e come sia successo.
Quello che importa è che un ragazzo di appena ventotto anni è morto, di fatto ucciso, e non perché voleva fare il supereroe, non perché si credeva un Dio invincibile in grado di sfidare le leggi del mondo, ma semplicemente perché si è trovato nel posto sbagliato, al momento sbagliato, alla mercé di individui superficiali e negligenti.
E questa è una tragedia che proprio non può – e non deve – essere dimenticata.