Mi piacciono questi contenuti che trovo su Netflix incentrati su storie vere: il truffatore di Tinder, Inventing Anna e altri.
Diciamo che Il Mostro di Cleveland, anche se non è una miniserie ma un film, può essere collocato agilmente in questa lista di drammi incentrati su storie vere. E, rispetto ai titoli menzionati sopra, la sua storia è un po’ più macabra.
Racconta la storia delle vittime prigioniere di Ariel Castro, in particolare si focalizza su Michelle Knight. Michelle era stata rapita nell’agosto 2002 dopo aver lasciato la casa di sua cugina. Michelle aveva solo 21 anni quando era stata rapita da Ariel. Un anno dopo, Castro rapì Amanda Berry nel 2003 quando aveva solo 17 anni. Berry rimase persino incinta del figlio di Castro e partorì mentre era in cattività. La vittima più giovane era Gina DeJesus, 14 anni, rapita nel 2004.
Quella de Il Mostro di Cleveland è una storia di percosse, stupri, terrore psicologico, aborti forzati e altri avvenimenti che fanno gelare il sangue. Ciò non ha impedito alla rete di lucrare sulla vicenda con un film adattato dal libro di memorie di Knight del 2014, Finding Me: A Decade of Darkness, a Life Reclaimed.
Knight è interpretata dalla star di Orange Is the New Black Taryn Manning. Knight è quasi al limite quando viene ripresa per la prima volta in Il Mostro di Cleveland, incapace di trovare un lavoro e crescere un figlio. La madre tra l’altro se ne sbatte di lei e del suo nipotino. Dopo che suo figlio è stato portato via dai servizi sociali, Knight è più determinata che mai a raddrizzare la sua vita. Ma sulla strada per la sua ultima udienza per l’affidamento, accetta un fatidico passaggio dal padre di una sua amica. Purtroppo per lei quel conoscente è Ariel Castro (Raymond Cruz). Promette a Michelle che l’accompagnerà in tempo per l’udienza, ma prima vuole passare a casa sua così da regalare a Michelle un cucciolo da dare a suo figlio.
Non appena Michelle entra nella decrepita dimora di Castro, lui la fa cadere a terra e la lega… la prima di molte orribili umiliazioni che si verificheranno nel prossimo decennio. C’è molta tensione in queste prime scene anche grazie all’impegno degli attori nei loro ruoli e all’ambientazione claustrofobica che il regista Alex Kalymnios ha scelto per questo film. Difficile non provare sentimenti per una donna legata e lasciata sola in una soffitta chiusa con un lucchetto, costretta a sporcarsi i vestiti e soddisfare i desideri sessuali del suo aguzzino. La nudità è inesistente e le scene di stupro difficilmente trasmettono la piena orribilità della situazione di Knight. Dall’altra parte, possiamo vedere quasi ogni dettaglio raccapricciante del primo dei cinque aborti forzati di Knight, con Castro che colpisce la pancia leggermente gonfia fino a farla sanguinare.
Knight segna il passare del tempo apponendo numeri fatti a mano sul muro nel giorno del compleanno di suo figlio (inizia con “4” e finisce con gli anni dell’adolescenza) – uno stratagemma che tira spudoratamente le corde del cuore. Quando arrivano Berry (Samantha Droke) e DeJesus (Katie Sarife), il trio diventa un gruppo di martiri. Si tagliano i capelli corti in modo da assomigliare a Giovanna d’Arco e ballano con aria di sfida al ritmo della musica pop tra i numerosi assalti di Castro. Cruz non è bravissimo nell’interpretazione del maniaco Castro (sicuramente non ai livelli di Tuco in Breaking Bad).
La vera empatia arriva sotto forma di Joe Morton, che interpreta l’agente del governo assegnato a Knight dopo la liberazione. Grazie ai suoi sforzi, questo film crime thriller noioso assume brevemente una dimensione potentemente tragica.
E tu hai visto Il Mostro di Cleveland? Ti è piaciuto? Dì la tua attraverso i commenti. Ti lascio al commento finale della recensione.
La Recensione
Il Mostro di Cleveland
Ora, per essere onesti, poter vedere la storia de Il Mostro di Cleveland è sia una benedizione che una maledizione. Una benedizione perché documenta le atrocità che alcune persone hanno commesso e che non vanno dimenticate, una maledizione perché la moderazione dei contenuti non rende giustizia alla storia. I continui stupri e percosse subiti da Michelle sono fortunatamente lasciati principalmente all'immaginazione del pubblico ma tanti altri avvenimenti non vengono mostrati e avrebbero potuto dare un di più al film. Le prigioniere non ti trasmettono l'angoscia dovuta alla reclusione. Forse 90 minuti sono troppo pochi per raccontare 11 anni di reclusione ma i personaggi avrebbero dovuto trasmettere questa sensazione di prigionia estrema in modo diverso.
PRO
- Storia vera
CONTRO
- Un po' noioso
- I personaggi non sono riusciti a trasmettere la sensazione di prigionia estrema
- Cruz non proprio in forma nell'interpretazione di Castro