Quasi tutto ciò che devi sapere su “Painkiller” è racchiuso nella sua prima ora, familiare ma penetrante. Introduce con una mordente panoramica la famiglia Sackler, iniziando da Arthur (Clark Gregg), che ha rivoluzionato l’industria farmaceutica attraverso le campagne pubblicitarie dirette al pubblico, poi il figlio e “discepolo” Richard (Matthew Broderick), che ha seguito la scia paterna spingendo l’OxyContin verso le masse. Successivamente, incontriamo Shannon Schaeffer (West Duchovny), una giovane laureata senza un soldo che viene assunta dalla compagnia dei Sackler, Purdue, per promuovere il loro nuovo farmaco miracoloso presso i medici… che vanno soddisfatti senza alcuna remora. C’è anche Glen Kryger (Taylor Kitsch), un amorevole marito e padre di famiglia a cui viene prescritto – avete indovinato – l’OxyContin dopo un infortunio sul lavoro. Infine, a fornire il contesto per tutte queste storie, c’è Edie Flowers (Uzo Aduba), un’avvocato donna dell’ufficio del procuratore degli Stati Uniti che è stata tra le prime ad indagare sull’impatto tragico dell’OxyContin e su come i Sackler siano responsabili della sua diffusione spietata.
Si, tutto ciò che devi apprendere da “Painkiller” ti viene consegnato nei primi secondi, quando una donna non accreditata legge la prefazione legale obbligatoria: “questo programma è basato su eventi reali. Tuttavia, alcune parti sono state romanzate per scopi drammatici.” Poi, con un respiro profondo, aggiunge: “quello che non è romanzato è che a mio figlio, all’età di 15 anni, è stato prescritto OxyContin. Ha vissuto anni di dipendenza e all’età di 32 anni è morto da solo nel freddo gelido del parcheggio di una stazione di servizio. Ci manca.”
“Painkiller” è colmo di momenti strazianti come questo anche se pochi riescono a suscitare lo stesso potente mix di rabbia e dolore dei genitori che introducono ogni episodio (dei 6 totali). Tutte e sei le ore che compongono questa serie sono state dirette da Peter Berg (il cui uso di soggetti della vita reale nell’intrattenimento è un suo marchio di fabbrica). Se hai già visto la serie guidata da Michael Keaton o sei informato sull’emergenza sanitaria nazionale americana, “Painkiller” riprende quelle informazioni. Questa feroce rivisitazione dei crimini contro l’umanità di Richard Sackler ti metterà subito al corrente dei danni prodotti dall’Ossicodone.
Per dovere di cronaca sappi che in Italia viene venduto anche sotto forma di altri nomi, cioè farmaci equivalenti che hanno lo stesso principio attivo, ad esempio:
- Depalgos (ossicodone con paracetamolo).
- Elatrex e Targin (ossicodone con naloxone).
- Ossicodone (farmaci generici).
Quindi, dopo aver visto questo documentario, stai più attento/a alle prescrizioni dei medici di base, perché alcuni potrebbero essere stati comprati da potenti case farmaceutiche.
Ma torniamo alla serie TV.
Basata sul libro “Pain Killer” di Barry Meier e sull’articolo “The Family That Built an Empire of Pain” del New Yorker, la serie è co-scritta da Alex Gibney e Micah Fitzerman-Blue e co-prodotta da Netflix. I toni sono ben calibrati e le performance sono potenti. La durata di sei ore potrebbe sembrare esagerata, ma è un investimento che vale la pena fare, specialmente per chi non è ancora del tutto familiare con la storia. “Painkiller” è un viaggio intenso e drammatico nel cuore dell’emergenza sanitaria americana ma potrebbe interessare anche la sanità italiana dove comunque le morti causate dalla dipendenza da oppioidi non sono poche. Secondo alcune ricerche, nel 2019 erano 350 mila gli italiani con dipendenza da oppioidi.
La serie brilla quando riesce a mostrare una realtà vissuta piuttosto che una sterile indignazione. Considera il personaggio di Kitsch, Glen, che possiede un’officina di riparazioni auto gestita con sua moglie, Lily (Carolina Bartczak). Nel garage, riprende severamente il suo gruppo di meccanici pigri, citando i compiti prioritari del giorno. La scena serve a dipingere la vita di Glen, un comune lavoratore, e i dettagli come l’olio sulle mani e il tavolino di legno per la figlia di 2 anni arricchiscono il suo mondo. Così, quando lo vedi smuovere gli arredi della casa per cercare le pillole di Ossicodone, capisci come questo farmaco possa rovinare la vita di una famiglia che qualche mese prima viveva serena e felice.
Gran parte della storia di Glen è autentica, e la performance di Kitsch la rende viva con il suo carisma. L’avvocato interpretato da Uzo Aduba di Orange is the new Black invece, soffre di più in questa serie, ridotto a tenere discorsi appassionati che fanno anche da narrazione. Introdotta nel presente della serie per una causa contro Purdue, gran parte della sua deposizione suona stucchevole, rendendo Edie più un personaggio costruito che una persona reale. Le scene di Aduba sono spesso stancanti da guardare.
Broderick se la cava meglio, interpretando Richard Sackler, un personaggio disprezzato da tutti. È spesso silenzioso, assorto in strane attività, come lanciare popcorn in un bicchiere d’acqua. Accanto al suo cane, Unch, vive momenti memorabili, come giocare a prendere la palla nel salotto di Purdue mentre il procuratore sta nell’altra stanza per affossarlo. La serie si sforza di capire Richard, facendolo dialogare con il fantasma del padre Arthur, ma dipinge il giovane Sackler come una figura semplice. A differenza del padre, desideroso di eredità e benessere, Richard è interessato solo a vincere e al denaro. Il suo isolamento volontario nella tenuta colossale riecheggia la sua natura spietata, ma “Painkiller” non offre una risposta definitiva su quest’uomo.
La serie è più diretta che sottile, più prevedibile che sorprendente. Benché non sia una serie perfetta, “Painkiller” racconta una storia importante in modo accessibile, coprendo lo stesso terreno in meno tempo di altre opzioni simili, rendendola una scelta meno faticosa per chi volesse informarsi su come le case farmaceutiche spesso ottengono il potere a discapito della vita delle persone. Per loro basta una telefonata di 5 secondi per smontare un caso durato anni.
E tu hai visto Painkiller? Ti è piaciuta questa serie? Dì la tua nei commenti.
La Recensione
Painkiller
"Painkiller", basata sul libro omonimo e un articolo del New Yorker, è una serie che affronta il tema degli oppioidi. La storia di Glen, un operaio, viene presentata in modo realistico e coinvolgente. Il personaggio di Richard Sackler è descritto in modo intrigante, ma l'interpretazione di alcuni personaggi, come l'avvocato Edie, può sembrare forzata. La serie affronta importanti temi sociali, ma talvolta scivola in una narrazione superficiale e prevedibile. Nonostante alcuni difetti, "Painkiller" riesce a raccontare una storia importante in modo accessibile.
PRO
- Trattamento realistico e coinvolgente di temi sociali importanti.
- Interpretazioni buone di alcuni personaggi principali.
CONTRO
- Alcune parti della narrazione possono sembrare forzate o superficiali.
- Prevedibilità nella trama e nei risvolti di alcuni personaggi.