Vertebre, il nuovo brano di Settembre, in gara a Sanremo Giovani 2024, ci offre uno sguardo intimo e crudo sulle relazioni giovanili di oggi. Con una scrittura diretta e tagliente, Settembre porta sul palco un mix di emozioni complesse: il dolore, la solitudine, e quella sensazione di essere perso in un mondo che sembra non comprenderti. Sei pronto a scoprire il significato profondo dietro questo testo potente? Allora andiamo a fondo.
Un’introduzione al dolore: relazioni vulnerabili e complesse
Fin dalle prime parole, “Vertebre” ci porta nel cuore della fragilità delle relazioni giovanili. “Mi hai detto non fa niente e poi stai lasciando solo” — la canzone si apre con una sensazione di abbandono che sarà il filo conduttore di tutto il brano. Settembre descrive il dolore della separazione e dell’abbandono come un’esperienza che lascia segni profondi, qualcosa di più di una semplice delusione: è un dolore viscerale che arriva fino alle ossa, alle vertebre.
Il titolo stesso, “Vertebre”, non è scelto a caso. Le vertebre sono una parte fondamentale del nostro corpo, una struttura portante. E quando la sofferenza arriva a strappare la pelle da questa struttura, è evidente che si tratta di un dolore profondo, difficile da ignorare. Settembre usa questa metafora per rappresentare il sentimento di vulnerabilità estrema, quella sensazione di essere nudi ed esposti di fronte alla fine di una relazione che contava davvero.
Strappare la pelle dalle vertebre: il dolore in una metafora viscerale
“Strappami la pelle dalle vertebre” — questo è uno dei versi più potenti e significativi della canzone. Settembre non ha paura di usare immagini crude per descrivere la sofferenza che prova. Non si tratta del solito dolore romantico raccontato in termini poetici e gentili, ma di una vera e propria agonia emotiva, viscerale e brutale. L’artista ci trasporta in un luogo buio, in cui la vulnerabilità non può essere nascosta e dove il dolore è quasi fisico, tale da arrivare alle ossa.
La scrittura cruda di Settembre è un riflesso delle relazioni giovanili di oggi: intense, vulnerabili e spesso instabili. Le parole “trascurarsi per me è uguale a fottere, e buttarsi nel fuoco senza cenere” evocano immagini di un amore che non ha paura di farsi male, che sceglie di vivere tutto fino in fondo, senza preoccuparsi delle conseguenze. Questa è una generazione che vuole sentire tutto, nel bene e nel male, che preferisce bruciarsi piuttosto che non provare nulla.
La solitudine e il senso di smarrimento
Settembre canta anche della solitudine che accompagna spesso questi amori turbolenti. “Anche io mi sento a volte un cane perso in mezzo alla città” — chi non ha mai provato quella sensazione di essere solo in mezzo alla folla? Di essere circondato da persone, ma di sentirsi comunque perso? Questo verso esprime perfettamente quella sensazione di disconnessione e smarrimento che molti giovani provano, soprattutto quando una relazione finisce o quando il partner sembra distante.
Questo cane perso è una rappresentazione perfetta della vulnerabilità umana. Non importa quanto forte tu possa sentirti, alla fine ti ritrovi comunque a cercare qualcuno che possa darti conforto e direzione. Settembre usa immagini quotidiane, semplici e potenti, per descrivere una realtà comune a tanti giovani di oggi, una realtà fatta di momenti di smarrimento e di solitudine che sembrano impossibili da colmare.
Il braccio di ferro emotivo: l’incertezza dei sentimenti
“Tra noi due non so chi vincerà, nessuno ci ha mai detto come si piange alla nostra età”. Questa frase mette in luce l’incertezza e la mancanza di una guida in questi amori giovani e tormentati. La vita non offre un manuale su come affrontare il dolore delle relazioni che finiscono, soprattutto a un’età in cui si sta ancora imparando a conoscere se stessi e il proprio cuore.
Settembre descrive questo braccio di ferro emotivo con un’onestà disarmante. Non ci sono certezze, non ci sono vincenti o perdenti, ma solo due persone che cercano di navigare un sentimento che, spesso, non capiscono del tutto. Questo vuoto emozionale, questa incertezza su come comportarsi o su cosa provare, è uno dei tratti distintivi di “Vertebre”. Settembre riesce a raccontare tutto ciò con semplicità, ma allo stesso tempo con una profondità che lascia il segno.
Le bugie migliori: amare nonostante tutto
Un altro tema importante del brano è la contraddizione dell’amore. “Mi hai dato il meglio di te, le tue bugie migliori, ed io le ho strette così forte mentre imparavo a cadere”. L’amore, qui, è presentato come un sentimento ambiguo, fatto di bugie che però vengono accettate e persino amate. Settembre accoglie le bugie del suo partner, le tiene strette, perché fanno parte dell’esperienza di amare qualcuno.
Questa contraddizione è parte integrante delle relazioni umane: accettiamo le imperfezioni degli altri, persino le loro menzogne, perché siamo disposti a farlo per amore. L’immagine di imparare a cadere mentre si tengono strette queste bugie è commovente e rappresenta la crescita personale che deriva dall’esperienza del dolore e della delusione.
Il peso di crescere senza un manuale
“Nessuno ci ha mai detto come si ride alla nostra età” — un verso che racchiude l’essenza di questa canzone. Settembre ci parla di come la giovinezza sia un periodo di sperimentazione, in cui spesso ci si sente persi, senza una guida. Non ci viene insegnato come gestire le emozioni, come affrontare il dolore, o come amare senza farci male. Questa canzone è un promemoria di quanto sia difficile crescere, imparare, amare e farsi male, senza nessuno che ci dica come fare.
Vertebre è un grido di vulnerabilità, un inno alla fragilità che molti giovani provano nelle relazioni e nella vita. Settembre riesce a rappresentare tutto questo con una poesia tagliente, che non nasconde la sofferenza ma la mette in mostra, nuda e cruda, proprio come la pelle strappata dalle vertebre.
Conclusione: il coraggio di essere vulnerabili
“Vertebre” è una canzone che ci ricorda quanto sia importante essere vulnerabili e non aver paura di mostrare le nostre debolezze. Settembre ci invita a non nasconderci dietro una facciata di forza, ma a essere sinceri con noi stessi e con gli altri, anche quando questo significa esporre le nostre ferite. La sua musica diventa un mezzo attraverso cui esprimere il dolore e trasformarlo in qualcosa di significativo.
E tu? Ti sei mai sentito così vulnerabile come Settembre descrive in “Vertebre”? Hai mai provato quella sensazione di smarrimento o di amore che ti spezza dentro? Raccontaci la tua esperienza nei commenti qui sotto — sarebbe bello condividere e riflettere insieme su come l’amore, pur nelle sue difficoltà, possa renderci più umani.
Il testo di Vertebre
Mi hai detto non fa niente
e poi stai lasciando solo
mi hai messo in bocca le tue colpe
e sai che questo non è il modo
giochiamo a fare i grandi ma
piangiamo all’Università
anche io mi sento a volte
un cane perso in mezzo alla città
Strappami la pelle dalle vertebre
ma dimmi pecchè non vuoi chiù parlà con me
nei tuoi occhi brucia la città
che poi essere qui con te è come perdere la dignità
trascurarsi per me è uguale a fottere
e buttarsi nel fuoco senza cenere
e tra noi due non so chi vincerà
nessuno ci ha mai detto
come si piange alla nostra età
Mi hai dato il meglio di te
le tue bugie migliori
ed io le ho strette così forte mentre
imparavo a cadere
Strappami la pelle dalle vertebre
ma dimmi pecchè non vuoi chiù parlà con me
nei tuoi occhi brucia la città
che poi essere qui con te è come perdere la dignità
trascurarsi per me è uguale a fottere
e buttarsi nel fuoco senza cenere
e tra noi due non so chi vincerà
nessuno ci ha mai detto
come si piange alla nostra età
Nessuno ci hai mai detto
nessuno ci hai mai detto no
sulu per nun sparì
Strappami la pelle dalle vertebre
ma dimmi pecchè non vuoi chiù parlà con me
tra noi due non so chi vincerà
nessuno ci ha mai detto come si ride alla nostra età