TITOLO: Self/less
REGIA: Tarsem Singh
CAST: Ryan Reynolds, Natalie Martinez, Matthew Goode, Victor Garber, Derek Luke, Ben Kingsley
PAESE: USA
ANNO: 2015
GENERE: thriller
DURATA: 117 minuti
Sarà stata la somiglianza del titolo o sarà stato l’avere in comune il fattore “protagonista figo” ma io Self/less me lo immaginavo un po’ più Limitless ed un po’ meno lezione di chimica.
La pellicola di Tarsem Singh non colpisce fino in fondo e non convince. Colpevole, forse, di non aver giostrato bene le emozioni e le reazioni del personaggio principale che, spesso e volentieri, appare paradossale.
Ma partiamo dall’inizio. Damian Hale (Ben Kingsley) è un anziano industriale miliardario, ormai imprigionato dal cancro e dai suoi sintomi. Nulla lo tiene più legato a questa vita dal momento che la sua patologia si dimostra incurabile e che la figlia si rifiuta di parlargli dopo la sua scarsa attitudine a fare il padre. Decide così, non senza pochi dubbi, di sottoporsi ad una terapia totalmente segreta, lo “shedding”. Tale operazione prevede il trasferimento della mente in un corpo altrui, più giovane e più sano. Titubante ma senza troppe pretese, Damian si concede ai medici: il suo corpo vecchio e malato viene “spento”, fatto morire mentre, al contrario, la sua anima viene inserita in una nuova persona, Edward (Ryan Reynolds). Quest’ultimo, stando a ciò che dicono i dirigenti di questa società top secret, è un corpo creato geneticamente in laboratorio, sulla base di caratteristiche fisiche ben precise: fisico avvenente e sportivo, lineamenti perfetti (invidia totale per Blake Lively che Reynolds se l’è sposato).
Dopo un allenamento iniziale necessario a renderlo stabile e padrone di tutte le funzioni corporee, Damian/Edward è pronto per reinserirsi nel mondo, vivendo l’età adulta per la seconda volta. Unica pecca del sistema è l’obbligo di dover assumere delle pastiglie, quotidianamente, per evitare l’insorgenza di allucinazioni, nausea e tremendi mal di testa. A Damian il pacchetto viene venduto così, non malissimo quindi. Ma è proprio a questo punto del film che cominciano le lacune: un po’ paradossale vedere come si abitui in fretta alla vita moderna un uomo che di base è anziano e quindi vecchia scuola (non faccio che pensare a mio nonno, con la sua mentalità, nel corpo di qualche mio coetaneo). Tolto qualche trascurabile problema iniziale di abbigliamento e qualche battuta della serie “non vedevo un corpo così da quasi 52 anni”, il protagonista non sembra subire particolarmente il trasferimento di coscienza dal suo reale corpo a quello “finto”, giovane e aitante.
E sono proprio questi fattori a far calare l’interesse che invece il trailer (ben montato) aveva creato.
Ma non è tutto, le aspettative non vengono soddisfatte a pieno nemmeno con lo scorrere dei minuti.
Damian/Edward, a causa di qualche dimenticanza (prendere la pillola, per esempio) subisce questa dolorosissima esperienza delle allucinazioni, ed è proprio grazie a queste che viene a conoscenza di una verità sconcertante: il corpo che ha letteralmente comprato non è stato fatto in laboratorio come gli era stato detto, bensì è stato preso da un’altra persona reale, in questo caso un padre di famiglia di nome Mark.
Il protagonista rimane scioccato dalla scoperta e si rende conto di aver commesso un tragico errore. Sceglie così di porre rimedio alle sue stupide ed egoistiche scelte ed inizia una lotta fatale contro i piani alti del progetto “shedding”, scontro che porterà inevitabilmente ad altre brutte realtà e ad una scelta finale necessaria (ecco, il finale forse è la parte più carina della pellicola).
“La vita mi ha insegnato che è il risultato finale che conta.”
[review]
La Recensione
Descrizione e Verdetto
Non troppo entusiasmante, non troppo energico, un po’ troppo fantascientifico, <strong>Self/less</strong> avrebbe potuto dare qualcosa di più a noi comuni mortali che sogniamo queste alienazioni da sempre.