Parigi, 15 aprile 1874: un gruppo di giovani artisti, riuniti sotto il nome di “Societé anonyme des artistes peintres, sculpteurs, graveurs“, si ritrova nello studio del fotografo Gaspard-Felix Tournachon, meglio conosciuto come Nadar, al numero 35 di Boulevard des Capucines. Una mostra non convenzionale, dal titolo “Exposition Impressioniste“, sarà l’inizio del percorso che condurrà poi verso l’arte contemporanea. Fra gli artisti presenti Alfred Sisley, Edgar Degas, Paul Cézanne, Pierre-Auguste Renoir, Claude Monet e Camille Pissarro.
163 opere esposte, che non trovarono inizialmente il favore del pubblico. “Si fanno gioco della gente e vogliono attirare l’attenzione“, le prime opinioni e accuse. Ogni pittore pagava 60 franchi per esporre due quadri, ma questa regola (come altre del resto) non fu rispettata e gli artisti finirono per esporre quante opere volevano. Degas, con ben 11 quadri, fu l’artista con il maggior numero di esposizioni presentate alla mostra.
Con chiaro intento dispregiativo e denigratorio, il critico Louis Leroy, prendendo ispirazione dall’opera di Monet Impressione. Sole nascente (1872), (“una carta da parati al suo stato embrionale è più rifinita di questa marina“, le sue parole) intitolò la recensione dell’esposizione «La mostra degli impressionisti». Ironicamente, il gruppo di giovani pittori decise di adottare proprio il nome “Impressionisti” da quel momento in avanti, affermando comunque che tale etichetta era per loro evanescente ed incompiuta.
All’epoca della prima mostra collettiva, gli impressionisti non sono più artisti esordienti; al contrario hanno tutti oltre i trent’anni, da almeno quindici lavorano, hanno studiato (o tentato di studiare) all’École des Beaux-Arts e analizzato le varie tendenze dell’arte del tempo.
Non era facile far comprendere ad un ambiente così chiuso e ancora legato alla tradizione, un’arte indipendente e diversa. Un’unica alternativa si presentava possibile per questi artisti: esporre le proprie opere al di fuori delle mostre ufficiali. Ritenuto un movimento deviante e fuorviante, in realtà l’impressionismo altro non è che il punto di arrivo coerente di tutto un lavoro pratico precedente, cominciato vent’anni prima.
Ogni artista dipinge in maniera diversa e secondo la propria personalità (pensiamo a Monet ad esempio, il quale rappresenta soprattutto paesaggi naturali, mentre Renoir e Degas sono più interessati alla natura umana), ma tutti esprimono la stessa volontà: attuare un gesto di rottura e mostrare una nuova linea pittorica rivoluzionaria, prediligendo un’espressione artistica personale; gli artisti raccontano una bellezza che risiede nel presente attraverso il contatto con il mondo.
Il colore diventa protagonista di una pittura di paesaggio e quotidianità. I dipinti finalmente vengono resi vivi, luminosi: le diverse sfumature della luce sono riprodotte a seconda dell’intensità che varia di ora in ora. Bellezza, gioia, allegria e serenità sono tra i valori portanti. Tutti i generi vengono posti sullo stesso piano, senza distinzione tra religioso, sacro e profano.
L’artista diventa un mito ribelle alle convenzioni, che tratta soggetti ed oggetti nella stessa maniera, con pennellata ampia e decisa. L’idea è quella di non mescolare i colori tra loro, ma di accostarli, in modo tale da lasciare all’occhio dell’osservatore la possibilità di creare sfumature e tinte intermedie. Così spazio e forma si fondono.
Le acquisizioni accademiche vengono rifiutate, a favore di un’immediata impressione del vero: nuovi e più attuali valori in cui gli stati d’animo prendono vita, con notazioni rapide e vivaci. E pensare che Monet, considerato il padre dell’impressionismo, riteneva alcuni dei suoi più belli e famosi dipinti dei “bozzetti venuti male“..
E per concludere, ecco qualche quadro esposto alla prima mostra impressionista, accompagnato dai commenti insoliti e irriverenti fatti durante l’esposizione del 1874.
< “Peccato che il pittore, che pure ha un certo gusto del colore, non disegni meglio: le gambe della ballerina sono inconsistenti come la garza del suo vestito.”
“Ma quelle macchie sono quelle degli imbianchini che dipingono finto marmo: pif paf, plic plac! Vai con Dio! È inaudito, è spaventoso! Mi verrà un colpo di sicuro!”>
[gap height=”24″]
< “Ahimè! Andate a vederla, quella, una donna piegata in due, cui una negra toglie l’ultimo velo per offrirla in tutta la sua bruttezza agli occhi incantati di un fantoccio bruno.Vi ricordate dell’Olympia di Manet?Ebbene, era un capolavoro di disegno, a paragone di quella di Cezanne.”
[gap height=”24″]
“Che cos’è questo?”« “Lo vede… Brina bianca sui solchi profondi”.
« “Questi dei solchi, quella della brina?… Ma è raschiatura di tavolozza distribuita uniformemente su di una tela sporca. Non c’è capo né coda, né alto né basso, né davanti né didietro”.
« “Forse no… ma c’è l’impressione« “Be’, è un’impressione ben strana!” >