Dalla showrunner di Desperate Houswives, una serie che sembra una soap con un universo femminile del quale potevamo fare a meno
È il giorno di San Valentino e Netflix con la sua solita abile strategia di marketing, aggiunge al catalogo Dirty John, una storia vera (seppur romanzata) tratta da un podcast del reporter del Los Angeles Times Christopher Goffard. Il tema? Amore criminale.
Debra Newell (Connie Britton), un’imprenditrice di interior design con la chioma di Raperonzolo, una Chanel sotto braccio e più mariti che figli decide di cercare l’ennesimo fidanzato sulle app di dating. Ogni sera un uomo diverso eppure nessuno sufficientemente affascinante da conquistarla, finché non arriva John Meeah (Eric Bana) rendendola la sua ultima preda.
John Meeahn è psicolabile e stalker e con una fedina penale più lunga del suo curriculum. Il suo obiettivo è approfittare dei soldi e dell’ingenuità di Debra per appropriarsi di lei e di tutta la sua vita.
Quello di Debra è un mondo tutto al femminile, la madre e le due figlie sono una presenza costante, mentre al figlio maggiore è relegata una parte marginale. Le sue “donne” quindi sono sempre partecipi delle frequentazioni e della vita privata di Debra e proprio quando arriva John saranno loro ad aiutarla.
La madre di Debra è una donna fin troppo buona e accondiscendente, vede sempre il buono anche nelle azioni peggiori e da brava cattolica riesce a perdonare tutti, convincendo Debra a rimanere con John scambiando il suo disturbo per la famosa “cattiva sorte”.
Le uniche donne ad avere gli occhi aperti sulla situazione sono le due figlie adolescenti: Veronica (Juno Temple) e Terra (Julia Garner), opposte sotto ogni punto di vista eccetto nel rapporto burrascoso con Debra. Saranno diversi gli avvertimenti, le critiche e le minacce su John, ma Debra continua ad essere accecata dall’amore preferendo l’amore di John alla fiducia delle sue ragazze.
La serie tratta un tema decisamente conforme al periodo contemporaneo: la violenza fisica e psicologica, gli incontri online e la paura dell’ignoto. L’obiettivo è far leva sull’elemento di veridicità per suscitare nello spettatore (soprattutto femminile) una consapevolezza di ciò che si cela dietro lo schermo del cellulare. Di per sé questo si può considerare raggiunto anche se non è facile distinguere ciò che è reale e ciò che drammaturgico.
Il lavoro sulla storia è stato fatto dallo showrunner e produttore esecutivo Alexandra Cunningham già nota per Desperate Housewives e portando da lì proprio il mood di una soap glamour ma privo di ironia. La trama inciampa in una serie di stereotipi e banalità avendo però cura di caratterizzare a trecentosessanta gradi i personaggi sia principali che secondari.
Rispetto alla Grande Serialità contemporanea che riprende le tecniche di ripresa cinematografica, Dirty John ha invece una regia da tipica soap televisiva, nessuna nota lodevole nemmeno alla musica o alla fotografia, aiutata sicuramente dall’ambientazione in California.
Nel bene e nel male la storia di Dirty John ti tiene incollata allo schermo ma ad un pensiero critico si nota il diverso ruolo della donna. Abituati ad Annalise Keating, Piper Chapman e Clair Underwood, donne belle ma soprattutto potenti non economicamente ma caratterialmente, trovarci di fronte a Debra Newell ci sembra un vero e proprio scivolone.
In Debra l’unica forza sono le innumerevoli borse Chanel, la Maserati e i capelli lucenti, perché a parte i beni materiali è una donna ingenua, vuota, una madre mediocre e una mente influenzabile. Deve tutto alla sua azienda di interior design eppure non la vediamo mai al lavoro, non ha amiche e non le interessa averle, teme la solitudine e per questo continua a cadere in relazioni sgradevoli ma che lei mette costantemente al primo posto a discapito delle sue figlie.
Debra Newell è un personaggio di cui potevamo tranquillamente fare a meno.
Dirty John, come American Crime Story e American Horror Story, è una serie antologica per cui ci sarà una seconda stagione ma con una storia diversa. Dirty John è uscita il 28 novembre sul network statunitense Bravo mentre è disponibile su Netflix dal 14 febbraio con 8 episodi da 45-50 minuti ciascuno.
La Recensione
Dirty John
La serie è tratta da una storia ma non manca di elementi molto romanzati. Dirty John vanta una buona caratterizzazione dei personaggi ma con una regia troppo simile alla soap opera
PRO
- Storia vera
- Caratterizzazione dei personaggi
CONTRO
- Troppo simile alla soap
- Regia mediocre
- Considerazione del ruolo femminile