Esattamente quarant’anni fa, il 27 giugno 1980, a Milano accadeva un evento che ha lasciato un ricordo indelebile nella mente degli amanti della musica, che da quella data in poi, cambiarono prospettiva sulla storia degli eventi musicali. Il concerto di Bob Marley e degli Wailers allo stadio di San Siro portò una ondata di successo per un genere sconosciuto in Italia, e in modo particolar in quel periodo storico, la consapevolezza di un messaggio di pace e solidarietà che stava interessando tutto il mondo.
Certamente non fu un evento qualsiasi. La presenza di un artista affascinante ed ecclettico, dotato di una presenza scenica mistica paragonabile ad una performance sacrale, seppe coniugare una serie di elementi artistici e sociali che crearono un vero e proprio culto per il reggae e la dottrina rastafariana, a partire dai contenuti sociali, religiosi ed umani che Bob Marley fu capace di veicolare in maniera esemplare.
Durante il periodo in cui la malattia che lo colpì duramente si diffondeva in tutto il suo corpo, e dopo aver concluso una trionfale tournée estiva suonando nelle più grandi città d’Europa, (famosi i concerti tenuti a Dortmund il 13 giugno davanti a circa 40.000 persone, a Torino allo Stadio Comunale il 26 Giugno davanti a 60.000 persone), l’evento di Milano allo Stadio San Siro fu l’incipit di una serie di concerti che si terreno in quel luogo. Infatti, lo stadio fu aperto per la prima volta nella storia al pubblico degli eventi musicali con la partecipazione straordinaria di più di 100.000 persone provenienti da tutto il paese.
Questa data importante sarà sicuramente ricordata dai posteri anche per essere stato il momento in cui affianco all’esibizione di Bob Marley e degli Wailers ci furono due esponenti della musica italiana, che certamente non sfigurarono: il musicista blues Roberto Ciotti e il poliedrico Pino Daniele che seppero destreggiarsi con disinvoltura davanti una notevole massa di spettatori e in attesa di un’esibizione di cui già allora si conosceva il valore sociale. Pino Daniele, infatti, dimostrò che aprire un concerto di Bob Marley poteva essere fatto in modo originale e non semplicemente da contorno. L’iconico artista napoletano unì le 100 mila persone presenti sulle note di Sotto ‘o sole, Uè man!, Chillo è nu buono guaglione, Voglio di più, Je so’ pazzo, Musica musica, A testa in giù, Quanno chiove, A me me piace o’ blues, alcuni dei brani che cristallizzarono successivamente la sua fama.
Inoltre, l’artista partenopeo ebbe la fortuna di passare un po’ di tempo con Bob Marley prima dell’esibizione:
“Restai a parlare con Marley per una mezz’oretta, seduti su un flight case, sommersi dal fumo della marijuana, mentre fuori centomila persone gridavano il suo nome: Bob, Bob, Bob. Era carismatico e molto curioso. Mi fece tante domande su dov’ero nato, su Napoli, sulla sua cultura. Gli parlai delle scale musicali arabe presenti nella melodia napoletana e la cosa lo affascinò. Sorridente, gentile, emanava energia, sembrava venire da un altro mondo”.
Sicuramente c’è da convenire che quel famoso 27 giugno a San Siro qualcosa cambiò definitivamente. Bisogna dire che l’Italia era un terreno difficile per il futuro dei concerti, e il successo di tutti gli artisti: le tensioni politiche e i forti scontri preoccupavo gli organizzatori degli eventi, e tutti coloro che approcciavano direttamente presenziando ai concerti purtroppo furono estremamente penalizzati dopo gli accadimenti avvenuti solo quattro anni prima proprio a Milano a Parco Lambro. Eppure, nel 1980 quel tabù venne messo da parte. Bob Marley riportò la pace e l’armonia a San Siro che per una sera prese le sembianze di una nuova Woodstock, così come si provò a fare durante i festival pop nati nei primi anni Settanta in tutta la penisola.
Così 100 mila persone si riunirono nello stesso luogo per suggellare nel segno di una esibizione che è diventata nel tempo un vero e proprio fenomeno storico-sociale senza precedenti. Così, Marley riporta la musica in Italia. Quella doveva essere una sera in cui la potenza della musica aveva deciso di placare il malcontento generale, e di liberarsi, attraverso la catarsi dei brani di questo artista unico, allo spirito rivoluzionario di amore ed emancipazione.
Il 10 giugno del 1980, pochi giorni prima di San Siro, uscì il nuovo album di Marley con gli Wailers intitolato Uprising, decima sua fatica discografica. L’Uprising Tour iniziò in anticipo rispetto alla pubblicazione del disco, il 30 maggio, da Zurigo. Marley arrivò in Italia per le tappe numero 22 e 23 della tournée.
Alle 21 del 27 giugno finì l’attesa e la storica formazione di Bob Marley, gli Wailers, diedero inizio alle danze con il loro memorabile sound. Un quarto d’ora dopo la voce del cantante reggae più celebre al mondo riverberava in tutto lo stadio. Il pubblico sembrava essere completamente catturato: in un’abbondanza generale di magliette e striscioni rappresentanti il volto dell’artista giamaicano, la cultura rastafariana sembrava essere stata portata a Milano e donata, in regalo, a tutti gli italiani. Chiunque, in quel periodo, era diventato all’istante un appassionato di reggae. Iniziarono a vedersi prodotti artistici legati alla cultura rastafariana come il film “The Harder They Come” con Jimmy Cliff e dischi di Peter Tosh, oltre ovviamente a quelli di Marley, che era l’indiscutibile divinità. Non solo. La musica nostrana prese un’altra piega. Si iniziò a incidere brani con una struttura reggae di base, e si approcciò a tradizioni di diverse etnie provenienti non solo dalla Jamaica, ma anche dall’Africa, terra di origine della cultura rastafariana.
In sintesi, il concerto di Bob Marley a San Siro si potrebbe definire un vero e proprio spartiacque nella cultura musicale italiana, un evento che sarà presente per decenni nella mente di chi ha avuto la possibilità di vivere quella performance e di chi ha saputo coglierne l’essenza, lasciandosi ispirare dai quei messaggi di positività non solo da un punto di vista artistico e compositivo, ma soprattutto da un punto di vista esistenziale nettamente spiritualistico.