A tutti gli amanti del genere horror non può essere sfuggita l’ultima uscita del genere su Netflix, A Classic Horror Story, un film italiano che sin dal titolo promette di trascinarci in una trama da paura. E in effetti è proprio così! In una storia che del genere horror prende tutti i cliché, ma che li trasporta in una cornice molto originale.
Se non hai ancora visto il film, ti conviene non continuare la lettura di questa analisi, perché saranno presenti diversi spoiler. Se invece hai già visto A Classic Horror Story ma vuoi vederci più chiaro, stai leggendo l’articolo giusto!
La storia di A Classic Horror Story inizia così…
Quello che caratterizza A Classic Horror Story, e sin dal titolo non se ne fa mistero, è la scelta di voler raccontare una storia che rimandi ai grandi film horror cult.
I protagonisti sono un gruppo di persone che condividono un viaggio in camper per andare verso la Calabria. Tra tutti spicca, sin dalle prime immagini Elisa (interpretata dalla bravissima Matilda Lutz), una ragazza in difficoltà perché rimasta incinta e intenzionata ad abortire una volta tornata dai suoi genitori. Sin da subito capiamo che la protagonista principale sarà lei, ma tutt’intorno si muovo una serie di personaggi che andremo a conoscere proprio con l’inizio del viaggio in camper.
Primo tra tutti avremo Fabrizio (interpretato da Francesco Russo) il proprietario del camper, aspirante regista, impacciato e compagnone; Riccardo (interpretato dall’attore Peppino Mazzotta), un medico caduto in disgrazia che è costretto ad allontanarsi da moglie e figlia e infine la coppia formata da Mark e Sofia (Will Merrick e Yuliia Sobol).
I cinque, partiti per il loro viaggio, finiscono fuori strada per via della carcassa di un animale che ingombra la strada, impattano contro un albero e perdono i sensi…
Al risveglio tutto intorno a loro è cambiato. La strada che stavano percorrendo non c’è più, tutt’intorno solo una grande radura dove si erge una casa rossa, sinistra e oscura. I ragazzi provano a chiedere aiuto, bussando alla porta della casa, ma lo stabile sembra essere disabitato.
Impauriti e confusi, con Mark ferito e i telefoni che non permettono di fare chiamate, il gruppo cerca di trovare una soluzione per uscire da quella situazione. Riccardo, il più risoluto, decide di prendere in mano la situazione e s’incammina per il bosco alla ricerca della strada e di aiuto. Fabrizio però decide di non lasciarlo andare da solo, offrendosi come esperta guida. Le ricerche però non portano a niente di buono. Nei boschi infatti i due trovano delle carcasse di maiale e dei simboli spaventosi che li costringono a tornare indietro.
Intanto, Elisa e Sofia, rimaste a vegliare sul povero Mark nel camper, si accorgono che la porta della casa rossa è aperta e decidono di andare a vedere di che si tratta. Nel frattempo tornano anche Fabrizio e Riccardo, che decidono di non dire niente alle ragazze di quello che hanno visto nel bosco. Tutti e quattro, insieme, decidono di entrare nella casa, e lì la storia prende una direzione ancora più sinistra che affonda le radici dentro le credenze popolari e le tradizioni pagane.
La casa, infatti, pare essere un ritrovo per un antico culto che ci viene presentato e spiegato da Fabrizio, il mito di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, una leggenda che popolarmente pare essere alla base della nascita delle mafie del nostro Paese.
La leggenda di Osso, Mastrosso e Carcagnosso
Secondo questa antica leggenda Osso, Mastrosso e Carcagnosso erano tre cavalieri spagnoli che, in tempi molto lontani, per vendicare l’onore della loro sorella, uccidono un uomo e vengono condannati ad una pena di 29 anni, 11 mesi e 29 giorni in un carcere dell’Isola di Favignana.
Una volta tornati in libertà, recita la leggenda popolare, i tre cavalieri crearono delle regole di onore e omertà che saranno poi alla base delle società mafiose. Sempre secondo la leggenda Osso fonderà Cosa Nostra in Sicilia, Mastrosso la ‘Ndrangheta calabrese e Carcagnosso la Camorra napoletana.
Fabrizio, in più, racconterà a suoi compagni di sventura, come i tre cavalieri salvarono un villaggio colpito da una terribile carestia chiedendo però in cambio occhi, orecchie e lingue, segni distintivi dei tre mostri che vediamo illustrati nella casa di A Classic Horror Story.
Una volta giunti nella casa i cinque protagonisti vengono quindi a conoscenza di questo terribile culto che agisce strappando alle proprie vittime occhi, orecchie e lingua (un rimando ancora una volta all’omertà mafiosa). Mentre cercano di riprendersi dalla terribile scoperta, un allarme assordante inizia a suonare. Il posto si colora di una luce rosso fuoco e un gruppo di persone si introduce nel camper per prendere Mark e trascinarlo nella casa.
Gli altri, terrorizzati, finiscono per nascondersi nella soffitta della casa, dove trovano anche una ragazzina tenuta prigioniera e alla quale è stata tagliata la lingua. La paura li immobilizza mentre Mark viene torturato e gli vengono cavati gli occhi.
Reduci da quella terribile visione, i superstiti decidono che è meglio restare nella casa, e tenersi svegli a turno per fare da guardia. Ma qualcosa, ancora una volta, va storto: quando Elisa si sveglia scopre che Sofia, Riccardo e la bambina senza lingua sono fuori, tenuti prigionieri da un gruppo di persone che compiono un terrificante rito. Elisa e Fabrizio, non riescono a fare altro che guardare terrorizzati tutta la scena da dietro le finestre.
Ma… ecco che qualcosa nella mente di Elisa si accende: com’è possibile che nessuno li abbia sentiti arrivare? Così la scoperta che ci porta verso un plot twist sorprendente. La birra che lei, Riccardo e Sofia hanno bevuto la sera prima, era di sicuro arricchita con un potente sonnifero (e in effetti con questa rivelazione capiamo anche perché dopo l’incidente sul camper tutti hanno perso i sensi. Avevano bevuto la birra anche in quell’occasione!).
L’unico a non aver mai bevuto però è Fabrizio, lo stesso ragazzo che sembra nascondere un auricolare all’orecchio che lo mette in comunicazione con qualcuno all’esterno. Così Elisa scopre quello che è il grande disegno del film, il plot twist che da una classica storia horror, anche abbastanza banale, ci porta in una visione più originale.
Si scopre infatti che Fabrizio non è chi dice di essere. L’incidente, le carcasse di animali morti, la casa inquietante, fa tutto parte di un vero e proprio copione, un set messo in piedi per i poveri quattro malcapitati, che vengono uccisi uno ad uno dopo violente torture. Tutte vittime sacrificali per Osso, Mastrosso e Carcagnosso.
Quando Elisa scopre la verità, viene legata ed inchiodata ad una sedia e chiusa in una stanza che finisce per rivelare, a lei e a noi spettatori, il vero senso di quella macabra recita. Decine di schermi, infatti, ci mostrano come il bosco, la radura e la casa siano costantemente ripresi da telecamere che spiano le scelte e le reazioni (e la morte) dei malcapitati. Fabrizio così (con uno spiegone sicuramente evitabile) chiarisce approfonditamente il motivo della sua farsa, e quindi il senso ultimo del film.
La spiegazione del finale del film
Dallo spiegone finale di Fabrizio e dalle ultime scene capiamo finalmente dove A Classic Horror Story vuole arrivare.
Fabrizio, come anticipato, non è un bravo ragazzo che gira video amatoriali di viaggio, ma un regista che architetta horror cruenti usando come attori delle persone che vengono trascinate “sul set” con l’inganno, e qui torturate e uccise.
Anche la ragazzina muta fa parte della farsa (forse una delle scoperte più dolorose per Elisa che si era affezionata a lei, ma che lo spettatore attento capisce sin dalla sua prima comparsa) così come tutte le altre comparse che lavorano in un camping chiamato “I tre cavalieri” e che fedeli al culto di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, continuano a compiere i sacrifici in loro onore.
Ma cosa c’entra poi la mafia con la trama di A Classic Horror Story? In pratica la mafia è il cuore stesso della trama, dal momento che questi film cruenti vengono commissionati proprio dalla ‘Ndrangheta interessata a vendere dei prodotti che la gente ama guardare e che solo la realtà sa rendere realmente terrificanti.
La denuncia di Fabrizio sta proprio qui, sulla critica alla società che spesso snobba i film ma viene affascinata dalla cronaca nera, la spettacolarizzazione del dolore, forse l’aspetto più inquietante che salta all’occhio.
Ed è proprio dopo il lungo discorso di Fabrizio che il film fa una vera e propria virata, cambiando stile e registro, e diventando una sorta di pulp alla Quentin Tarantino nel quale Elisa, liberatasi dai chiodi, decide di compiere la sua vendetta e di girare il vero finale del film.
Una volta libera, Elisa scappa verso una spiaggia dove tutti i bagnanti iniziano a riprenderla con gli smartphone. Un’altra sottolineatura alla sadicità degli spettatori e alla sostanziale indifferenza al dolore altrui.
Infine, un secondo finale, durante i titoli di coda, ci mostra ancora un altro aspetto della questione: vediamo un uomo che vede A Classic Horror Story su Netflix e poi commenta e giudica il film e il cinema horror nostrano. Ancora una riflessione, ancora una critica, che però a questo punto diventa davvero ridondante e inutile. Dopo lo spiegone di Fabrizio tutto diventa inutile!
Una riflessione finale sul film
In conclusione, A Classic Horror Story è un film molto ben fatto, con una fotografia e una narrazione particolarmente attenta al dettaglio e alla celebrazione dei simboli dell’horror classico e dei grandi film cult del passato, e per questo forse non particolarmente originale.
L’originalità viene fuori nell’utilizzo di un mito popolare tipicamente nostrano, e nel finale, quando l’imbroglio viene smascherato e il senso stesso del film si capovolge. Purtroppo però, lì dove c’è originalità, la scrittura viene a mancare, farcendosi di spiegoni e diventando ridondante e monotona. Peccato!
Ad ogni modo, credo che A Classic Horror Story sia l’esempio di come il cinema horror nostrano abbia la capacità e il talento per poter essere un cinema di genere di alto livello. Speriamo che questo sia solo l’inizio di una vera e propria rinascita.
E tu cosa ne pensi di A Classic Horror Story? Sei in accordo con questa analisi? Lascia un commento per dire la tua.
Films horror brutti, ne ho visti molti. Questo, credo sia il più brutto.
Non concordo sulla tua interpretazione finale dei titoli di coda. Il signore in questione non lo sta vedendo su Netflix ma (dopo essere entrato probabilmente nel Darkweb con l’app su cui è disegnata una cipolla) su BLOODFlix una sorta di netflix del darkweb dove presumibilmente gli abbonati possono vedere questi snuff movies.
La critica sociale è anche questa (sopratutto quando si scopre che è un papà), la normalità domestica è un siparietto dietro al quale si celano i mostri umani.
Interessante! Grazie per il commento e la riflessione!
Riguardo alla critica sociale, sono d’accordo con la visione del film, credo solo che sia ridondante sul finale 🙂