Quando si racconta una storia vera che si intreccia con il true crime, la strada da percorrere è sempre molto delicata.
Ed eccoci qui a parlare di Avetrana – Qui Non È Hollywood, la nuova miniserie di Disney+ che tenta di raccontare l’orribile vicenda dell’omicidio di Sarah Scazzi.
Oh, non aspettatevi Hollywood: qui si respira un realismo crudo, un’umanità profondamente tragica.
Ed è proprio questo che colpisce della serie.
Quattro episodi, quattro prospettive
La miniserie è composta da 4 episodi, ciascuno dei quali si concentra su uno dei principali protagonisti della vicenda: Sarah, Sabrina, Michele e Cosima.
È una scelta narrativa interessante, che punta a ricostruire i fatti da più punti di vista. La struttura episodica, che funge da climax, aggiunge tensione e permette di vedere la storia sotto una luce diversa ogni volta. Ma, attenzione, questo non significa che tutto sia stato trattato a dovere. A mio avviso, la miniserie è incompleta.
Cosa intendo? Semplice.
Mancano interi capitoli della vicenda che avrebbero meritato attenzione. I genitori di Sarah, ad esempio, sono trattati come semplici comparse, figure di sfondo prive di profondità. E non parliamo neanche del caso in tribunale: sarebbe stato un elemento intrigante da sviluppare, un modo per chiudere davvero il cerchio. Vista così, la serie sembra carina ma affrettata, con tanti dettagli lasciati in sospeso. Un’occasione mancata per rendere la storia davvero completa.
Sabrina e Sarah: tra amore e odio
Il fulcro della serie è senza dubbio la relazione tra Sarah e sua cugina Sabrina.
Un’amicizia complessa, fatta di amore e gelosia. Due cugine che si vogliono bene ma che, sotto sotto, si fanno del male a vicenda. Sarah, interpretata dalla debuttante Federica Pala, è una ragazza quindicenne, curiosa e vivace. Sabrina, interpretata da una sorprendente Giulia Perulli (praticamente è identica all’originale), è la cugina più grande, ossessionata da Ivano, un ragazzo che non se la fila e, sfortunatamente, interessa anche a Sarah. Giancarlo Commare interpreta Ivano con la giusta dose di ambiguità e incertezza, ma anche qui avremmo voluto qualche sfumatura in più.
La dinamica tra Sarah e Sabrina è uno dei punti di forza della serie, ed è qui che il regista Pippo Mezzapesa riesce a catturare l’essenza della storia: un rapporto denso di contraddizioni, che evolve lentamente fino a esplodere nel modo più tragico possibile. I piccoli dettagli – il cibo mangiato senza ingrassare, le gelosie sottili, i sentimenti non corrisposti – sono messi su schermo con grande sensibilità.
Un realismo crudo, ma incompleto
Non si può non apprezzare il tentativo di Pippo Mezzapesa di mantenere un approccio realistico e misurato.
L’atmosfera del paesino pugliese, il dialetto stretto, la vita di provincia che scorre lenta e noiosa, tutto questo contribuisce a farci entrare in quel mondo.
E poi c’è la scelta di evitare il voyeurismo, di non mostrare mai l’omicidio sullo schermo. È una scelta apprezzabile, per carità, ma che lascia una sensazione di vuoto. Non c’è abbastanza dramma per farci sentire il peso di quello che è successo davvero. È come se la serie avesse paura di spingersi oltre un certo limite, restando sempre nella sua zona di comfort.
Il circo mediatico: uno specchio di noi stessi
Uno degli aspetti più riusciti della serie è la rappresentazione del circo mediatico che si è sviluppato intorno al caso. Come succede spesso in Italia attorno a casi come questo. La stampa, le televisioni, i giornalisti sempre in cerca del prossimo scoop: tutti volevano un pezzo della tragedia di Avetrana. In questo contesto si muove il personaggio di Anna Ferzetti, che interpreta una giornalista capace di intuire il potenziale mediatico del caso. E chi può dimenticare la famosa scena della diretta televisiva in cui la madre di Sarah apprende del ritrovamento del corpo della figlia? Federica Sciarelli e il programma Chi l’ha visto sono rappresentati in modo freddo e distaccato, proprio per sottolineare la perdita di innocenza della nostra società.
Ma la serie non si ferma solo alla descrizione degli eventi. Ci invita a riflettere sul nostro voyeurismo, sulla nostra tendenza a voler guardare, sapere, giudicare. E, diciamocelo, quanti di noi non sarebbero stati su quel pulmino turistico che passava davanti alla casa dei Misseri? È una critica sottile, ma potente, che riesce a colpire nel segno.
Musica, atmosfera e recitazione: tra luci e ombre
Parliamo un po’ della colonna sonora. Onestamente, l’ho trovata un po’ ridondante. Passare da Fabri Fibra ad Avril Lavigne in pochi minuti può risultare straniante, e in alcuni momenti mi ha fatto perdere la connessione con la storia. Tuttavia, la musica riesce comunque a restituire quel senso di anni 2000, quando i primi smartphone iniziavano a entrare nelle nostre vite e tutto sembrava più semplice, ma al contempo più complicato.
Sul fronte della recitazione, è impossibile non menzionare Vanessa Scalera, che interpreta Cosima con una potenza incredibile. Anche sotto il trucco prostetico, riesce a trasmettere l’ambiguità del suo personaggio, la sua freddezza e la sua determinazione. Paolo De Vita, nei panni di Michele, riesce a rendere la vulnerabilità e il tormento di un uomo distrutto dal senso di colpa, ma ancora una volta sento che qualcosa manca: più spazio, più approfondimento, più coraggio nel raccontare la loro storia.
Conclusioni: una serie che si ferma a metà strada
Avetrana – Qui Non È Hollywood è una miniserie che ha molto da dire, ma che non riesce a dirlo completamente. Ci sono momenti di grande intensità, come il rapporto tra Sarah e Sabrina, e una rappresentazione efficace del circo mediatico che si è creato intorno alla vicenda. Ma ci sono anche molte lacune, soprattutto per quanto riguarda l’approfondimento dei personaggi e la scelta di non mostrare mai davvero il dramma nel suo pieno potenziale.
È come se la serie avesse avuto paura di andare troppo in profondità, di farci vedere davvero cosa si cela dietro a un crimine tanto terribile. Il risultato? Una serie interessante, ben fatta, ma che lascia con la sensazione che mancasse qualcosa. Come se fosse stata completata a metà. E voi? Cosa ne pensate? Avete avuto anche voi questa sensazione di incompletezza o la vostra opinione è diversa? Scrivetelo nei commenti, sono curioso di leggere le vostre riflessioni.
La Recensione
Avetrana - Qui Non È Hollywood
Avetrana - Qui Non È Hollywood: una miniserie crime che coinvolge, ma solleva molte domande irrisolte. Ottime performance attoriali, ma una narrazione incompleta e un realismo che manca di profondità.
PRO
- Racconta il caso Scazzi concentrandosi sull'aspetto umano
- Vanessa Scalera e Giulia Perulli regalano interpretazioni potenti
CONTRO
- Mancano approfondimenti su personaggi cruciali come i genitori di Sarah
- Non mostra il caso in tribunale, lasciando la storia incompleta