BALLATA DI UOMINI E CANI
dedicata a Jack London
di e con Marco Paolini
produzione: Michela Signori, Jolefilm
Marco PaoliniSin dai primi istanti capiamo che non stiamo per assistere ad un classico alla Paolini: in scena «non sono io» ci dice; non un narratore questa volta, bensì un interprete. E’ Jack London a rivivere sul palcoscenico per due veloci ore; calato nel teatro di narrazione, rompe la quarta parete e, rivolgendosi subito al pubblico, descrive il potere tipico del teatro di rendere immortali in corpi sempre diversi gli spiriti di grandi uomini del passato.
«Io ho ricevuto in prestito un attore di 60 anni, ma sono morto a quaranta. Niente, giusto per dirvi che ero più figo di così».
Ottenendo immediatamente la simpatia e la complicità degli spettatori, inizia un percorso tra montagne impervie e temperature insostenibili, là dove il rapporto tra cane e uomo pone le sue radici così distante nel tempo da mostrare come i ruoli possano invertirsi: i cani diventano umane vittime della bestialità dei padroni.
L’obiettivo? Paolini lo dichiara in un’intervista rilasciata a Sky TG 24: scollare l’etichetta “scrittore per ragazzi” da un autore californiano che fu: «anarchico, socialista e avventuriero. Ironizza sul palco l’attore:
Nella foto Marco Paolini e Lorenzo Monguzzi (voce e chitarra), Angelo Baselli (clarinetto) e Gianluca Casadei (fisarmonica)«E’ un autore di cui non si parla molto ma, per chi lo legge, è un pezzo di mondo. London parla di una natura ostile per esperienza, insistendo sugli uomini che la affrontano e ne sono sconfitti. Per questo mi colpisce. E se è considerato scrittore per ragazzi perchè, come affermano alcuni studiosi, fa morire gli uomini ma lascia vivi i cani..beh, strana idea della pedagogia!»
Paolini non riprende dei romanzi, bensì tre racconti: Macchia, Bastardo e Preparare un fuoco.
«Mi sono imposto il confronto con storie che richiedono ritmo e sintesi, mi sono sfidato portando in scena delle vere e proprie short stories» racconta in un’intervista rilasciata a Nicola Arrigoni per La Provincia di Cremona. Cadenza incalzante grazie all’armonia di elementi scenici ed attoriali come il respiro, gestualità e persino colpi accidentali di tosse sfruttati ad arte.
Insomma, un ritmo che rimanda ad un «canzoniere teatrale».
La musica, grazie ai co–protagonisti Lorenzo Monguzzi (voce e chitarra), Angelo Baselli (clarinetto) e Gianluca Casadei (fisarmonica), non si limita a mero accompagnamento ma costituisce parte integrante della rappresentazione.
«Ballata. Un termine che appartiene alla tradizione americana con i racconti accompagnati dalla fisarmonica o dal banjo, ma anche alla nostra tradizione con i cantastorie. La musica impone un rigore […] chiede all’attore di essere creativo in uno spazio dato e condiviso»
(intervista per La Provincia di Cremona)
Perciò la scelta dei movimenti scenici all’interno dello «spazio dato» è, inutile specificarlo, tutt’altro che casuale: efficaci i momenti in cui i tre componenti della Piccola Orchestra Variabile si pongono in proscenio richiamando la frenesia dei cani da slitta in corsa attraverso le loro movenze a ritmo di musica.
Marco Paolini e Lorenzo Monguzzi durante la rappresentazione
La scenografia abbastanza spoglia si rivela evocativa e versatile: una pedana di rialzo al centro, bidoni in metallo dall’aria vissuta, parallelepipedi in polistirolo sospesi sullo sfondo.
Presenti inoltre elementi di denuncia della finzione: la commistione di generi teatrali e digitali (la proiezione di filmati video e la tastiera qwerty su cui sono digitati i titoli dei diversi capitoli/atti) coopera ad un effetto di straniamento, assieme a commenti di Paolini che insidiano il testo invitando ad un giudizio attivo e critico da parte nostra.
L’illusione scenica è costantemente frantumata da battute metateatrali e da un amaro umorismo, presente soprattutto nel finale: Paolini–London (ormai tutto è così ben amalgamato che il pubblico non distingue più) così introduce il discorso conclusivo: «Mentre aspettiamo che muoio…».
L’attore rivela in un’intervista come nacque lo spettacolo:
«L’opera parte da una performance per ricordare la strage di Bologna: una lettura di Preparare un fuoco nella traduzione di Davide Sapienza. Mi ricordo come gli spettatori e viaggiatori di passaggio ascoltassero, ma non riuscissero a seguire. Mi sentivo male […] c’era qualcosa che non funzionava, mi sentivo uno scemo […] Fu un fallimento, ma uno di quelli che danno i frutti»
(da un’intervista rilasciata da Marco Paolini a Nicola Arrigoni per La Provincia di Cremona)
La rappresentazione ebbe così un’evoluzione successiva attraverso la trascrizione orale: «Faccio miei quei racconti, li riscrivo in scena».
La voce di London appare saltuariamente durante la pièce armonizzandosi con lo spirito dell’interprete, senza correre il facile rischio di costituire un ostacolo alla comprensione piuttosto che un pesante filtro attore – spettatore.
Sono rimasta affascinata dalla conversazione confidenziale che Paolini intrattiene per due brevissime ore col pubblico e con London stesso. Non ci si abitua né ci si annoia mai di fronte al suo modo di accostare grandi pilastri della Storia e della Letteratura come se fossero uomini comuni. Ecco il lato geniale e sorprendente: mostrare come gli uomini più illustri (pensiamo, per esempio, a Galileo e Marco Polo) sono prima di tutto uomini, esattamente come noi.
La Ballata termina con una dichiarazione di Paolini: «In tutti quei racconti, io ero il cane».
Credo possa essere colta come un invito nemmeno troppo implicito a riflettere su quanto noi ci meritiamo il titolo di “razza superiore”.
Sara Crimella
La rappresentazione ha avuto luogo al Piccolo Teatro Strehler di Milano dal 3 al 22 Febbraio 2015 (Marco Paolini Tour 2015).