Belfast, il lungometraggio del 2021 non ancora uscito al cinema ma di cui si parla da mesi, è atteso prossimamente in tutte le sale. Il film, diretto dal regista e attore Kenneth Branagh (Frankenstein di Mary Shelley, Harry Potter e la camera dei segreti, Jack Ryan – L’iniziazione), ha già collezionato ben sette nomination agli Oscar 2022, anche se bisognerà aspettare per sapere se e cosa vincerà.
Per quanto riguarda i Golden Globe di quest’anno, invece, su sette candidature Belfast ha vinto un solo globo dorato, quello per la migliore sceneggiatura. Il premio è stato ritirato personalmente da Kenneth Branagh il quale, oltre a dirigere il film, lo ha anche scritto perché come ha più volte affermato si tratta di materiale che lo riguarda personalmente, altamente autobiografico. In parte, infatti, Belfast parla della sua vita.
La pellicola è stata presentata in Italia in occasione della Festa del Cinema di Roma lo scorso autunno, e l’accoglienza è stata a dir poco entusiastica: sia pubblico che critica sono stati unanimi nell’affermare che Belfast è uno dei lavori migliori di Kenneth Branagh, reduce dallo scarso successo del film Assassinio sul Nilo, tratto da uno dei romanzi più famosi della scrittrice britannica Agatha Christie, di cui vi abbiamo parlato e che troverete cliccando qui.
Belfast è destinato a vincere l’Oscar come miglior film?
Il film di Kenneth Branagh, ancora prima di uscire nelle sale, ha già fatto incetta di nomination. Tutte candidature di prim’ordine, tra l’altro, guadagnando le categorie principali: miglior film, miglior regista, miglior attore non protagonista, miglior attrice non protagonista, migliore sceneggiatura originale, miglior sonoro e per la migliore canzone. Ovviamente nulla è ancora deciso, e si saprà solo la notte degli Academy Awards quanti, effettivamente, di questi prestigiosi premi si porterà a casa. Sempre che riesca ad ottenerne almeno uno.
Come mai tanto clamore? Perché un successo annunciato ancor prima di uscire nelle sale? Un po’ per il grande investimento pubblicitario che la Universal ha deciso di fare per il film, offrendo ai fan di Kenneth Branagh anche una clip inedita, intitolata “Noi dobbiamo andare via da Belfast?” e che trovate cliccando qui, e anche perché il regista ha messo nella storia il suo vissuto, il suo passato, dando alla pellicola qualcosa di veramente unico e particolare, pare mai visto fino ad oggi.
La Universal, inoltre, ha pubblicato nei giorni scorsi il trailer italiano in cui viene ufficializzata la data d’uscita nel nostro Paese: Belfast arriverà nelle nostre sale il prossimo 24 febbraio. La pellicola è dichiaratamente semi-autobiografica, quindi, girata tutta in bianco e nero, e racconta l’infanzia del regista, che sul set viene interpretato dal giovanissimo e talentuoso attore Jude Hill (Rian, Belfast, Magpie Murders).
La trama del film Belfast
Belfast è ambientato negli anni ’60, il protagonista è Buddy, un bambino di 9 anni che vive con i genitori e i nonni nel North Belfast. Appassionato di film, trascorre le sue giornate giocando con i suoi amici nel quartiere in cui vive, e la sua è una famiglia tipica della working class. Il ragazzo è infatti cresciuto in un luogo che dà molta importanza al senso di comunità. Tutti nel quartiere si conoscono, sono solidali quanto possibile, il che amplia decisamente i confini della sua famiglia che non è da considerarsi solo quella di origine, ma che continua anche al di fuori della porta di casa.
Un giorno Buddy, vede la sua vita stravolersi. Infatti si ritrova, suo malgrado, coinvolto nella battaglia contro i cattolici e si rifugia in casa insieme alla madre, l’attrice Caitríona Balfe (Il diavolo veste Prada, Money Monster – L’altra faccia del denaro, Le Mans ’66 – La grande sfida) e al fratello più grande, l’attore Colin Morgan (Il cacciatore e la regina di ghiaccio, The Happy Prince – L’ultimo ritratto di Oscar Wilde, The Fall – Caccia al serial killer). Il padre, invece, che ha il volto di Jamie Dornan (Cinquanta sfumature di grigio, Robin Hood – L’origine della leggenda, Il profumo dell’erba selvatica) non c’è, lavora fuori paese per guadagnare qualcosa e pagare le tasse arretrate.
La tranquillità della cittadina è messa a dura prova dopo il conflitto, e Buddy e la sua famiglia cercano di tirare avanti in ogni modo possibile tra la paura per una nuova guerra e il denaro che scarseggia. L’innocente ragazzino, pur non essendo nella sua natura, è costretto a compiere piccole azioni criminali insieme all’amica più grande che fa parte di una gang per rubare cibo nei negozi. Ma tra l’amore dei nonni, il primo amore per la sua compagna di classe e il perdono dei genitori riesce a salvare il suo buon nome.
Ben presto, però, il “boss” del quartiere che infiammava la rivolta darà del filo da torcere al padre di Buddy e tutta la famiglia si ritroverà catapultata in una guerra “personale” che la porterà a una difficile decisione.
Emigrare, quindi, è una tentazione, potrebbe forse essere la sola soluzione. Ma, se così, fosse, come lasciare l’amata Belfast, i nonni coi loro preziosi consigli di vita e d’amore, la bionda Catherine del primo banco? Questo è uno dei dilemmi ai quali i protagonisti dovranno, loro malgrado, rispondere e che in un certo senso sono gli stessi quesiti che si è posto, anni addietro, anche Kenneth Branagh.
La vicenda si svolge proprio nella fase iniziale dei Troubles, termine eufemisticamente traducibile come “i disordini”, ovvero il periodo in cui ha avuto inizio il conflitto nordirlandese. Con questo nome viene indicata la cosiddetta “guerra a bassa intensità” che si è svolta tra la fine degli anni sessanta e la fine degli anni novanta in Irlanda del Nord.
In realtà, però, il conflitto è tuttora in corso: i suoi effetti si sono allargati anche nel Regno Unito e nella Repubblica D’Irlanda e ha causato oltre 3500 morti. I paramilitari repubblicani cattolici furono responsabili del 60% delle vittime, gli “unionisti lealisti protestanti” del 30% e le forze di sicurezza britanniche del 10%termine eufemisticamente traducibile come “I disordini”, che hanno coperto un periodo decisamente lungo, per ben 30 anni a partire dal 1968.