Non solo i più bei cartoni animati che da sempre incantano adulti e bambini, su Disney+ ci sono anche molti documentari di National Geographic. Dopo l’acquisto da parte di Disney di National Geographic, infatti, la piattaforma streaming arrivata in Italia il 24 marzo 2020 mette a disposizione dei fruitori documentari ricercati con una particolare attenzione alla bellezza e veridicità delle immagini.
Ma quali sono i più bei lavori di National Geographic da guardare su Disney Plus?
Scopriamoli!
Ecco i migliori documentari di National Geographic su Disney+
Free Solo – Sfida estrema
Il documentario di National Geographic diretto da Elizabeth Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin è stato vincitore nel 2019 del Premio Oscar.
Alex Honnold, classe 1985, inizia ad arrampicare dall’età di 11 anni. Oggi Honnold è uno dei climber più famosi del mondo, che ha deciso di dedicare la sua vita alla conquista delle vette. È famoso soprattutto per quanto riguarda la pratica del free solo, cioè un tipo di arrampicata in cui l’arrampicatore rinuncia all’assicurazione delle corde, e dell’arrampicata veloce. Ha sancito molteplici record di velocità sulle pareti del Parco nazionale di Yosemite.
Nel documentario viene raccontata, passo per passo, l’ultima impresa epocale compiuta da Honnold: il 3 giugno 2017 ha risalito in free solo la parete di El Capitan, percorrendo quasi un chilometro in tre ore e cinquantasei minuti.
Il meritatissimo Oscar, deriva da un racconto capace di coinvolgere chiunque, di far capire la difficoltà dell’impresa e la tenacia di Alex Honnold. Il margine di errore, in questo tipo di disciplina, è pari a zero: è sufficiente un passo sbagliato per precipitare nel vuoto.
Le riprese di Free Solo sono mozzafiato, seguendo Honnold anche nei momenti più delicati della sua salita, ripresa nei particolari grazie all’impiego di droni e telecamere comandate a distanza.
Non è solo l’arrivo alla cima a ipnotizzare lo spettatore, ma anche il ritratto di Alex, il quale vive in un “mondo proprio”. Risulta impossibile, infatti, distrarlo dal suo obiettivo. Non ci sono infortuni che tengano, non c’è il ricordo dei suoi colleghi che hanno perso la vita in simili imprese, non sarà nemmeno la fidanzata Sanni capace di distoglierlo dalla cima. Il tema della morte viene affrontato spesso nel documentario, offrendo interessanti spunti di riflessione, soprattutto a causa della apparente apatia di Alex a riguardo.
Alex Honnold è il ritratto di una determinazione che non conosce limiti, il ritratto di un ragazzo semplice e allo stesso tempo sorprendente.
Free Solo è una suggestiva coreografia fatta di pareti apparentemente inconquistabili, ma anche di un uomo capace di sfidare ogni limite.
Punto di non ritorno
Punto di non ritorno è un documentario del 2016, diretto da Fisher Stevens, che affronta l’attuale tema del cambiamento climatico. Il documentario è uno sguardo su come i cambiamenti climatici stanno influenzando la nostra vita, e sui piccoli gesti che ognuno di noi potrebbe fare per prevenire i danni derivati dall’inquinamento salvando le specie animali a rischio e l’ecosistema.
In apertura Punto di non ritorno ci pone subito davanti uno scenario catastrofico: l’aumento della temperatura è un problema che ci riguarda, e che non riguarda un astratto futuro, ma il futuro dei prossimi decenni.
Il documentario della National Geographic è stato voluto, prodotto e interpretato da Leonardo DiCaprio.
DiCaprio si occupa da anni della causa ambientale, cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica. Nel documentario affronta il problema discutendone con personalità del calibro del Presidente Obama o in un’udienza privata da Papa Francesco, il primo pontefice della storia ad aver scritto una lettera sul problema ambientale.
Il significato di questo documentario, per la cui lavorazione ci sono voluti quasi tre anni, lo si può scorgere nelle parole stesse del suo interprete, Leonardo DiCaprio:
“Dobbiamo eleggere leader che capiscano la gravità dei problemi che stanno trasformando il clima, leader che credano alle innegabili verità della scienza. Non c’è nazione o società immune dai sintomi del cambiamento climatico e in molte regioni americane se ne vedono già gli effetti. Possiamo ancora fare qualcosa per impedire che queste crisi diventino un problema generalizzato del futuro del nostro Paese. Abbiamo l’opportunità di guidare il mondo in una delle questioni più importanti di tutti i tempi”.
Grand Canyon – Viaggio estremo
È possibile non rimanere ammaliati dalla bellezza di questa immensa gola creata dal fiume Colorado, l’arteria principale del parco, in Arizona? Credo di no! E di sicuro, non è stato possibile per il regista e fotografo Pete McBride e lo scrittore Kevin Fedarko, che hanno deciso di avventurarsi fra questi meravigliosi paesaggi. Anche in questo documentario torna alla ribalta il tema dei cambiamenti ambientali, che sta mettendo in seria difficoltà la sopravvivenza di questo grande parco.
“A volte mi entusiasmo troppo, e questo mi porta a fare delle cose che non avevo minimamente pensato, né tantomeno pianificato”.
Esordisce così Pete McBride, il quale ha deciso di esplorare il Grand Canyon a piedi e di verificare la veridicità del problema che questi 170 ettari di terra siano messi in vendita.
In questa avventura, ha deciso di coinvolgere anche lo scrittore Kevin Fedarko: nei primi dodici giorni avevano deciso di farsi guidare da un vero esperto di questo territorio, per poi proseguire in solitaria. L’esperimento non è durato poco: è durato pochissimo. Il Grand Canyon è un territorio aspro e difficile, bisogna arrampicarsi e salire in verticale per moltissimi chilometri, allo stesso modo vanno affrontate le discese. Senza alcuna preparazione fisica, i due si sono slogati le caviglie, hanno portato con loro troppo peso negli zaini, si sono disidratati o idratati troppo, e con i piedi a pezzi e la coda tra le gambe sono rientrati a casa in poco tempo. Per poi preparare un vero piano, e decidere di riprovarci suddividendo il loro viaggio in tappe.
La loro determinazione sarà ripagata dalla bellezza che riempirà i loro occhi.
Un documentario perfetto per sognare, per comprendere l’importanza delle possibilità che abbiamo e per imparare a rispettare il nostro pianeta. Non a caso, nel 1903, Theodore Roosevelt disse ad ingegneri e minatori che questo paesaggio doveva rimanere così com’era, in modo che venisse tramandato alle future generazioni d’America, nonostante il desiderio di trarre profitto da tanta bellezza sia quasi irresistibile.