Perché questo documentario dal titolo Non Dirlo a Nessuno è stato accolto in questo modo in Polonia? Si tratta di uno degli Stati più cattolici d’Europa.
Dopo la sua pubblicazione la gerarchia ecclesiastica ha dovuto fare mea culpa e ha indotto un sacerdote a lasciare il clero.
Questo documentario rivela casi di abusi sessuali da parte di sacerdoti.
Come si intitola? Tell No One o Non Dirlo a Nessuno ed è un film finanziato attraverso una campagna di crowdfunding. E’ stato pubblicato su YouTube sabato. Nella giornata di oggi, il documentario conta più di 9 milioni di visualizzazioni.
Ha innescato una micia incandescente in un paese in cui non esiste un’autorità superiore alla Chiesa cattolica.
“Perché i preti commettono tali crimini? Perché i vescovi non hanno reagito come dovrebbero? Perché, per anni, ha prevalso il silenzio tra il clero?” Il giornalista Andrzej Gajcy ha posto queste domande sul sito di notizie Onet. Troverà una risposta?
Per iniziare l’ha trovata dalla politica. Il primo ministro della Polonia ha ringraziato i fratelli che hanno realizzato il film, Tomasz e Marek Sekielski.
E la chiesa come ha risposto?
“Mi scuso per ogni ferita inflitta al popolo della chiesa”, ha detto l’Arcivescovo Wojciech Polak nella giornata di sabato.
Anche l’ambasciatore vaticano in Polonia, l’arcivescovo Salvatore Pennacchio, ha voluto inviare un messaggio di cordoglio alle persone che hanno subito questi abusi.
“Il papa è molto preoccupato per la vicenda e esprimiamo la nostra solidarietà per l’accaduto”, ha detto Pennacchio.
Altri membri della chiesa polacca non hanno apprezzato moltissimo il documentario Tell No One. L’arcivescovo di Gdansk, Leszek Slawoj Glodz, ha detto che ha di meglio da fare che guardare il film.
La maggior parte dei polacchi si identificano come cattolici e hanno un forte attaccamento nei confronti della chiesa. Essi accreditano alla Chiesa cattolica il mantenimento della lingua e della cultura del proprio paese durante più di un secolo di dominio straniero.
Il defunto papa polacco Giovanni Paolo II, che fu fatto santo, è venerato in Polonia per la sua opposizione al comunismo.
Ma come molti altri paesi, la Polonia ha dovuto fare i conti con le recenti rivelazioni sul clero. A marzo, le autorità ecclesiastiche polacche hanno dichiarato di aver registrato 382 casi di sacerdoti che hanno abusato di 625 vittime al di sotto dei 18 anni dal 1990.
Il documentario presenta nuove prove sulla pedofilia di molti sacerdoti e che questi venivano trasferiti tra le parrocchie invece di essere cacciati dalla chiesa o denunciati alla polizia.
Il film si apre con la storia di una donna di 39 anni, Anna Misiewicz, che torna in una parrocchia a Topola, un villaggio vicino a Cracovia, per affrontare un anziano prete che l’ha molestata quando aveva circa 7 anni.
Impaurita e con una macchina fotografica nascosta, Misiewicz dice al prete di come il suo abuso le impedisca ancora di dormire la notte. Quando gli ricorda che l’aveva baciata e aveva usato le mani per masturbarsi, il prete ammette la sua trasgressione con lei e con altre ragazze.
Esprime rimorso e accusa il diavolo.
“So che non avrei dovuto farlo, non avrei dovuto toccarti o baciarti, so che non dovrei avere simili passioni,” le dice il prete. Costui è identificato solo come padre Jan A. e la sua faccia è sfocata nel film perché non è stato ancora condannato.
Il film dice inoltre che il reverendo Dariusz Olejniczak, un prete condannato per aver molestato ragazze di 7 anni, ha potuto continuare a lavorare con i giovani per diverso tempo.
Un’altra vittima, Marek Mielewczyk, racconta di aver subito abusi sessuali all’età di 13 anni. Il perpetratore gli aveva ordinato “di non dire a nessuno quello che era successo”, nemmeno durante la confessione.
Come dicevamo anche prima, i politici polacchi hanno avuto una sorta di reazione al film, promettendo di adottare un approccio più severo per fermare gli abusi sessuali sui minori.
Il procuratore generale ha detto di aver aperto un’indagine contro i crimini rappresentati nel film.