Immaginate di vivere 30 anni della vostra esistenza prigionieri all’interno del vostro stesso corpo, con la mente immutata al trascorrere del tempo, mentre al contrario il mondo là fuori continua imperterrito a girare, incurante di tutto e tutti.
Come vi sentireste? Considerereste una vita di questo tipo degna di essere vissuta?
Queste, le domande che di primo impatto sorgono nella mente guardando quel bellissimo titolo che è “Risvegli“; un film non nuovo, non recente, essendo datato 1990, ma che proprio per le tematiche trattate risulta più che mai attuale, contemporaneo.
Adattato dall’omonimo libro di Oliver Sacks, “Risvegli” è diretto da Penny Marshall e racconta la storia di Malcolm Sayer (trasposizione fittizia dello stesso Sacks e qui interpretato da Robin Williams), un medico smanioso di aiutare gli altri che, nel 1969, somministra ai pazienti affetti da catatonia causata dall’encefalite letargica un farmaco sperimentale, chiamato L-DOPA.
Nonostante i pareri scettici degli altri dottori, i risultati del test di Sayer non tardano ad arrivare: i pazienti a cui è stata somministrata la L-DOPA si iniziano infatti a risvegliare dal loro stato dormiente uno alla volta, tornando ad essere quello che erano un tempo, pur a distanza di anni e anni.
Il film segue in particolare le vicende che ruotano attorno al primo paziente risvegliato, ovvero Leonard Lowe (un magistrale Robert De Niro), che è rimasto in stato catatonico per oltre trent’anni, sin da quando era ancora un bambino.
Pian piano, però, la situazione idilliaca inizia a peggiorare: Leonard mostra evidenti segni di squilibrio mentale, dall’aggressività alla paranoia, e il suo corpo comincia ad essere attraversato da spasmi e tremori sempre più convulsi. Viene dunque amaramente rivelata la doppia natura del farmaco: funziona sì, ma crea una rapida assuefazione nei pazienti, costringendo ad aumentarne di giorno in giorno il dosaggio di assunzione, il che tuttavia provoca di rimando pericolosi effetti collaterali.
Il sogno di Sayer di risvegliare in via definitiva i pazienti affetti da catatonia, allora, sfuma nell’oblio dei limiti umani.
Una trama per certi versi molto semplice e lineare, quella del film “Risvegli“, priva di chissà quanti colpi di scena, e che trova la sua ambientazione pressochè interamente all’interno dell’ospedale dove il dottor Sayer lavora.
Eppure, il film riesce a tenere lo spettatore con gli occhi incollati allo schermo grazie al mix perfettamente bilanciato di emozioni che trasmette: dapprima il senso di empatia provato nei confronti di Leonard e degli altri pazienti, vittime innocenti di un destino non clemente che li ha costretti a rimanere fermi ad osservare un presente sempre uguale, poi l’emozione di vederli tornare alla vita, una sensazione di gioia euforica riflessa nei loro stessi occhi e in quelli del personale ospedaliero, poi ancora, veloce come un pensiero, il dolore amaro, pungente, di quando si arriva a comprendere l’inevitabile, che la speranza non esiste più, e che il futuro è già stato scritto, per tutti loro.
“Risvegli” crea dunque in chi si trova dall’altra parte dello schermo un calderone di sentimenti tutti diversi, uniti però da un filo rosso: quello della tenerezza, da non confondere con la pena o la compassione, che sono cose totalmente diverse.
Perchè Leonard e gli altri, dal primo momento in cui si fa la loro conoscenza, toccano il cuore. Toccano il cuore con tutta la dolcezza propria di individui indifesi che neanche sanno più chi sono, toccano il cuore quando si risvegliano e si rendono conto di aver perso buona parte della loro vita, che mai verrà loro restituita, toccano il cuore quando si approcciano al nuovo presente con l’innocenza di bambini che stanno scoprendo il mondo per la prima volta, toccano il cuore quando si accorgono che, al contrario dell’immobilità statica che per anni ha dominato le loro giornate, quel presente fatto di passeggiate, risate, canti e balli è solo un fugace momento, rapido e breve, destinato a sfumare per non tornare più.
E allora ci si chiede davvero quale sia il senso della vita, vedendo queste scene, vedendo tutti questi individui-marionette i cui fili vengono manovrati da altri, e si riflette sul fatto che forse davvero nella nostra, di vita, diamo troppo peso a delle inutili sciocchezze, perdendo ciò che più conta, mentre il tempo fugge via.
“Di doman non c’è certezza“, cantava Lorenzo “Il magnifico” de’ Medici.
“Cogliete l’attimo, ragazzi“, ripeteva lo stesso Robin Williams ne “L’attimo fuggente“.
Ecco, l’insegnamento più grande e profondo che lascia il film “Risvegli“, alla sua conclusione.
Godere del presente, di ciò che abbiamo, delle persone che ci amano e delle cose che ci rendono felici.