Emily in Paris può ancora presentare i migliori look della TV, ma la terza stagione, a differenza della prima, non è così chic. Questo è un po’ il giudizio della mia recensione della 3° stagione di Emily in Paris.
Emily in Paris ha avuto un bel viaggio nel mondo televisivo. La prima stagione, su una ragazza delle pubbliche relazioni di Chicago che si dirige verso la Città dell’Amore, è stata derisa dalla critica, salutata come un segno che Netflix stava rinunciando alla TV di qualità e sfornava invece serie stereotipate. A dire la verità al sottoscritto la prima stagione di Emily in Paris era piaciuta, ma la seconda invece mi trovava d’accordo con quel giudizio negativo della critica televisiva. Ma il creatore Darren Star ha promesso di appianare i nodi, e quando è arrivata la terza stagione, pensavo che quei difetti visti nella seconda stagione di Emily In Paris, fossero spariti. Purtroppo non è stato così.
La terza stagione riprende pochi giorni dopo il finale della scorsa stagione, che ha visto l’affascinante Emily (Lily Collins) protagonista di un limbo professionale, emotivo e geografico. Deciderà di seguire la distaccata Sylvie (Philippine Leroy-Beaulieu) nella sua nuova agenzia di pubbliche relazioni, o tornerà a Chicago con il suo capo storico e incinta Madeline (Kate Walsh)? Sceglierà il fidanzato britannico Alfie (Lucien Laviscount) o lo chef e suo ex Gabriel (Lucas Bravo), che comunque è tornato insieme alla sua amica Camille? Nella sua lezione di francese, a Emily viene chiesto di tradurre una citazione di Sartre: “Ne pas choisir c’est encore choisir”. Non scegliere significa fare una scelta. Questa frase Emily la riscoprirà anche in futuro e segnerà molto il suo personaggio in questa terza stagione.
Prendendo come fonte di ispirazione alcune sue antenate della commedia romantica, Emily incanala il suo panico cambiando look di capelli e presentandosi con una una frangia aggressiva. C’è poco da scrivere sulla performance di Collins nei panni di Emily che non sia già stato detto. Non è così deliziosa come “Emily in Paris” vuole farci pensare che sia, ma nessuno potrebbe definire Collins insipida per via delle sue espressioni facciali, in cui alza spesso le sopracciglia così in alto che colpiscono la sua nuova frangia. Mentre lotta per scegliere chi sia il suo capo ideale, viene spinta dalla serie verso la donna ingannevolmente chic Sylvie, che vince sulla vistosa e prepotente Madeline. Mentre molti dei ruoli secondari hanno acquisito profondità nel corso degli anni (Ashley Park nei panni della coinquilina di Emily, Mindy, in particolare, ha molto da fare in questa stagione), Madeline è già stata dimenticata da Emily in Paris. Diciamo che i personaggi più interessanti sono Ashley e Camille Razat che interpreta Camille. Alcuni vengono un po’ dimenticati. Avrei sicuramente approfondito la diatriba tra Emily e Julien (Samuel Arnold) che era in disaccordo sui modi di operare di Emily ma la serie, probabilmente, non aveva voglia di mettere ancora più in luce, i difetti del suo personaggio principale.
Il mondo dell’alta moda continua ad essere la cosa migliore di questa serie TV, oltre la fotografia di Parigi e il modo in cui sfrutta – anche se meno – i social per presentare alcune scene. Ma questa esaltazione bella della cultura modaiola si sente in disaccordo con il primo episodio, che è essenzialmente una pubblicità di McDonald’s di 40 minuti piena di ingombranti inserzioni di prodotti. In questi momenti, Emily in Paris è riuscito a farmi perdere l’attenzione verso la sua storia. La prima stagione mi era piaciuta un sacco e mi sarei aspettato un increscendo continuo ma purtroppo non è stato così.
La Recensione
Emily in Paris 3
Ci sono bellissimi scatti panoramici di Parigi, impressionanti sfilate di moda, alcuni interessanti colpi di scena ma anche dinamiche relazionali leggermente ridicole, spot che fanno perdere l'attenzione dello spettatore e il personaggio di Emily è solo una pubblicità di come gli Americani siano migliori e perfetti, a cui tutto gira per il verso giusto.
PRO
- Parigi è sempre bellissima
- Look sempre da prima pagina di Vogue
CONTRO
- Cliché infiniti
- Dinamiche relazionali strane
- Il personaggio di Emily
Inguardabile la serie, gli attori e la trama. Sembra un fumetto. L’attrice che interpreta Sylvie dovrebbe essere fascinosa, invece è avvizzita, smorfiosa e assai poco attraente. Lily Collins è fresca e carina ma il suo personaggio rischia l’idiozia, per non parlare dello chef bambolotto che non si capisce cosa e chi vuole davvero. La cosa più negativa, però, è che tutti ottengono tutto quello che vogliono per magia, senza fatica. Un messaggio fuorviante e manipolatore