Con Fahrenheit 11/9 il Premio Oscar Michael Moore torna a parlare della politica americana e a sviscerare quindi le problematiche del suo paese. Così come ha fatto in passato con il documentario Fahrenheit 9/11, dove puntava il dito contro la politica di George W. Bush, con il suo nuovo film Michael Moore si scaglia contro Donald Trump.
La narrazione e lo stile del nuovo documentario di Michael Moore è quello che già conosciamo: il regista è sempre presente, o come voce narrante o fisicamente in scena, e il suo sguardo non è mai imparziale, piuttosto dichiaratamente di parte.
L’intento è quello di analizzare la situazione politica degli Stati Uniti a tutto tondo, riconoscendo a Trump i propri errori e difetti, senza risparmiare nemmeno la parte democratica, colpevole a sua volta del risultato delle ultime lezioni.
L’inizio ironico di Fahrenheit 11/9
Non sono mancati momenti ironici, tipici dello stile di Moore, soprattutto nella parte iniziale del documentario. Tutto infatti parte dal narrare le ultime ore prima dei risultati elettorali dove tutti davano per certa la vittoria dei democratici, capitanati da Hillary Clinton. Gli elettori, le varie forze politiche, i media… Nessuno si aspettava la vittoria di Trump, tanto meno Trump stesso.
L’ascesa di Donald Trump ci viene quindi raccontata come una “scommessa” vinta come se nemmeno lui stesso riuscisse a crederci; eppure proprio il dare poca importanza alle azioni e alle parole di un dichiarato razzista, sessista e misogino come Trump, proprio il dire “è impossibile che accada” fa infine accadere le cose peggiori. Michael Moore stesso, in tempi non sospetti, aveva dichiarato di Trump “non va sottovalutato“.
Moore incolpa prima di tutti la stampa e i media che, pur di parlare di lui, hanno usato Trump come una gallina dalle uova d’oro dandogli sempre più visibilità. E mentre tutti ridevano, e nessuno credeva possibile una cosa del genere, Trump vinceva le elezioni diventando il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America.
Uno sguardo che si sposta su diversi fronti
In Fahrenheit 11/9 lo sguardo di Moore si sposta su diversi fronti, partendo dalle vicende legate a Flint, cittadina del Michigan avvelenata da acque contaminate, passando per le sparatorie nelle scuole, gli scioperi degli insegnanti per l’assicurazione sanitaria, la legittimazione di un nuovo razzismo contro l’immigrazione fino alla costruzione del muro sui confini messicani.
Il quadro offerto dal regista è completo e complesso, ma non fa sconti a nessuno, riconoscendo anche ai democratici la propria fetta di colpe, dall’atteggiamento troppo votato al compromesso, e alla moderazione. Neanche Barack Obama viene risparmiato, anzi additato come primo responsabile per la perdita di fiducia dei cittadini, molti dei quali non si sono recati a votare servendo sul piatto d’argento la vittoria a Donald Trump.
Conclusioni sul documentario Fahrenheit 11/9
Il documentario di Moore spinge ad una riflessione che va oltre i confini degli Stati Uniti, arrivando a coinvolgere tutti noi, nascosti nell’oscurità della sala cinematografica. Il monito può valere per le situazioni politiche di tanti paesi e riguarda il non lasciare che le cose accadano semplicemente perché si crede siano impossibili o incostituzionali.
Moore ci regala uno sguardo terrificante sulla realtà verso la quale stiamo andando incontro e ci spinge a cambiare il nostro atteggiamento passivo. Una vera e propria soluzione non ci viene data (e come potrebbe…) ma l’invito resta chiaro, ed è quello di attivarsi, di non restare muti e immobili verso i soprusi della politica e soprattutto a temere anche le cose che ci sembrano impossibili.
Nel documentario molto spazio viene dato anche al movimento portato avanti dai ragazzi sopravvissuti alla strage di Parkland, con il chiaro intento di mettere il futuro nelle mani delle nuove generazioni. Una speranza suggerita, una fiducia che oggi giorno, i più giovani, hanno assolutamente bisogno di ricevere.
Fahrenheit 11/9, dopo essere stato presentato allaFesta del Cinema di Roma 2018, sarà nei cinema dal 22 al 24 ottobre, e poi in onda in esclusiva su La7.
La Recensione
Fahrenheit 11/9
Il nuovo documentario di Michael Moore lancia uno sguardo a tutto tondo sulla situazione politica allarmante degli Stati Uniti d'America. Il regista si scaglia dichiaratamente contro Donald Trump, ma non solleva dalle proprie colpe nemmeno le altre forze politiche. Un film che fa riflettere sulle dinamiche sociali e politiche che oggi giorno non riguardano soltanto gli USA, ma anche altri paesi, Italia compresa.
PRO
- Lo sguardo ironico e diretto del regista
- L'analisi approfondita della situazione politica attuale
CONTRO
- A volte dispersivo