Prendiamo una coppia di novelli sposi, Grace e Alex, che hanno celebrato la cerimonia nella tenuta di famiglia di lui. Ricchissimi, i Le Domas possiedono una casa elegante e indossano abiti raffinati. Sembra quasi impossibile per Grace riuscire a far parte di una dinastia così prestigiosa. Prendiamo, adesso, i classici dissapori tra suoceri e partner, tra nuore e fratelli del coniuge che non stanno simpatici. Esageriamo l’insofferenza e l’invidia, unite al fatto che i Le Domas rispettano una tradizione molto particolare. Ogni nuovo arrivato, la prima sera, deve partecipare ad un gioco di società. Come di quelli a cui siamo abituati: dama, carte, nascondino. La scelta è fatta in base a quale opzione è estratta a sorte. Grace pesca, ed esce nascondino. La sposa si nasconde, la famiglia di lui la cerca. Se la trova, lei dovrà subire una penalità non indifferente: morire. Questa la trama di Finché morte non ci separi, un film del 2019 diretto da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett. Una dark comedy a tinte horror interpretata, tra gli altri, da Samara Weaving, Adam Brody, Mark O’Brien, Henry Czerny e Andie MacDowell.
Tony: A te piace giocare?
Grace: Beh, dipende dal gioco che faremo.
Tony: Lo sapremo tra un momento.
Affari di famiglia
La famiglia, che lo vogliamo o no, occupa una parte considerevole del nostro tempo mentale e materiale, e ci influenza nelle scelte di tutti i giorni. Abitudini e tradizioni poi la rendono diversa dalle altre, ed è quello che accade anche ai Le Domas. Fieri di una celebre e redditizia eredità degli avi, oggi sono conosciuti come prestigiosi imprenditori del settore del divertimento, produttori di giochi da tavolo di tutti i tipi. Insomma, non è sempre facile entrare nelle dinamiche di una famiglia con le sue tradizioni e abitudini. Soprattutto se non è concepito un “pazienza, posso non vederli più”. E in Finché morte non ci separi, il concetto di “famiglia strana con cui però cerco di andare d’accordo” è portato all’estremo. Così come sono estreme le reazioni dei Le Domas. Folli e totalmente sconsiderate.
Poveri dentro
L’eterna questione tra ricco dentro e ricco materiale. Quante volte l’abbiamo sentita e ci siamo chiesti dove stia il confine tra avere e donare, e avere e ostentare. I Le Domas appartengono alla categoria dei benestanti, ma hanno perduto qualsiasi sentimento di condivisione e altruismo. Il privilegio che esercitano diventa pericoloso nelle loro mani, così come il diritto che sentono di avere nel fare il bello e il cattivo tempo. In questo caso, sulle sorti di Grace, a favore del mantenimento delle tradizioni familiari. Quasi a dire che non sempre la fortuna è consegnata nelle mani di chi davvero ne sa fare buon uso.
A che serve una casa splendidamente arredata, abiti pregiati e dipinti dall’inestimabile valore allineati lungo i corridoi, se poi tutta questa opulenza corrisponde ad un vuoto interiore? È questo che sembra domandarsi il film, e la riflessione è girata anche allo spettatore. E cosa sta dietro al divertimento di una borghesia annoiata e senza più sentimenti, se non invidia, crudeltà e superiorità? Se il denaro e il potere possono davvero cambiare un uomo, c’è da chiedersi se l’ago della bilancia cada sempre dal lato negativo. E il rispetto delle istituzioni millenarie è necessario per mantenere le tradizioni, ma si ci potrebbe domandare se queste tradizioni valga davvero la pensa seguirle, sempre e comunque.
Le conclusioni
Le premesse erano molto buone: partiamo da una scenografia interessante e sofisticata, e anche la pacata follia dei Le Domas risultava molto affascinante sulla carta. Il risultato però non è stato all’altezza delle aspettative. Troppi personaggi portati in scena ma senza un vero approfondimento psicologico, dentro una sceneggiatura con buchi nella trama, fino ad arrivare al finale inaspettato ma non spiegato a dovere. L’unico personaggio con un minimo di interesse psicologico è Grace, rappresentata come “donna forte”, tosta e senza problemi ad usare le parolacce. Non la classica principessa da salvare, e meno male! Troviamo anche delle scene al rallentatore che rendono quei momenti più epici, insieme ad una musica lirica e a sangue ovunque. Di certo non si può dire che manchino delle morti originali. In conclusione, Finché morte non ci separi poteva dare tanto ma non si distingue dagli altri e si chiude con un finale così irrealistico e incoerente, da compromettere anche tutto il resto del film.
La Recensione
Finché morte non ci separi
Un film che prometteva di unire eleganza e splatter, ma che forse non ha mantenuto il proposito fino al gran finale, penalizzato da incoerenza e personaggi solo abbozzati.
PRO
- Scenografia interessante
- Personaggio di Grace
CONTRO
- Poco approfondimento psicologico dei personaggi
- Finale surreale e incoerente
- Buchi nella trama
concordo