Ricordate “Il Buco“? Quel film distopico, claustrofobico e disturbante ambientato in una prigione verticale dove i prigionieri devono sopravvivere con il cibo che scende da un’enorme piattaforma, partendo dai livelli superiori e scendendo fino ai più bassi, dove di solito rimane ben poco o niente? Era un’ottima metafora delle disuguaglianze economiche, perfettamente in linea con i tempi della pandemia, quando chi stava “ai piani alti” aveva risorse in abbondanza e chi stava in basso doveva lottare per le briciole. Una critica sociale spietata, con una semplicità narrativa che colpiva dritto allo stomaco.
Quindi, quando ho saputo che era stato rilasciato “Il Buco – Capitolo 2”, ho subito preparato il divano e i popcorn, pronto a un nuovo giro di orrore distopico giusto in tempo per la stagione delle spooky vibes. Ma, ahimè, quello che mi è stato servito è stato del tutto indigesto. Ecco la mia recensione, dove vi spiegherò perché questo sequel, più che soddisfare la fame di un buon film horror, lascia lo spettatore affamato… e non in senso positivo.
Un’apertura promettente: cibo, armi e nuove regole
La prima parte di “Il Buco – Capitolo 2” ci introduce a una nuova serie di regole e rituali tra i prigionieri. I nuovi detenuti devono dichiarare il loro pasto preferito e scegliere un oggetto per la loro sopravvivenza. Questa premessa prometteva bene: un ritorno alla formula base del primo capitolo, ma con un twist che poteva creare dinamiche interessanti. Siamo subito presentati ai nuovi protagonisti, Perempuan (interpretata da Milena Smit) e il suo misterioso compagno di cella Zamiatan (Hovik Keuchkerian). Sono al livello 24, uno dei più “privilegiati”, dove le regole stabilite dagli altri prigionieri sembrano ancora funzionare.
Il sistema è semplice: mangia solo il tuo pasto, non toccare il cibo degli altri, e se vuoi qualcos’altro, negozia con chi lo ha richiesto. Semplice, no? Eh, non proprio. Ovviamente, quando si cerca di controllare un sistema basato sulla scarsità, c’è sempre qualcuno che sgarra, e Zamiatan è il primo a rompere le regole, causando un effetto domino che spinge il film verso i suoi sviluppi più inquietanti.
Dalle stelle (dei livelli superiori) alle stalle: il caos del sistema
Quando la situazione degenera, Perempuan e Zamiatan vengono trasferiti al livello 180, dove le cose sono decisamente più cupe. Qui il film riesce a ricreare quell’atmosfera claustrofobica e disperata che aveva funzionato bene nel primo capitolo. Le dinamiche tra i due protagonisti diventano più tese, e l’idea di un sistema “giusto” crolla, rivelando il lato più brutale della prigione. Fin qui, tutto bene: la tensione cresce, l’angoscia si fa palpabile e il film sembra voler riprendere il filo conduttore del predecessore.
Un plot troppo complicato: quando la semplicità è la chiave (e qui manca)
Purtroppo, però, “Il Buco – Capitolo 2” non riesce a mantenere questa tensione per tutta la durata. Se nel primo film la semplicità della trama e della metafora funzionava come un pugno nello stomaco, qui il regista Galder Gaztelu-Urrutia decide di complicare le cose. Introduce nuovi personaggi, come i lealisti, una sorta di milizia incaricata di far rispettare le regole con una ferocia quasi religiosa, ma senza un chiaro motivo dietro le loro azioni. Siamo di fronte a una sorta di allegoria religiosa mal sviluppata che lascia più domande che risposte.
Ma aspetta, c’è di più: non solo non capiamo le motivazioni dei lealisti, ma non è chiaro nemmeno dove ci troviamo. La prigione fluttua nello spazio? È un’inferno metafisico? Un esperimento sociale su larga scala? Nessuna di queste domande ottiene una risposta chiara, e ciò che nel primo film sembrava un sistema ben definito e radicato nella critica sociale, qui si trasforma in un caos di simboli confusi e tentativi di allegoria politica.
Una narrazione che perde il filo
La struttura narrativa di questo sequel si allontana dal minimalismo che rendeva così efficace “Il Buco”. La seconda metà del film è un vero delirio di trame e sottotrame che finiscono per appesantire la storia, distogliendo l’attenzione dal messaggio di base. Personaggi del primo film fanno apparizioni senza motivo, gruppi di bambini combattono per salire su una piramide d’acciaio, e nessuno sembra sapere cosa stia succedendo. Questo sovraccarico di elementi e il tentativo di introdurre nuove storyline finisce per confondere e stancare lo spettatore, che si ritrova a chiedersi: “Ma cosa sto guardando?”.
Il problema è che un film del genere dovrebbe scatenare empatia per i personaggi e le loro condizioni. Ma con tutti i personaggi ridotti a stereotipi monodimensionali, è difficile sapere per chi fare il tifo. Perché dovrei preoccuparmi delle sorti di qualcuno di cui non so nulla e di cui non capisco le motivazioni? Questa mancanza di connessione emotiva è un difetto fatale per un film che dovrebbe evocare sentimenti di rabbia e frustrazione nei confronti di un sistema ingiusto.
Un’occasione sprecata o un sequel necessario?
Era davvero necessario un sequel di “Il Buco”? Forse sì, se avesse avuto qualcosa di nuovo e coerente da dire. Ma questo sequel sembra un tentativo di sovrastrutturare una formula che funzionava proprio per la sua semplicità. Il regista ha dichiarato di voler esplorare ulteriormente l’universo di “Il Buco”, creando una sorta di Platform-verse. Un’idea ambiziosa, certo, ma che rischia di trasformarsi in un’operazione commerciale in contrasto con il messaggio anti-capitalista del film originale. Insomma, un bel paradosso, ma anche un po’ ironico: un film che critica il capitalismo diventa parte integrante della macchina capitalista di Netflix.
Conclusione: il sequel che non sa cosa vuole essere
“Il Buco – Capitolo 2” aveva un potenziale enorme, ma finisce per crollare sotto il peso delle sue stesse ambizioni. Se avesse mantenuto la stessa chiarezza e linearità del primo film, avrebbe potuto replicare il successo del predecessore e portare il messaggio sociale a un livello ancora più profondo. Invece, il film si perde in trame inutili, personaggi poco sviluppati e simbolismi che non portano a nulla di concreto.
Ma ora tocca a te: sei d’accordo con me? Pensi che “Il Buco – Capitolo 2” abbia davvero perso l’occasione di dire qualcosa di significativo? Oppure hai apprezzato la complessità aggiunta? Lascia un commento qui sotto e fammi sapere la tua opinione!
La Recensione
Il Buco - Capitolo 2
Un sequel che complica un'idea semplice, perdendo l’impatto dell’originale. Un mix di trame confuse e simbolismi poco chiari.
PRO
- Ambientazione intrigante che rinnova il genere distopico con un tocco visivo originale.
CONTRO
- Trama confusa e sovraccarica di simbolismi poco chiari.
- Personaggi poco sviluppati che non suscitano empatia.
- Ho fatto fatica a capirci qualcosa.