Se ti aspetti la storia del mito, del calciatore, allora forse Il Divin Codino non ti soddisferà in tutto e per tutto, questo perché il film diretto da Letizia Lamartire è stato pensato prima di tutto come un biopic su Roberto Baggio come uomo.
Per tutti noi Baggio è stato ed è uno dei calciatori più grandi e amati del mondo, ma nel film che è uscito pochi giorni fa su Netflix troverai un racconto più intimo, che si insinua tra le pieghe della grande carriera calcistica, e che, più che raccontare le luci e i successi, ci tiene a raccontare le ombre, i momenti bui e le difficoltà.
Sì perché, anche ad essere Roberto Baggio, non è sempre stato tutte rose e fiori. Noi lo amiamo, anche quando non siamo particolarmente seguaci del calcio, e probabilmente nemmeno ricordiamo il perché di tanto amore. Eppure forse, il motivo di tanta stima nei suoi confronti, sta proprio nel suo modo di essere a 360 gradi, e non solo con ai piedi gli scarponcini da calcio.
La questione è forse centrale nel film, che decide di raccontare un calciatore che inizia il suo cammino come giovanissimo, diciassettenne, figlio tra otto figli, in una famiglia che non bada a fronzoli ma che è un bagaglio che, come per tutti noi, resta sulla schiena per tutta la vita, e ci forma, ci condiziona e ci guida in ogni passo.
Di cosa parla il film Il Divin Codino?
Ma partiamo dall’inizio…
La storia del Divin Codino inizia quando, soltanto diciassettenne, Roberto Baggio viene comprato dalla Fiorentina, una squadra che lo trascina dritto in Serie A e verso un futuro glorioso. Un calciatore giovane, una vera e propria promessa, sulla quale molti hanno riposto le speranze per il futuro del calcio italiano.
Proprio nel momento più bello, il momento in cui Robby sta per spiccare il volo della sua carriera, ecco che un primo, grave infortunio gli sega le gambe. La rottura del crociato, l’intervento al ginocchio, e i lunghi tempi di recupero e fisioterapia, spezzano le ali del sogno sul nascere, gettando Baggio in un momento di grande difficoltà.
Ed è proprio qui, nel momento in cui chiunque altro probabilmente avrebbe ridimensionato i propri sogni, che Roberto decide di non mollare. Non che non ci abbia pensato, ma a trattenerlo e a spingerlo verso la ripresa è stato forse l’incontro più fortunato della sua vita, quello con il Buddismo.
La visione filosofica e di vita che sta alla base del Buddismo, ha aiutato Baggio a continuare a credere nel suo sogno, a fissarsi un obiettivo e a procedere, passo dopo passo, verso di esso.
Ed è proprio questo obiettivo, il punto verso il quale anche il film mira, fino a trascinarci in uno dei momenti topici della carriera di Baggio: il rigore nella finale dei mondiali del 1994. Un momento che è stampato a fuoco nella mente di tutti noi, quel rigore tirato troppo alto che ha decretato la sconfitta della nostra nazionale. Un errore che ha pesato sul cuore di Baggio per tutta la vita, e che come lui stesso ripeterà più volte “Un errore che non avevo mai fatto in tutta la mia carriera”.
E dunque… se questo era l’obiettivo che si era posto il personaggio e il film all’inizio, dove andrà a parare la trama?
Non rivelerò altro, ma ci tengo a sottolineare che in questo film non troverai il Roberto Baggio delle grandi vittorie, del Pallone d’Oro, dei successi e dei grandi applausi (o almeno lo troverai solo in parte). Ne Il Divin Codino si salta una grande, enorme fetta della carriera del calciatore, per andare dritti verso un livello diverso, più umano e intimo.
Perché guardare il film Il Divin Codino?
In primis perché è una bella storia raccontata molto bene (la sceneggiatura è stata scritta da Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo), una storia emozionante, la storia di un uomo che non è dedicata soltanto a chi ama il calcio, ma a tutti coloro che, nei momenti più bui decidono di non mollare.
Altro motivo per dedicare una serata a Il Divin Codino, è perché il cast è davvero eccezionale, con un bravissimo Andrea Arcangeli nei panni del protagonista; Valentina Bellè in quelli di Andreina, fidanzata e poi moglie e compagna di tutta una vita di Baggio; Andrea Pennacchi, unico nei panni del padre di Baggio, Florindo, e via via tutti gli altri attori, tutti meravigliosamente naturali.
Anche la regia di Letizia Lamartire, merita una menzione nel perché guardare il film, perché è una regia semplice, sincera, che ben si accosta al tema del film e che sa donare quello sguardo e quella sensibilità al femminile che rendono il film su Baggio così particolare ed emozionante.
In conclusione, Il Divin Codino è un film che forse condensa un po’ troppi anni di carriera in pochissime scene, ma che sa farlo bene andando a sottolineare i momenti meno brillanti del Campione, ma fondamentali per l’Uomo.
Per chiunque ami Roberto Baggio, questo film sarà un po’ come ritrovare un amico, e per chi non lo conosce bene, una bellissima scoperta. Il Divin Codino saprà insegnare qualcosa ad ognuno di noi, anche allo stesso Baggio, che sul finire del film continua a chiedersi il perché di tanto amore da parte della gente, e come gli suggerisce suo padre “forse ti amano proprio perché quel rigore l’hai sbagliato…”.
Ultima nota di merito è da fare alla colonna sonora, che vede la presenza, nei titoli di coda, della canzone molto bella di Diodato L’uomo dietro il campione (puoi leggerne qui testo e significato) che condensa nel titolo il senso di tutto il film.
Se non hai ancora visto il film, o se l’hai visto e vuoi dire la tua, fammi sapere cosa ne pensi lasciando un commento qui sotto.
La Recensione
Il Divin Codino
Un biopic su Roberto Baggio che racconta più l'Uomo che il Campione, soffermandosi più sulle ombre, i momenti bui e le difficoltà che sulle luci. Un ritratto bellissimo, emozionante, a storia di uno dei calciatori più amati della storia del calcio.
PRO
- Sceneggiatura
- Regia
- Cast e recitazione
CONTRO
- Salta molto della carriera calcistica di Baggio