Niccolò Paganini, nato a Genova il 27 Ottobre 1782, è considerato di diritto uno dei più grandi e celeberrimi violinisti della storia mondiale della musica. Ciò grazie indubbiamente ad una spiccata predisposizione individuale, alla profonda dedizione per il violino mostrata fin dalla più tenera età, alla costanza degli studi in materia che svolgeva da autodidatta… ma non solo; secondo alcune dicerie ampiamente diffuse tra i suoi compaesani, infatti, il merito di tale esosa bravura era dovuta nientepopodimeno che al Diavolo.
Racconti popolari, questi, che gravavano intorno alla figura di Paganini sin da quando egli era poco più che un neonato. Fu proprio in tale periodo che il piccolo Niccolò si ammalò gravemente di morbillo, che lo mandò all’altro mondo. O meglio, così sembrava. Il lenzuolo col quale era coperta la sua salma, infatti, si mosse ben presto dopo la sua apparente dipartita: Paganini era tutt’altro che morto. Nulla di chissà quanto strano, però: il morbillo gli aveva semplicemente causato un’acuta forma di encefalite virale, responsabile dello stato di profonda catalessi che lo aveva privato per qualche tempo delle funzioni vitali. Ma vaglielo a dire, alla gente di quell’epoca, che si convinse che Paganini fosse “resuscitato” grazie all’intercessione del Diavolo in persona, che lo aveva preso come suo protetto.
Abitudini particolari
Crescendo, le dicerie circa il rapporto tra Paganini e il re degli Inferi rimasero fedelmente cucite addosso all’artista, che anzi, le acuì volontariamente: indossava infatti sempre e solo abiti scuri che accentuavano il pallore smunto del viso, reso scarno e scavato dalla sifilide che lo affliggeva da molti mesi (e le cui cure gli fecero inoltre, come effetto collaterale, perdere quasi tutti i denti); si presentava ai concerti sempre a bordo di una carrozza nera trainata da cavalli del medesimo colore, e le sue movenze erano costantemente febbrili, concitate fino allo stremo. Proprio come se avesse il Diavolo alle calcagna, insomma.
In realtà anche in questo caso tale mobilità atipica sembra avere una spiegazione concreta e scientifica, che nulla ha a che vedere col paranormale: era infatti dovuta probabilmente alla sindrome di Marfan (una rara malattia ereditaria) che a quanto pare affliggeva l’artista fin dalla giovane età, e che era anche la responsabile della forma estremamente allungata e sottile delle sue dita.
Dicerie criminali
Nonostante il suo aspetto e tutto ciò che si raccontava in giro su di lui, però, Paganini godeva di notevole successo presso il gentil sesso, ma anche intorno ai suoi incontri amorosi iniziarono ben presto a girare strane voci.
Si diceva infatti che Paganini avesse ucciso una delle sue amanti – probabilmente una prostituta dal nome sconosciuto – al fine di estrarne le viscere da usare per costruire le corde del proprio violino. Paganini non negò mai nulla di tutto ciò, probabilmente più che altro per furbizia, visto il fascino oscuro che incuteva il suo personaggio nel pubblico, che dicerie come questa non facevano altro che acuire.
Un’etichetta cucita addosso
La reputazione di “indemoniato” perseguitò Paganini non soltanto per l’intera durata della vita, ma anche dopo la morte, avvenuta per malattia il 27 Maggio del 1840, a Nizza.
Qui, il vescovo gli negò i funerali e la sepoltura in terra sacra, che fecero sì che il corpo dell’artista venisse imbalsamato e tenuto nella cantina della propria (ex) abitazione, dove molti curiosi andarono a fargli visita per l’ultima volta.
Fu solo dopo ben tredici anni da allora che tutto finì, che l’anima – forse dannata, forse no – di Niccolò Paganini trovo finalmente eterno riposo presso il cimitero della Villetta, a Parma.
L’unica cosa certa: una bravura ineguagliabile
Tante sono le dicerie circolanti sulla tetra e oscura figura di Niccolò Paganini, ma ciò che comunque era – ed è – indubbio era la sua maestria di violinista, demoniaca o no; egli suonava con così tanta veemenza da farsi sanguinare i polpastrelli e da rimanere a fine concerto con una sola corda di violino intatta (quella del “sol“) con la quale riusciva a suonare lo stesso magistralmente, come nessun altro.
Celebre dell’artista era anche la sua bravura ad improvvisare; famosa in tal senso è la frase “Paganini non ripete“, pronunciata dal violinista durante un concerto tenutosi nel 1818 al Teatro Carlo Falcone, in risposta al re Carlo Felice, che gli aveva chiesto la ripetizione di un brano.