Nel panorama dell’horror contemporaneo, Immaculate – La Prescelta si presenta come un tentativo di fondere elementi del passato, richiamando il giallo italiano, con una critica sociale legata al controllo del corpo femminile.
Sydney Sweeney, ormai sulla cresta dell’onda dopo il successo di Tutti tranne te e la conduzione del Saturday Night Live, ci regala una performance che dimostra la sua versatilità come attrice, ma purtroppo, nonostante il suo impegno, il film non riesce a mantenere le promesse.
Un inizio intrigante, ma uno sviluppo incerto
Il film di Michael Mohan apre con una sequenza che sembra voler immediatamente posizionarsi nel genere horror religioso. In una scena che richiama i classici del genere, vediamo una giovane suora venire brutalmente uccisa da figure misteriose con maschere rosse. La scena, ricca di tensione, lascia presagire una pellicola densa di atmosfere cupe e mistero. Tuttavia, questa tensione non viene sostenuta durante il resto del film.
La protagonista, Cecilia, interpretata da Sydney Sweeney, arriva in un convento isolato nella campagna italiana, in un periodo temporale volutamente vago. Il convento stesso è presentato come un crocevia tra la vita e la morte: un luogo dove le suore più giovani vengono addestrate e quelle più anziane trovano rifugio fino alla fine dei loro giorni. L’ambientazione è suggestiva, ma la sceneggiatura di Andrew Lobel sembra ignorare l’enorme potenziale di questo contrasto, lasciando il tutto in secondo piano.
La tematica del controllo del corpo femminile: un’occasione sprecata
Uno dei punti di forza che Immaculate avrebbe potuto sfruttare maggiormente è il tema del controllo del corpo femminile, reso ancora più attuale dalle discussioni sull’autonomia delle donne. La trama prende una piega interessante quando Cecilia scopre di essere incinta, nonostante non abbia mai avuto rapporti sessuali. Un miracolo? O qualcosa di più sinistro?
Questa domanda apre la porta a numerosi spunti di riflessione che, però, non vengono mai pienamente esplorati. Il film sembra quasi riluttante nel confrontare direttamente i temi legati alla religione e al controllo del corpo femminile, preferendo invece affidarsi a scenari tipici dell’horror, come visioni spaventose e suore sinistre. Il risultato è una storia che si accontenta di suggerire temi profondi senza mai approfondirli.
L’estetica: una mancanza di visione
Dal punto di vista visivo, Immaculate non riesce a raggiungere lo splendore di quei film gialli italiani che sembrerebbe voler omaggiare. Il genere giallo è noto per il suo uso esagerato del colore e per il suo stile visivamente eccessivo, ma qui siamo di fronte a una fotografia piatta, priva di quella vivacità che potrebbe dare vita al convento e ai suoi segreti. Le scelte visive di Mohan sono drammaticamente poco ispirate; il film è spesso buio e monotono, con una palette cromatica che sembra appiattire piuttosto che esaltare l’ambientazione e l’atmosfera.
Molti potrebbero paragonare questo film a opere come Suspiria, ma è proprio in questo confronto che Immaculate fallisce. Dove film come quelli di Dario Argento esplodono con immagini vibranti e inquietanti, Mohan preferisce mantenere un tono dimesso, lasciando che la tensione visiva si perda in scene che non riescono mai a emergere con forza.
Sydney Sweeney: l’unica a brillare
Se c’è un motivo per vedere Immaculate, questo è senza dubbio Sydney Sweeney. L’attrice americana dimostra qui una versatilità e una profondità emotiva che la posizionano come una delle interpreti più interessanti della sua generazione. Il suo ruolo di Cecilia richiede un notevole sforzo fisico ed emotivo, e Sweeney riesce a tenere la scena con una presenza che va ben oltre la mediocrità del film.
Il personaggio di Cecilia, pur essendo scarsamente sviluppato dalla sceneggiatura, diventa interessante grazie alla performance di Sweeney. È capace di trasmettere un mix di vulnerabilità e forza, soprattutto nelle scene finali, dove raggiunge i momenti più intensi del film. Tuttavia, anche con un’attrice di questo calibro, il film non riesce a elevare la sua narrazione al livello che avrebbe potuto raggiungere.
Un finale intrigante, ma non sufficiente
Il finale di Immaculate è probabilmente il momento più riuscito del film. Senza rivelare troppo, la sequenza conclusiva lascia lo spettatore con un mix di orrore e sorpresa che potrebbe far rivalutare l’intera esperienza. Tuttavia, è difficile non chiedersi se questa conclusione sia stata effettivamente guadagnata. Un buon finale non può salvare un film che manca di coerenza e tensione per tutta la sua durata.
Il film opta per una virata verso il classico “final girl”, trasformando Cecilia in una sorta di eroina sopravvissuta, ma lo fa senza costruire una vera base narrativa che giustifichi questo cambiamento. Alla fine, quello che avrebbe potuto essere un commento sulla maternità e sul controllo del corpo femminile si trasforma in un banale slasher, con momenti di violenza e sangue che sembrano slegati dal resto del film.
Conclusione: un’occasione mancata
In definitiva, Immaculate – La Prescelta è un film che promette molto ma offre poco. Le tematiche potenti legate alla religione, all’autonomia femminile e alla maternità non vengono mai sviluppate pienamente, e il risultato è un horror che si accontenta di sfruttare meccaniche già viste, senza mai spingersi oltre.
Hai visto Immaculate – La Prescelta? Lascia un commento e fammi sapere se anche tu hai trovato il film un’occasione mancata o se invece ti ha colpito!
La Recensione
Immaculate - La Prescelta
Sydney Sweeney è l'unico vero motivo per guardare questo film. La sua interpretazione è intensa e merita di essere vista, ma non basta a sollevare un film che manca di ambizione e visione.
PRO
- La performance di Sydney Sweeney.
- La premessa è intrigante...
CONTRO
- ... ma mal sfruttata.
- Non omaggia a dovere il giallo italiano.
- Narrazione davvero debole.