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La recensione dettagliata per Jack Reacher: Punto di non ritorno
L’eroe della serie di romanzi made Lee Child è tornato, ovviamente con Tom Cruise in versione eroe. Nei libri è biondo e muscoloso, ma Cruise lo interpreta bene, già con il primo film “insolitamente” intelligente, ed ora ritorna con un thriller action straordinariamente grintoso che si sente come l’antitesi della sua missione: “Impossible”. Si tratta di un eroe che invecchia, si fa male e riconosce le leggi della gravità.
Mentre si aggira in America per aiutare gli stranieri, Jack (Tom Cruise) si tiene in contatto con Susan
(Cobie Smulders), che ha ripreso il suo vecchio lavoro come ufficiale comandante di una base della polizia militare. Ma proprio quando decide di incontrarla, lei viene arrestata con accuse inventate. Ed anche lui viene prontamente incastrato per omicidio e rinchiuso. Tutto questo avviene proprio mentre scopre che la quindicenne Samantha (Danika Yarosh) è sua figlia. Così Jack e Susan escono dalla prigione ed insieme a Sam cercano di scoprire perché sono stati improvvisamente collocati dalla parte sbagliata della legge. Tutto sembra risalire ad un ombroso imprenditore privato (Robert Knepper), che ha inviato un killer spietato (Patrick Heusinger) per fermarli.
Nei normali blockbuster d’azione, questo tipo di trama avrebbe presentato il cliché di esplosioni enormi, inseguimenti in macchina e personaggi che sfidano le leggi della fisica. Ma il regista Edward Zwick (che
ha diretto Cruise in L’ultimo samurai) ha un approccio molto più riflessivo, realistico, che dà al film un tono più pacato. Cruise è decisamente più “mortale” in questo ruolo, ed ha la necessità di prendersi un momento di pausa per recuperare dopo ogni pugno. Dal momento che non è invincibile, Jack è molto più coinvolgente come personaggio, tanto più quando affronta temi maturi come l’inaspettata paternità. Colpisce anche il giusto equilibrio di cameratismo con Susan. Tra i due non nascerà la solita e banale storia d’amore tipica degli action-movie.
Commento finale:
Si tratta di un thriller straordinariamente intimo, finemente focalizzato sul viaggio di un uomo che ha ricevuto nuove informazioni che ridefiniscono la sua identità, ed allo stesso tempo sul come deve combattere per cancellare il suo nome. E’ insolitamente stretto e grintoso, il tipo di film che non ha bisogno di un enorme schermo per trasmettere il suo obiettivo. Allo stesso tempo, è così sottile e realistico che potrebbe essere un po’ noioso per alcuni telespettatori abituati agli standard odierni esagerati. Anche se non risulta terribilmente eccitante, lascia il pubblico soddisfatto dopo la sua visione.
La Recensione
Il Verdetto
<p style="text-align: justify;">Si tratta di un thriller straordinariamente intimo, finemente focalizzato sul viaggio di un uomo che ha ricevuto nuove informazioni che ridefiniscono la sua identità, ed allo stesso tempo sul come deve combattere per cancellare il suo nome. E' insolitamente stretto e grintoso, il tipo di film che non ha bisogno di un enorme schermo per trasmettere il suo obiettivo. Allo stesso tempo, è così sottile e realistico che potrebbe essere un po' noioso per alcuni telespettatori abituati agli standard odierni esagerati. Anche se non risulta terribilmente eccitante, lascia il pubblico soddisfatto dopo la sua visione.</p>