È proprio vero, la vera musica spesso la riconosci anche da chilometri di distanza ed è quello che è successo a me parlando con Emanuele Pistucchia, un giovane chitarrista umbro che ha trovato la sua dimensione nel blues USA, dove tutt’ora si esibisce in tour con artisti famosi del panorama musicale statunitense. Parlando con Emanuele sono rimasto colpito dalla sua storia, tant’è che ho deciso di farla diventare un’intervista, così che fosse lui a rendervi partecipi di questa avventura.
1 – Ciao Emanuele, vuoi presentarti agli utenti di Wonder Channel?
Ciao a tutti, mi chiamo Emanuele Pistucchia, sono un chitarrista umbro, precisamente di Viceno, un meraviglioso paesino di poche anime immerso tra le colline. Da due anni vivo negli Stati Uniti, ad Austin, capitale del Texas, dove lavoro come sideman.
2 – Come nasce la tua passione per la musica?
La mia passione per la musica è iniziata molto presto (almeno per quei tempi, da come vedo sui social, sembra che oggi si inizi molto prima). Avevo circa otto anni quando ascoltavo a tutto volume i vinili di Madonna e dei R.E.M. di mia sorella. All’età di nove anni iniziai a prendere lezioni di piano. L’anno successivo, un mio amico mi fece ascoltare qualche brano dall’album “The Game”, dei Queen, nacque così l’amore per la chitarra elettrica, tra le note di Brian May. Da lì non è stato difficile abbandonare il piano e iniziare a prendere lezioni di chitarra.
È stata una fortuna che in un paesino piccolo come il mio, anche i miei pochi compagni di scorribanda fossero appassionati di musica. Formammo in quel periodo la nostra prima garage band, insieme a coloro che sono tutt’ora i miei migliori amici…che periodo fantastico!
3 – Perché la musica blues?
Bella domanda! Onestamente non lo so. Volendo dirti una frase da vecchio bluesman navigato, potrei dire che è il blues che ha scelto me, ma non è andata così. Ascolto da sempre ogni tipo di musica, ma il blues è l’unico genere che mi coinvolge e mi prende completamente. Credo sia sufficiente per amarlo.
4 – Com’è nata questa tua collaborazione con Blake Wharton?
Nel 2013, grazie all’aiuto di un mio caro amico che vive in Texas, sono riuscito a viaggiare per un mese tra Texas, Louisiana e Mississippi. Mi intrufolavo in ogni locale dove facevano jam, cercando di suonare qualche nota insieme ai musicisti locali. In quei giorni ho conosciuto tantissime persone, tra queste Blake Wharton, un songwriter di Denton (Texas) che stava promuovendo il suo nuovo progetto musicale. Sono rimasto in contatto con lui e con il suo manager anche dopo il mio ritorno in Italia. Nel 2015 la mia compagna ha ricevuto un’offerta di lavoro ad Austin e nel frattempo Blake stava cercando un chitarrista per la sua nuova band. Decidemmo di trasferirci negli Stati Uniti, per farla breve a metà ottobre 2015, due settimane dopo il trasferimento ero su un palco insieme alla band di Blake Wharton in un festival al confine coll’Oklahoma. Un mese dopo ero a registrare a Nashville nello studio di Bobby Capps (38 Special) con alla batteria Gregg Upchurch (3 Doors Down, Puddle of Mudd, Chris Cornell). Da lì in poi è stato tutto velocissimo.
5 – Che aria si respira durante un tour? Si tratta di una bella emozione?
Si, sicuramente emozioni bellissime. L’atmosfera è prevalentemente di festa quando sei in giro, ma sia sul palco, durante lo show, sia quando si noleggia una sala prove nei giorni off, si lavora duramente e con la massima serietà.Con Blake abbiamo suonato in posti meravigliosi, California, Arizona, Nevada, e nel Sud America, Nicaragua e Panama. Con Creed Fisher invece, il songwriter country con cui sono in tour quest’anno, suoniamo principalmente nel “Deep South” (Texas, Arkansas, Louisiana, Mississippi, Tennessee), ma quest’estate siamo arrivati anche in Canada. Abbiamo suonato in festival grandissimi e devo dire che vedere il nome della propria band nella lineup insieme a nomi quali Lynyrd Skynyrd, Ozzy Osbourne, David Allan Coe, è veramente emozionante. Lasciami concludere dicendo che la regola fondamentale quando sei in tour rimane sempre quella di essere in sintonia con gli altri componenti della band perché le ore da fare insieme nel tourbus sono veramente tante 🙂
6 – Puoi dire di avercela fatta? Nel senso, di essere riuscito a coronare un sogno?
In fondo, credo di aver realizzato il mio sogno quasi 30 anni fa quando ho iniziato a suonare.
7 – Cosa ti aspetti dai tuoi prossimi progetti?
A breve tornerò a Nashville per registrare nuove cose con Blake e già è stato pianificato il tour con Creed Fisher per il 2018. Inoltre, finalmente ho trovato il tempo per dedicarmi ad un progetto tutto mio che si chiama Red On Yellow.
8 – Puoi descriverci meglio Red On Yellow?
Red On Yellow è il mio nuovo progetto di Blues originale nato qualche mese fa e in cui ho coinvolto altri musicisti di Austin. Lavorando come sideman e suonando quindi sempre per altri, dopo un po’ la voglia di proporre le tue cose arriva inesorabilmente. Stiamo scrivendo molto ma nel frattempo facciamo anche qualche show di promozione e mi sto divertendo tantissimo. Tra pochissimi giorni saremo al Level One Sound Studio di Adrian Quesada (Prince, Ian Moore, Grupo Fantasma), qui ad Austin per registrare il nostro primo EP che uscirà a breve.
9 – Secondo te sarebbe difficile proporre il blues in Italia?
La scena blues italiana è già molto forte, ci sono musicisti sensazionali che anche oltre oceano sono molto considerati. Quello di cui invece credo ci sia bisogno è di diffondere di più la storia e la cultura di questo genere tra gli appassionati, mi sono infatti reso conto che è tantissimo quello che non è arrivato in Europa, vedo ancora troppo spesso il blues trattato con molta superficialità. Abbiamo comunque persone appassionate ed associazioni che si stanno occupando anche di questo al meglio, come www.bluesmadeinitaly.com.
10 – Come vedi il tuo 2018?
Onestamente lo vedo un po’ come il 2017, con tanti chilometri da fare 🙂