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Carlo Goldoni (1707 – 1793) è uno dei padri della Commedia moderna, autore della riforma goldoniana, che da lui prende il nome. Ecco la vita condensata di una grande personalità che qualcuno di noi magari si è appiccicato in testa per soddisfare qualche puntiglioso professore. Ma al Piccolo Studio Melato non è così: non si contemplano le opere fatte e finite di un autore, bensì si cresce insieme a lui.
Un teatro che sceglie di presentare il protagonista non come garanzia data da secoli di Storia, ma attraverso una via negativa: in scena c’è uno svogliato studente di Filosofia Scolastica, il giovane Carletto, che da puteletto lascia tutto per inseguire il sogno di imbarcarsi con alcuni comici in cerca di fortuna.
Un sogno non facile, come scrive nelle proprie Mémoires.
Nella primavera del 1721 il Teatro è una professione riconosciuta da ormai un secolo e mezzo. Gli attori, nomadi di piazza in piazza, si sudano il guadagno senza potersi permettere il minimo calo di energia o innovazione, prestando attenzione ad ogni singolo rimando degli spettatori.
Ascolto talmente vivo che l’aria di crisi non tarda a farsi percepire: il popolo conosce i lazzi a memoria, prevede quello che Arlecchino esclamerà prima che apra bocca; la Commedia dell’Arte si sta avviando al proprio tramonto.
Un’utile presa di coscienza, se solo i Comici non fossero (giustamente) troppo nostalgici verso una professione che li caratterizza da generazioni.
E’ il lato sentimentale e umano degli attori a riempire la scena, il loro spirito restìo ad abolire le maschere o a basarsi su sempre più ingabbianti canovacci, invocando l’immortalità delle drammaturgie più libere di tutto il secolo precedente.
Pochi ed essenziali gli oggetti in scena: con un telo azzurro vengono evocate le onde del mare
Carletto, aspirante autore, osserva tutto ciò nei compagni di avventura, accorgendosi di come ognuno (e ognuna) sia unico; diventa allergico ai tipi fissi della Commedia (Pantalone, Dottore, Zanni, Servetta), cercando in tutti i modi di dare voce al mondo interiore che caratterizza ognuno di noi.
Concepisce la commedia a soggetto.
Un nuovo modo di fare teatro in cui l’attore sostituisce la maschera con la propria anima, lascia che accada uno scambio autentico di emozioni sulla scena.
In tale accezione il palco è connesso alla vita vera, si trasforma nel regno della contraddizione.
Fortunato più di tutti è chi ha la possibilità di ascoltare la commedia, perchè può trarre giovamento dagli errori altrui – è una delle battute con cui gli attori ammiccano ai silenziosi spettatori immersi nel buio.
Pochissimi gli oggetti in scena, molti gli ambienti evocati: una nave, i teatri, uno spazio per le prove degli attori, addirittura il dietro le quinte di un teatro.
In questa rappresentazione, pensata anche per un pubblico più piccino, il ritmo della Commedia dell’Arte è parte integrante della recitazione: divertenti lazzi, veloci coreografie aeree di piatti e pietanze lanciati da un lato all’altro del tavolo fanno da orologio in scena, scandendo un tempo magico e avvicinandosi ad un mondo oggi associato esclusivamente al Carnevale. Energica ed entusiasmante la presenza scenica mantenuta per un’ininterrotta ora e mezza da parte degli attori, adoperando diverse tecniche recitative e giocando con la natura metateatrale dell’opera. Il cast è composto da Tommaso Banfi nel ruolo di Goldoni, Marta Comerio, Davide Marranchelli e Tommaso Minniti, presente anche nell’Arlecchino servitore di due padroni per la regia di G. Strehler, che tornerà a Milano il prossimo Maggio.
Scena tratta dalla rappresentazione
Attraverso maschere e giochi d’ombre ci avvicinamo, come in sogno, alla parte emozionale che ognuno di noi teme di esibire in pubblico, e la vediamo dolcemente liberata sul palcoscenico. Ogni spettatore, dai sei ai cento anni rimane con gli occhi incantati: questo teatro, grazie alla creazione di atmosfere oniriche che non lasciano svanire l’attenzione, si rifà ad una dimensione misteriosa e inesauribile. Scopriamo insieme a Goldoni stesso cosa sia il teatro e la passione verso la vita vera che esso inevitabilmente racchiude.
La mia impressione uscita dal Piccolo Studio Melato è stata totalmente positiva. Ho apprezzato il soggetto trattato, decisamente contemporaneo: un giovane inesperto della vita ma più esperto di sogni che si pone in viaggio verso un futuro dai tratti poco definiti.
Buon segno è, al termine di una rappresentazione, avere più dubbi di prima; forse non riusciamo nemmeno a dare un nome a tutte le nostre domande, ma sicuramente non possiamo proseguire il cammino senza chiederci se ci stiamo dirigendo o meno da qualche parte.
Sara Crimella
Lo spettacolo è stato personalmente introdotto dal regista Stefano de Luca.
Ricordando l’aiuto che il Teatro offre per superare momenti di forte malinconia ha rivolto un pensiero a Luca Ronconi, co–direttore artistico del Piccolo Teatro di Milano scomparso lo scorso 21 Febbraio, dedicando a lui la rappresentazione di Domenica 22.
Le recite hanno avuto luogo al Piccolo Studio Melato dal 6 al 26 Febbraio, scegliendo il mese più adatto per dar vita alle maschere.
Rimando inoltre all’intervista del regista e ad un intervento degli attori protagonisti presso il Chiostro Nina Vinchi.
In quest’ultimo trovate un’interessante riflessione riguardo alla dicotomia Tecnologia – Teatro. Se l'”I-pad – infatti – genera isolamento e ti promette l’eterna felicità”, il Teatro squarcia costantemente il velo dell’illusione ricordando che nulla è per sempre.