Ewan McGregor e Mary Elizabeth Winstead mi hanno davvero convinto in questo dramma storico.
Tra l’altro spero di andare presto all’Hotel Metropol, albergo storico di Mosca e ambientazione della serie tv.
Ma torniamo alla serie.
Inserire della fantasia in una tragedia storica è un’impresa rischiosa. Se lo fai bene, ottieni successo ma se lo fai male, ottieni critiche da tutti i fronti.
L’adattamento del romanzo del 2016 di Amor Towles cammina su una linea sottile tra allegoria e realtà, evitando sia il tono eccessivamente fantastico che quello voyeuristico rispetto ai fallimenti idealistici e ai traumi generazionali della Rivoluzione Bolscevica. È una storia triste che riesce comunque a mantenere un tono di leggerezza e calore umano. Le interpretazioni di Ewan McGregor, Mary Elizabeth Winstead e un ottimo cast di supporto rendono tutto molto piacevole.
Adattato da Ben Vanstone, “Un gentiluomo a Mosca” inizia nel 1921 con il conte Alexander Rostov, interpretato da McGregor, di fronte a un tribunale. Come molti del suo status, Rostov è considerato socialmente superfluo e verrebbe giustiziato se non fosse per una strana coincidenza. Il suo nome appare su un poema pro rivoluzione trovato dal nuovo partito e, grazie all’influenza di quella poesia, la sua vita viene risparmiata.
Però viene condannato agli arresti domiciliari permanenti presso l’Hotel Metropol, un lussuoso albergo che rimane aperto per raccogliere informazioni segrete su capi di stato o turisti. Rostov ha già vissuto lì negli ultimi quattro anni, quindi la cosa non è un grande inconveniente, tranne per il fatto di non poter uscire.
Rostov è costretto a lasciare la sua amata Suite 317 e trasferirsi nella soffitta fredda dell’hotel, dove però gli viene garantito vitto e alloggio. Vitto che comprende le vivande del ristorante di lusso. Questo rende la sua vita un po’ più piacevole rispetto a quella di un normale recluso. Ovviamente, ci troviamo nella Russia post-rivoluzionaria, quindi il ristorante non ha sempre il prosciutto italiano. Gli arresti domiciliari sono duri, ragazzi!
Nei decenni successivi, Rostov rimane al Metropol. Fa amicizia con gran parte del personale, tranne che con l’ultra-ombroso Leplevsky (John Heffernan), che si aggira nei corridoi per monitorare il tutto. Ha una peculiare storia d’amore con l’aspirante star del cinema Anna Urbanova (Mary Elizabeth Winstead). Fa amicizia con una giovane ragazza apparentemente senza genitori (Nina, interpretata da Alexa Goodall), che per quasi un intero episodio mi aveva convinto fosse una sua immaginazione. E riceve visite periodiche da un’autorità furtiva (Johnny Harris).
“Un gentiluomo a Mosca” riguarda i modi invisibili in cui le nostre vite toccano e influenzano quelle degli altri.
Una cosa che ho apprezzato nella serie è l’uso di accenti semplici: la maggior parte del cast sceglie un accento generico “britannico” o “europeo” invece di esagerare con accenti forzati. Invece c’è una cosa che ho apprezzato meno ma che non va a influire con il punteggio finale… Anche se la storia copre oltre 30 anni, i creatori si sono limitati ad aggiungere un po’ di grigio nei capelli dei personaggi per giustificare il tutto. Non saprei dire quanti anni dovrebbe avere il conte Rostov all’inizio e alla fine, ma è un piccolo dettaglio che non pesa sulla storia.
A mio avviso, “Un gentiluomo a Mosca” è troppo sottile negli sviluppi dei personaggi. Rostov è generalmente un uomo piacevole; anche se ha commesso errori in passato – i frequenti flashback onirici mostrano brevi di questo passato – il personaggio che conosciamo è fondamentalmente buono. Durante gli otto episodi, cambia molto poco. Il suo sviluppo è minimo e, se ci pensi troppo, noterai che quasi nessuno dei personaggi del Metropol diventa veramente tridimensionale, nonostante la lunga durata della serie.
Ovviamente, riflettere troppo su questa serie può far sorgere dei dubbi: un “aristocratico leggermente scomodo” è un personaggio adatto al 2024? Alcuni potrebbero considerare “Un gentiluomo a Mosca” come una delle serie più conservatrici degli ultimi anni: un dramma dove i vecchi modi erano brutti, ma il nuovo ordine progressista – con le sue critiche al “privilegio” e le sue rivoluzioni radicali – è ancora peggio.
D’altra parte, chi vede “Un gentiluomo a Mosca” come una critica alla cultura della cancellazione dovrà fare i conti con il casting senza distinzione di razza, che include Fehinti Balogun nel ruolo di Mishka, un bolscevico con i rasta. Quindi, “Un gentiluomo a Mosca” è sia “reazionario” che “woke”, il che significa che non ha una posizione ideologica chiara ed è fondamentalmente confortante per tutti. La serie ci dice come essere dei bravi genitori, amici, amanti e capi camerieri, tutto mentre si vive in un mondo isolato dove le carestie e le guerre sono solo voci lontane, senza reali conseguenze.
“Un gentiluomo a Mosca” mostra Ewan McGregor al suo meglio. Tranne in un episodio in cui Rostov si rattrista molto per la sua situazione, non è mai tormentato e la serie riflette questo tono leggero. È molto serio riguardo ai vini d’annata, molto preciso con i suoi baffi e molto divertente durante gli esercizi mattutini.
McGregor e Mary Elizabeth Winstead, sua compagna nella vita reale, hanno una chimica che inizia in modo divertente e diventa dolce a lungo andare. Winstead interpreta un’attrice che passa da giovane promessa a donna di una certa età in un batter d’occhio, in parallelo alla caduta dell’impero russo. McGregor è ancora più bravo nelle scene con i giovani co-protagonisti, con Alexa Goodall che brilla nei primi episodi e le sorelle Billie e Beau Gadsdon che lasciano un’ottima impressione come Sofia, personaggio centrale nel finale della storia.
Ci sono altre solide interpretazioni di supporto – Harris è particolarmente intenso – ma questo è uno di quei casi in cui l’ambientazione diventa un personaggio a sé. La scenografia di Victor Molero del Metropol è davvero ottima, con i registi Sam Miller e Sarah O’Gorman che sfruttano le scale e i passaggi nascosti per mantenere un costante senso di movimento visivo.
Il ritmo della trama è un po’ lento mam una volta accettato che la serie si concentra principalmente su Rostov che si adatta alla sua vita restrittiva, è facile godersi le interpretazioni di McGregor e Winstead, i costumi di Sam Perry e l’atmosfera ricca ma claustrofobica.
E tu hai visto Un gentiluomo a Mosca? Ti è piaciuta la serie? Dì la tua nei commenti.
La Recensione
Un gentiluomo a Mosca
"Un gentiluomo a Mosca", adattato da Ben Vanstone, racconta la storia del conte Alexander Rostov (Ewan McGregor), costretto agli arresti domiciliari nell'Hotel Metropol di Mosca. La serie, ambientata dopo la Rivoluzione Bolscevica, è una miscela di tragedia e leggerezza, con ottime interpretazioni di McGregor, Mary Elizabeth Winstead e del cast di supporto. Nonostante la durata di otto episodi e uno sviluppo dei personaggi minimo, la serie si distingue per la sua ambientazione suggestiva e il tono equilibrato.
PRO
- Ottime interpretazioni di Ewan McGregor e Mary Elizabeth Winstead.
- Ambientazione affascinante dell'Hotel Metropol.
- Equilibrio ben riuscito tra tragedia e leggerezza.
CONTRO
- Narrazione lenta e poco sviluppo dei personaggi.