Introduzione: quando l’eleganza non basta
Pedro Almodóvar, il celebre regista spagnolo, ci ha abituati a film che vibrano di passione, emozione e un tocco di surrealismo. Tuttavia, con “La stanza accanto”, il suo primo lungometraggio in lingua inglese, sembra che qualcosa sia andato perso nella traduzione. Adattato dal romanzo “What Are You Going Through” di Sigrid Nunez, il film si presenta come un dramma sull’eutanasia, ma la sua esecuzione risulta fredda e distaccata, lontana dalla vibrante energia che ci si aspetta da un’opera firmata Almodóvar.
Due protagoniste straordinarie
Julianne Moore e Tilda Swinton sono indiscutibilmente due delle attrici più talentuose del panorama cinematografico contemporaneo. In “La stanza accanto”, interpretano due amiche di lunga data, Ingrid e Martha, che si ritrovano quando quest’ultima decide di porre fine alla sua battaglia contro un cancro in fase avanzata attraverso l’eutanasia. Moore, al suo debutto in un film di Almodóvar, si adatta perfettamente al suo stile, incarnando una donna sofisticata e riflessiva, che cerca di elaborare i sentimenti contrastanti verso la decisione della sua amica. Swinton, d’altra parte, che aveva già collaborato con il regista nel cortometraggio “La voce umana”, offre una performance alienata, come se recitasse in un film diverso.
Un mix di stili che non funziona
Uno dei problemi principali di “La stanza accanto” è proprio il modo in cui Almodóvar cerca di fondere il suo stile inconfondibile con una sceneggiatura tradotta dall’inglese. Mentre i suoi film spagnoli brillano per la loro fluidità narrativa e per la capacità di trasmettere emozioni intense, qui il dialogo appare rigido e innaturale. Le conversazioni tra Ingrid e Martha, che dovrebbero essere piene di sottotesti emotivi, si trasformano in scambi forzati, privi di quella profondità che ci si aspetterebbe.
Nonostante le ambientazioni suggestive, tra cui una casa sul lago nello stato di New York e alcuni scorci di Manhattan, l’atmosfera tipica di Almodóvar sembra fuori posto. Le riprese in esterni sulla East Coast statunitense non riescono a catturare l’intimità e il calore che caratterizzano i suoi film ambientati in Spagna. Al contrario, il paesaggio innevato e la fredda architettura moderna sembrano più un ostacolo che un valore aggiunto.
Un dramma che si perde
La storia inizia con Ingrid, una scrittrice di successo che sta promuovendo il suo ultimo libro a New York. Quando scopre che la sua vecchia amica Martha è malata terminale, decide di accompagnarla nei suoi ultimi giorni di vita. Questo viaggio nella memoria e nell’introspezione avrebbe potuto essere un potente dramma esistenziale, ma l’inserimento dell’elemento dell’eutanasia non viene gestito con la delicatezza necessaria.
Martha, con una determinazione incrollabile, decide di porre fine alla sua vita con dignità, ma la sua scelta di farlo con l’aiuto di Ingrid in una lussuosa casa di riposo risulta più estetica che emotivamente coinvolgente. Almodóvar, che ha sempre saputo esplorare le sfumature dell’animo umano, qui sembra più interessato a creare quadri visivi che a scavare nelle complessità dei suoi personaggi.
Temi e riferimenti cinematografici
Il film è ricco di riferimenti cinematografici, come la continua menzione di “The Dead”, l’adattamento di John Huston dell’opera di James Joyce, che riflette l’ossessione di Martha per la morte imminente. Tuttavia, questi riferimenti, invece di arricchire la narrazione, sembrano pesare sulla trama, impedendo al film di fluire con naturalezza.
In “La stanza accanto”, Almodóvar esplora nuovamente temi che gli sono cari, come la memoria, il rimpianto e la complessità delle relazioni umane. Tuttavia, la scelta di portare queste tematiche in un contesto anglofono sembra aver compromesso la sua capacità di comunicare con la stessa intensità emotiva che caratterizza le sue opere spagnole.
Un cast eccezionale, ma sprecato
Nonostante la presenza di attori del calibro di John Turturro e Alessandro Nivola, il film non riesce a sfruttare appieno il talento del suo cast. Turturro, nel ruolo di un ex amante condiviso da entrambe le protagoniste, aggiunge poco alla trama, mentre Nivola, nel ruolo di un detective, sembra un’aggiunta inutile, che devia l’attenzione dal tema centrale del film.
Almodóvar, noto per le sue narrazioni intense e i personaggi complessi, qui sembra smarrire la sua direzione, concentrandosi più sullo stile che sul contenuto. Anche la colonna sonora di Alberto Iglesias, che in altre occasioni ha saputo elevare le immagini dei film del regista, qui sembra forzata, cercando di infondere emozioni che la sceneggiatura non riesce a trasmettere da sola.
Conclusione: un’occasione mancata
“La stanza accanto” è un film che, nonostante le aspettative elevate, non riesce a raggiungere il suo pieno potenziale. Pedro Almodóvar, che ha dimostrato di saper raccontare storie potenti e viscerali, sembra qui trattenuto, incapace di fondere con successo il suo stile unico con una narrazione che si sente fredda e distante.
Se sei un fan del regista spagnolo, potresti apprezzare alcuni aspetti visivi e le performance delle due protagoniste. Tuttavia, se cerchi il calore emotivo e la profondità dei suoi lavori precedenti, “La stanza accanto” potrebbe lasciarti insoddisfatto.
La Recensione
La stanza accanto
Una riflessione visivamente potente sulla morte e l'amicizia, ma "La stanza accanto" di Almodóvar non riesce a emozionare come i suoi precedenti capolavori.
PRO
- Julianne Moore e Tilda Swinton offrono interpretazioni coinvolgenti.
CONTRO
- Manca il calore emotivo tipico di Almodóvar.
- La trama non raggiunge il suo pieno potenziale.