Acab acronimo di All Cops Are Bastards coniato dagli skinhead inglesi, è diventato nel tempo un richiamo universale alla guerriglia nelle città, nelle strade, negli stadi il film del 2012 che ne racconta la storia è tratto dal libro del giornalista Carlo Bonini edito da Einaudi ed è basato su una storia vera.
Il film è stato girato da Stefano Sollima, già dietro la macchina da presa per “Romanzo criminale” serie tv di grande fama. Questa volta Acab è un film che ricorda i polizieschi degli anni settanta.
La pellicola tiene un ritmo incalzante, le scene sono vistose ma realistiche e gli attori calati perfettamente nei loro ruoli. Acab racconta un viaggio nel mondo chiuso e oscuro del reparto mobile, tenuto spesso a distanza dagli altri poliziotti e guardato con diffidenza dai cittadini, in cui viene analizzato il punto di vista dei protagonisti senza prenderne le parti e senza giudicarli.
Il film racconta un fatto di cronaca avvenuto sullo sfondo del G8 di Genova. Si tratta dell’omicidio di Giovanna Reggiani e quello di Giuseppe Raciti, fino alla morte del tifoso Sandri ad opera di un poliziotto.
Il lungometraggio vuole essere lo specchio deformato di una società sempre più violenta, dove chi dovrebbe far rispettare la legge in realtà non è migliore di chi la infrange.
Il regista aveva dichiarato che la polizia, non si era espressa sul film e non aveva né appoggiato né ostacolato le riprese.
Al di là delle polemiche nate negli anni, Acab rivolge una luce diversa e inquietante, su uno spaccato di realtà poco conosciuto, con un giusto equilibrio tra stile asciutto e spettacolarità, e una recitazione mai sopra le righe.
La storia vera di Acab: gli attori sullo schermo
Cobra interpretato da Pierfrancesco Favino, Negro con il volto di Filippo Nigro e Mazinga interpretato da Marco Giallini sono tre “celerini bastardi” che vivono il lavoro come una missione.
Ogni giorno si trovano a fronteggiare la violenza senza freni, con gli ultras delle tifoserie da una parte e gli skinheads razzisti dall’altra, in nome di una legge spesso violata da loro stessi.
Mentre vengono sopraffatti dalla quotidianità il privato va alla deriva. Cobra infatti è un uomo solo che ha in camera il ritratto del Duce e finisce sotto processo per aver “forzato la mano” con un tifoso, Negro viene allontanato dalla sua bambina perché incapace come genitore, Mazinga ha un figlio sedicenne che lo disprezza e finisce con gli skinheads che hanno accoltellato il padre.
I tre, nel film prendono sotto protezione una giovane recluta del reparto interpretata da Domenico Diele, il “futuro” da educare alla legalità e allo spirito di fratellanza, in nome della quale tutto è lecito.
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