Il 17 marzo 1976 ci lasciava “Luchino Visconti” uno dei padri del cinema neorealista italiano
Ben quattro decenni sono trascorsi dalla sua morte.
Regista cinematografico e teatrale, sceneggiatore, attivista politico. Dal sodalizio con Maria Callas, momento indimenticabile del teatro lirico, alla relazione con la stilista Coco Chanel. Oggetto di critica, spesso censura; milanese di nascita, internazionale di adozione: Luchino Visconti.
Uomo dalle due anime, spesso in lotta e mescolate tra loro: da una parte la consapevolezza di una rivoluzione politica e sociale impraticabile; dall’altra la volontà e la fermezza di giungere ad un cambiamento, di sconfiggere il fascismo.
La Cineteca di Bologna sta curando il restauro di Rocco e i suoi fratelli (1960), romanzo popolare in cui dramma sociale e sentimenti si uniscono alla perfezione; il Comune di Milano gli intitola la Civica Scuola di Cinema: l’Italia torna in possesso e celebra uno dei più grandi registi del nostro Paese.
La carriera di Visconti inizia nel 1936 a Parigi, come assistente alla regia e ai costumi di Jean Renoir. Fin da giovanissimo, è qui che viene in contatto con ambienti vicini al Fronte Popolare e al Partito Comunista. A Roma poi parteciperà attivamente alla Resistenza nei gruppi comunisti.
Dalla sua esperienza personale nasce il desiderio di raccontare storie, descrivere la vita quotidiana di persone comuni. Con il suo primo film Ossessione (1942), Visconti mette in scena le vicende torbide ed esasperate di due amanti. Siamo all’inizio del Neorealismo: racconti di vita, un’ambientazione in città prima non considerata dal cinema.
Nel 1954 il suo primo film a colori, Senso: revisione critica del Risorgimento, una storia tumultuosa, tradimenti; il “melodramma” viene utilizzato come chiave del racconto.
Sarà Il Gattopardo (1963) a determinare una svolta nella carriera artistica del regista. In questo film memoria e realismo si intrecciano: è il racconto del passato vissuto nuovamente in un presente costruito. Visconti restauratore è alla ricerca di un mondo perduto, l’impegno sociale e politico si placa.
96 titoli, con 3 regie coreografiche, 18 cinematografiche, 21 liriche, 45 di prosa: Luchino Visconti è stato l’uomo di spettacolo più attivo e prolifico dei primi trent’anni dopo la guerra, simbolo dell’Italia post-bellica.