Olivia Newton-John, la cantante e attrice anglo-australiana che ha registrato grandi successi negli anni ’70 e ’80, è morta, all’età di 73 anni, Lunedì 8 Agosto, dopo una lunga lotta contro il cancro al seno.
Era conosciuta per aver recitato al fianco di John Travolta nel ruolo di Sandy Olsson in Grease, che la resa celebre in tutto il mondo, ha anche pubblicato più di due dozzine di album in studio e ha ricoperto innumerevoli ruoli su schermi grandi e piccoli.
Nata a Cambridge, nel Regno Unito nel 1948, Newton-John emigrò a Melbourne, in Australia, con la sua famiglia quando aveva sei anni. Ha iniziato la sua carriera di cantante professionista all’età di 14 anni e ha continuato a rappresentare il Regno Unito all’Eurovision 1974. La sua carriera è stata catapultata dal suo ruolo in Grease nel 1978. Nonostante le fosse stato diagnosticato un cancro al seno nel 1992, ha continuato a esibirsi bene fino ai suoi 60 anni.
Morta Olivia-Newton-John: l’annuncio del marito e il messaggio di John Travolta
“Dama Olivia Newton-John è morta pacificamente nel suo ranch nel sud della California questa mattina, circondata da familiari e amici”, ha scritto suo marito John Easterling in un post sull’account Instagram di Newton-John nel pomeriggio di Lunedì. “Chiediamo a tutti per favore di rispettare la privacy della famiglia in questo momento molto difficile”, ha continuato l’uomo, definendo la sua defunta moglie “un simbolo di trionfi e speranza per oltre 30 anni condividendo il suo viaggio con il cancro al seno” e chiedendo che tutte le eventuali donazioni vengano indirizzate al fondo della Olivia Newton-John Foundation.
Il messaggio più atteso però, è stato quello di John Travolta, arrivato via Instagram: “Mia carissima Olivia, hai reso tutte le nostre vite molto migliori. Il tuo impatto è stato incredibile. Ti voglio tanto bene. Ci vedremo lungo la strada e saremo di nuovo tutti insieme. Tuo dal primo momento che ti ho visto e per sempre! Il tuo Danny, il tuo John!”.
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È passato un anno e quasi non me ne sono accorta. Lo dicono tutti ed è un modo banale per iniziare a scriverti, ma a volte si confondono le cose vere con quelle banali.
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L’altro giorno ho tirato fuori dal cassetto la prima tutina che hai indossato quando sei nato – ho scelto di conservarla per dartela quando sarai grande -, e già mi sembra impossibile che potesse contenere quei tuoi 3 kg scarsi di mostrino scuro e grinzoso con le manine lunghissime. Ti chiamavo “il mio ragazzino”, lo faccio ancora, mi piace. Solo che tu ora sorridi, con gli occhietti prima con la bocca poi, e scappi via, trottando in modo buffo su quelle gambette che hanno imparato prestissimo a camminare.
Dici mammmma, papà non ancora ma in compenso dici apar per chiamare Gaspar il gatto, che ti odia meno del primo giorno ma comunque non stravede per te. Fai ciao con la manina, quando ti sgrido scuoti la testa e fai no con il ditino alzato, fingi di lavarti i denti a comando e se balli vuol dire che vuoi ascoltare un po’ di musica, fai le scale a gattoni e poi ti lanci in discesa sicuro che saremo lì a prenderti. Fai queste e tante altre cose che fanno i bambini delle tua età, ma a noi sembrano speciali.
Sei pura vita, un miracolo in costante manifestazione: da quando pieghi la testina alla parola “coccoline” ai dentini che compaiono da un giorno all’altro nel tuo sorriso.
Io e papà non ti abbiamo fatto il regalo il giorno del tuo primo compleanno. Abbiamo cercato qualcosa che fosse abbastanza speciale, intelligente, poco rumoroso, utile… e alla fine, con una settimana di ritardo, abbiamo comprato – per senso di colpa nostro, di sicuro non per desiderio tuo – una cucina giocattolo che adori, nella versione che sta dalla nonna, e ignori puntualmente a casa, e altri libri da leggerti ad oltranza prima di andare a nanna, come piace a te.
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Ma l’altra sera ne ho parlato con il tuo papà. Il mio regalo per te voglio che sia un altro e lui mi ha promesso che mi aiuterà a costruirlo e, lo sai com’è papà, con il fai da te non è un granché, ma le promesse le mantiene.
Quello che voglio regalarti, amore mio, è la libertà.
Ci ho pensato, ragazzino, ed è il regalo più bello che ti possa fare.
Voglio regalarti la libertà di crescere, prima di tutto, libero dalle mie aspettative e dalle mie paure.
Voglio che tu possa decidere di fare o non fare l’università, avere un figlio o non diventare mai padre, sposarti in chiesa, in comune, con qualche rito a me ignoto o non pensarci neppure, amare chiunque tu voglia senza doverti difendere da nessuno, tanto meno da me e papà. Voglio che tu possa trovare la tua strada senza avere sulle spalle lo zainetto delle aspettative e dei desideri di tua mamma che, te lo dico giusto per fugare ogni dubbio, dal canto suo intende continuare a costruire la sua realizzazione in quanto donna al di là dell’essere diventata madre.
Alcuni lo chiamano egoismo. Io trovo che sia la parte più complessa e generosa di un amore sano, che non delega all’oggetto del nostro affetto la propria felicità, né lo trattiene, ma costruisce per lui ali grandi per volare lontano.
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Voglio darti gli strumenti perché tu possa un giorno scegliere di restare o costruire la tua vita lontano da me, da tuo papà e da questa città, senza che un mio sguardo triste ti trattenga, per timore o senso di colpa. Affinché tu non diventi o faccia mai qualcosa che non ti appartiene solo perché “mamma e papà ci tengono tanto” o, peggio, “non sarebbero contenti, non è quello che hanno sognato per me”. Voglio crescerti libero dalle mie paure e dalle mie insicurezze, che sono i guinzagli corti del desiderio di possesso e della mania di controllo, non dell’amore.
Non è un regalo, lo so, dovrebbe essere scontato. Ma non lo è, se non raramente. E ti dico, sin da subito, che sicuramente il tuo pacco dono non arriverà in perfette condizioni.
Farò errori, perché io non so fare la mamma, lo imparo ogni giorno con te. Potrebbe anche accadere che, senza volerlo, tolga qualche piuma alle tue ali e alimenti qualche fobia che ti farà da zavorra. Ti chiedo scusa sin da ora, ma ti prometto che avrai il tuo regalo, magari non perfetto, ma nelle migliori condizioni possibili.
Mi dirai che ti ho mentito – arriverà anche quel giorno – e che tu pretendi il dono che ti ho promesso e che non ti sto dando: sbatterai le porte e mammmma non sarà più il tuo mondo, ma il nemico
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Saranno quei momenti in cui penserai che libertà è fare quello che si vuole, senza regole, senza dovere niente a nessuno, senza limiti. Che stupida e falsa idea della libertà questa, eppure prima o poi ci caschiamo tutti.
Come se la libertà avesse qualcosa da spartire con l’utopia, l’egoismo, l’assenza di valori e l’essere irresponsabili o incoscienti. E non piuttosto con la responsabilità, il rispetto di se stessi e la coerenza con il nostro sentire.
Libertà non è mai stato un “faccio quello che voglio” o “a me tutto è dovuto”, ma libertà dagli stereotipi, dai condizionamenti che mirano a incasellarti e controllarti; dai “cosa penserà la gente” e dai “non sta bene” bigotti, ma anche dai “meriti più di questo”, “sei sprecato per quest’altro”, “sei così intelligente, dovresti studiare, occupare un posto importante” quando diventano ambizioni altrui, spesso proprio di genitori, mascherate da attestazioni di stima o di affetto. Ti diranno tutti che di queste cose non gliene frega nulla. Non è vero: non solo ci interessa, ne siamo vittime tutti quanti. Solo poche anime belle si salvano e non sono mai i finti ribelli che urlano la loro unicità.
Ti dovessi mai dire una di queste cose, ricordami che quello che ti voglio chiedere davvero è
è questo quello che vuoi?
ti rende felice?
sei pronto a prenderti la responsabilità di questa tua scelta?
Perché libertà vuol dire anche libertà di sbagliare, devo ricordarmi anche questo ogni volta che mi verrà la tentazione di spianarti la strada, di proteggerti dal dolore, di evitarti errori sulla base della mia esperienza.
Cadrai, ti farai male e io non potrò evitarlo. Di più, non voglio evitarlo.
Sei nato da me, ma non sei un prolungamento della mia vita. Questa è la tua di vita: è il tuo giro di giostra, la tua mano a carte e non devi permettere a nessuno, tanto meno a me, di giocarla al posto tuo.
Dovrai sapere, come lo sai ora, che io ci sono: nella migliore delle ipotesi potrò darti una mano ad alzarti o attutire un po’ il colpo, in altre potrò solo ascoltarti e, in molte, dovrò anche imparare a far finta di non vedere il tuo dolore quando non vorrai il mio aiuto. Ma non ti metterò in una gabbia dorata, non raccoglierò i tuoi cocci, né ti solleverò dai tuoi dolori.
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Perché libertà vuol dire soprattutto responsabilità.
Solo così diventerai l’uomo che vorrai essere.
Ecco, amore mio, questo è il più bel regalo che spero di riuscire a donarti per il tuo compleanno e per quelli a venire.
La tua mamma
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grazie mammina, ti voglio tantissimo bene. Lorenzo.
sono molto dispiaciuta per la scomparsa di Olivia. R’ stata una donna e cantante straordinaria. riposa in pace carissima!