Ci sono brani che scuotono, che non fanno sconti a nessuno, nemmeno a chi li ascolta. “Odio, quindi sono”, l’ultimo pezzo pubblicato da Rkomi, è una di quelle tracce che, con una sincerità spietata, mette a nudo l’insofferenza verso il mondo, gli altri e sé stessi. Con la produzione di Robert Ner, il brano è una riflessione brutale e senza filtri sull’odio come motore, come sentimento che ci plasma e che spesso guida le nostre azioni.
Prenditi qualche minuto per immergerti in questa analisi completa. Andremo a fondo, verso ogni angolo di questa canzone carica di significato e provocazione.
Un inizio che lascia il segno: il ritratto del male quotidiano
“Io sono un vecchio, che fuma in faccia a un bambino”: è così che Rkomi ci accoglie in questo viaggio. Fin dai primi versi, la canzone ci trascina in un vortice di immagini potenti e disturbanti, che rivelano la banalità del male quotidiano. Le descrizioni sono taglienti, quasi cinematografiche: una donna che si autodistrugge davanti allo specchio, parole velenose che diventano colpi al cuore. L’odio è ovunque, nascosto nelle azioni più piccole e apparentemente innocue.
Ma c’è di più. “Ringrazia Dio che sei italiano e c’hai un letto” è un monito amaro che richiama il privilegio e la disuguaglianza. La voce di Rkomi si alza per denunciare, senza mai cadere nella predica. L’odio qui è sia un’esperienza personale che una lente attraverso cui osservare il mondo.
Il bridge: un urlo contro l’ipocrisia
Con il bridge, Rkomi non si trattiene: “Cosa, vorresti fare col mio corpo amore?”. La traccia affronta temi di abuso, manipolazione e la disumanizzazione delle relazioni. Le parole sono crude, quasi scomode, ma necessarie. “Hai trasformato me e le tue parole valgono zero” è una sentenza definitiva, che sottolinea quanto spesso le relazioni siano costruite su un terreno instabile di potere e sfruttamento.
L’odio si insinua ovunque: nelle dinamiche interpersonali, nelle aspettative sociali, nei gesti che dovrebbero essere d’amore ma diventano violenza. Rkomi usa un linguaggio spietato per scuotere l’ascoltatore e costringerlo a riflettere.
Il ritornello: una dichiarazione universale
Nel ritornello, la canzone raggiunge il suo apice emotivo. “Odio tutti, odio tutto e soprattutto me stesso”: non è solo una frase, è una confessione. Qui Rkomi abbraccia l’odio in tutte le sue forme, compreso quello più difficile da affrontare: l’odio verso sé stessi.
Il ritornello diventa quasi un mantra, un’autoaffermazione che riflette la società in cui viviamo. Siamo circondati da aspettative impossibili, disuguaglianze, ingiustizie. L’odio è una risposta, forse sbagliata, ma autentica, che molti possono riconoscere dentro di sé.
Le strofe: un viaggio tra disillusione e critica sociale
Nelle strofe, Rkomi spazia tra temi personali e sociali. “Odio i vecchi e la loro bava”, “odio i manager, le cene, vecchie glorie della tele”, “odio gli italiani obesi avvelenati dalle madri”: ogni verso è un colpo diretto a un bersaglio specifico, con un linguaggio che non fa prigionieri.
Rkomi non risparmia nessuno, nemmeno se stesso. La critica si allarga a temi come il consumismo, l’ipocrisia, la cultura dell’apparenza. Ma c’è anche una vulnerabilità sottostante, un’ammissione che tutto questo odio è, in fondo, un modo per cercare di dare senso a un mondo caotico e ingiusto.
E poi c’è la tensione personale: “Sarai per sempre mio fratello, ma se non ti ripulisci non possiamo andare avanti”. Le relazioni, anche quelle più intime, sono intrise di aspettative e conflitti. L’odio diventa un modo per proteggersi, per non affondare del tutto.
Una conclusione che lascia il segno
Nell’outro, il ripetersi di “Perdonami se puoi” introduce un elemento di redenzione. Dopo tutta questa rabbia, Rkomi lascia spazio a una richiesta di perdono, quasi un bisogno di riconciliazione. L’odio non è la risposta definitiva, ma solo una tappa nel percorso.
La canzone si chiude con una nota di umanità, ricordandoci che, dietro ogni urlo, c’è una persona che cerca di essere ascoltata.
Un invito alla riflessione
“Odio, quindi sono” non è una canzone facile da ascoltare, ma è una traccia che ti costringe a fermarti e pensare. Quali sono gli odi che porti dentro di te? Sono un peso o un motore? Lascia un commento qui sotto e raccontaci la tua interpretazione. Parlare di queste emozioni può aiutarci tutti a comprendere meglio noi stessi e il mondo che ci circonda.
Il testo di Odio, quindi sono
[Strofa]
Io sono un vecchio, che fuma in faccia a un bambino
Una donna, che continua a dimagrire allo specchio
Io sono il male che ti fa una parola
Ti senti un cesso anche col monitor spento
Mamma, domani non farmi andare a scuola
Ringrazia Dio che sei italiano e c’hai un letto
Io sono il: “Tornatevene a casa vostra”
Io sono il figlio che hai perso nel deserto
Io sono gli ultimi risparmi di nonna
Per farmi lasciare questo posto di merda
Sono due bimbe che saltano con la corda
Ma saltano su una bomba, che cazzo sta succedendo?
Godere, ma senza amarsi
Tu dici che la ami e la prendi a schiaffi
Erano amiche le nostre madri
Ma hai toccato mia sorella e penso solo a vendicarmi
Poche parole, parlano i fatti
Capisco che sei fatto perché parli e non mi guardi
Sarai per sempre mio fratello
Ma se non ti ripulisci non possiamo andare avanti
Odio i vecchi e la loro bava
Il disprezzo verso quei giovani, la centralità dei loro racconti
I politici arroganti, ma odio pure quelli buoni
Chi insegna l’educazione dentro una rivoluzione
Odio l’odio verso il prossimo
Odio sentirmi migliore
Il mio modo di guardare quando passa un bel sedere
Odio i manager, le cene, vecchie glorie della tele
Odio le donne moderne, copia e incolla Kylie Jenner
Odio gli italiani obesi avvelenati dalle madri
E odio i piccoli borghesi, i loro figli senza fame
Le offerte di Elon Musk e gli aperitivi su Marte
Odio chi mi spiega l’arte che, cazzo, è soltanto marketing
Odio: chi è sempre corretto, sempre perfetto
Chi ti chiede come stai e non vuol saperlo veramente
Non sopporto i convenevoli e non sopporto i gay
Invece odio gli etero, l’asterisco sui generi
Odio i disoccupati, quelli che è sempre sfortuna
Che non è mai colpa loro
Odio ogni lavoratore
Che si fa prendere in giro dalle rate, le macchine
E guarda senza toccare il miraggio della pensione
La puzza che hanno sotto il naso le persone, gli animali
Le feste di compleanno, la famiglia in generale
Odio i lutti, morti umili che non han cambiato niente
Odio tutti, odio tutto e soprattutto me stesso