- Regista: Ashutosh Gowariker;
- Produttore: Sunita Gowariker, Rohit Shelatkar;
- Musica: Ajay-Atul;
- Cast: Arjun Kapoor, Sanjay Dutt, Kriti Sanon;
- Durata: 2 ore e 51 minuti;
- Disponibile su Netflix: dialoghi originali e sottotitoli in italiano.
Il regista di Panipat, Ashutosh Gowariker, ama la storia più di tutti.
Per quasi vent’anni, ha rivolto il suo sguardo su eventi storici importanti e con serietà e diligenza li ha reinventati sullo schermo. I suoi film sono stati regolarmente criticati per essersi presi troppe libertà e i risultati sono stati contrastanti – dal brillante Lagaan: C’era una volta in India, candidato all’Oscar, al quasi inguardabile Mohenjo Daro. Ma non ci sono dubbi sul sudore, tempo e passione che riversa nei suoi progetti cinematografici… ogni suo film dura in media più di 2 ore… E anche Panipat segue questo diktat.
Nel film Panipat ricrea la terza battaglia di Panipat. Questa battaglia avvenuta nel XVIII secolo è considerata uno dei più grandi scontri tra due eserciti: gli afgani guidati da Ahmad Shah Abdali e i Maratha guidati da Sadashivrao Bhau. Si stima che più di 60.000 Maratha siano morti durante e dopo la battaglia. Molti di questi furono sgozzati il giorno successivo alla lotta. I Maratha avevano perso perché in inferiorità numerica e perché furono traditi. Questo non è uno spoiler ma un fatto storico. Il film si chiama Panipat: The Great Betrayal (titolo originale), ma ora lo troviano su Netflix semplicemente con il nome Panipat. Curiosità storica: dopo quella battaglia, Abdali non invase mai più l’India e il film ti spiega il perché.
Alcune delle scene chiave – come Abdali che attraversa il fiume Yamuna o Parvati che guarda la battaglia finale da una collina – sono messe in scena in modo abbastanza goffo. E gli effetti digitali lasciano alquanto a desiderare. Detto questo ho apprezzato molto il racconto dei fatti storici, la colonna sonora e le coreografie di danza.
Panipat è una storia travolgente piena di nobili guerrieri, mogli esuberanti e lotte di potere. Con la sua enfasi sulla mascolinità e sulla madrepatria, è anche una storia che racconta un clima ipernazionalista. Il nemico è musulmano, il che rende perfetto l’adattamento con l’attuale narrativa politica. Sadashivrao viene ritratto come un guerriero illuminato che, nonostante sia stato avvertito dai suoi stessi soldati, assume un musulmano come capo dell’artiglieria.
Il più grande problema di questo film è la sceneggiatura: Ashutosh, Ranjeet Bahadur, Chandrashekhar Dhavalikar e Aditya Rawal sono stati accreditati per la sceneggiatura e Ashok Chakradhar per i dialoghi. Mi preoccupo sempre quando vedo troppi sceneggiatori sul campo perché un film ha bisogno di una visione unificata. Panipat è scritto da troppe persone e si vede sullo schermo: la storia viene spezzata e spesso la telecamera si sposta da una scena all’altra con l’aiuto di una voce fuori campo e mappe animate. La strada per la battaglia è lunga, letteralmente: l’esercito ha viaggiato da Pune a Panipat e sembra che gli sceneggiatori abbiano deciso di documentare ogni svolta lungo la strada. Sullo schermo, questo si traduce in una serie di conversazioni con i sovrani di regni più piccoli per convincerli ad allearsi con loro, strategie di guerra e, naturalmente, la storia d’amore tra Sadashivrao e sua moglie Parvati. La sceneggiatura è una check list di eventi e nulla di più. Che poi non riesce ad arricchire i personaggi, quindi non c’è molto che Arjun Kapoor e Sanjay Dutt possano fare se non interpretare i loro ruoli in modo superficiale.
Sadashivrao è eroico mentre Abdali pieno di vizi… Abbiamo un accenno di profondità in alcune scene con Sadashivrao e Parvati – in una, Sadashivrao spiega a Parvati che è fatto per la guerra, non per la politica. In un’altra, la implora a non diventare una vedova triste qualora venisse ucciso.
I costumi di Neeta Lulla e la fotografia di Muraleedharan CK sono due punti a favore del film, ma mi chiedo se dopo così tanti film storici, non si siano stufati di fare sempre le stesse cose. Sembra che abbiamo già visto tutto prima – i bellissimi costumi, i gioielli sbalorditivi, i grandi set. Però ottimo lavoro comunque, complimenti.
Le scene più belle di Panipat si trovano nell’ultima ora quando finalmente entriamo dentro la feroce battaglia: Ashutosh riesce a creare una bellissima emotività in questo scontro. L’altro punto in più va alla musica di Ajay-Atul – dal singolo “Mard Maratha”, che ho incluso in una mia playlist su Spotify all’esuberante “Mann Mein Shiva”, questa colonna sonora riesce a conquistarti. Sarei stato felice se l’energia e il ritmo di queste canzoni fossero penetrati nel resto del film.
La Recensione
Panipat
Dopo aver visto i Maratha e gli Afghani brandire spade per quasi 3 ore avrei una domanda per i produttori di Panipat: perché parte del cospicuo budget per i costumi non è stato usato per migliorare la computer grafica? Sarebbe stato molto più divertente dare una sbirciatina alla corte di Abdali se il suo forte non fosse un castello di sabbia.
PRO
- Musica
- Costumi
CONTRO
- Sceneggiatura
- Effetti Visivi