Diversi inverni fa, Meagan Foster e il suo fidanzato di allora stavano cercando di finire una brutta giornata in maniera positiva, andando a mangiare al Tabard Inn. Quando poi Foster ha cercato di passare in mezzo al suo tavolo e a quello dei vicini, ha rovesciato tutto: piatti, bevande e posate, su entrambi i tavoli. La sua reazione fu quella di scoppiare in lacrime.
L’episodio di Meagan non è l’unico, anzi. Incidenti come questi possono capitare a tutti, soprattutto in quei ristoranti dove la distanza tra un tavolo ed un altro è pari alla lunghezza di una matita.
A chi non piace mangiare fuori? Magari provare quel nuovo ristorantino che sta andando di moda? A tutti! Però ultimamente si è notato che la maggior parte dei nuovi ristoranti trendy hanno una concezione abbastanza particolare sulla distanza che ci deve essere fra i tavoli. Infatti in alcuni locali o ristoranti a Washington, se non hai le misure di una modella da passerella, sei costretto a passare lateralmente, a volte anche in punta di piedi. Peggio ancora è il dilemma nella scelta su come invadere lo spazio di un vicino: col culo o con i genitali?
Come per le compagnie aeree, anche i ristoranti sembrano voler ridurre lo spazio personale nel tentativo di contenere più clienti.
“Un tavolo medio misura 60/70 cm circa,” dice Stephan Robson, professore senior presso la School of Hotel Administration di Cornell University. Ma afferma anche che: “Non esistono invece misure standard per la distanza tra i tavoli. Quella è a scelta dei proprietari.”
Robson considera che la distanza minima debba essere di 40 centimetri, per quei posti di piccole-medie dimensione. Nonostante ciò, alcuni ristoranti hanno comunque deciso di fare di testa loro. Come a Estadio sulla 14a Street NW e Joselito Casa De Comidas su Capitol Hill. Nella 14a Street di Busboys & Poets, il ristorante sembra addirittura schiacciare i proprio clienti come sardine: 25 sono i cm che separano un tavolo dall’altro. Al Tabard Inn ancora meno, con soli 20 cm.
In una società dove tutto deve essere più grande, maestoso, spazioso, alcuni ristoranti sembrano invece preferire il restringimento.
Mike Friedman, co-proprietario di All-Purpose , pensa che la seduta intima del suo ristorante promuove una “natura conviviale”, in linea con il tema italo-americano. Un altro motivo per cui Friedman aveva deciso di stringere i clienti, era perché altrimenti avrebbe dovuto ridurre la cucina. L’idea di togliere dei tavoli non lo sfiorò minimamente. Questo perchè secondo lui, la rimozione di un solo tavolo significherebbe dire addio “a centinaia di migliaia di dollari” l’anno.
Il senso di affollamento ha irritato negli ultimi anni molti cuochi e commensali.
Prendiamo Joselito, dove il proprietario Javier Candon diceva di voler evocare il fascino dell’ “Old World cafe”. Volto a ricreare l’ambientazione di Siviglia e di Madrid, aveva comprato tavolini e disposti in modo così stretto che i clienti e camerieri si scontravano tra loro, le posate cadevano regolarmente sul pavimento e, almeno un consommé di pollo o un piatto di brodo finiva sul tavolo sbagliato. Alla fine Candon aveva deciso di rimuovere due tavoli.
“L’età, il sesso e la geografia,” dice Robson “influenzano i livelli di tolleranza. Le donne più anziane sono più sensibili a rimanere ‘incastrate’ in una sala da pranzo. Queste signore sono costrette a rimanere sedute, quasi intrappolate, finchè non hanno finito di mangiare. Senza considerare che in alcuni ristoranti c’è ancora il cameriere che ti sposta la sedia. Dimmi come fai se non hai spazio.”
Uno studio ha dimostrato che stare seduti a tavola troppo vicini, spinge il cliente a mangiare più velocemente.
In uno studio del 2009, Robson aveva scoperto che i commensali trascorrevano meno tempo e spendevano meno denaro in posti dove si stava troppo vicini. I clienti seduti ai tavoli distanti 30 cm fra loro rimanevano in media 110 minuti, spendendo 73 centesimi al minuto. Quelli con 15 cm tra i tavoli rimanevano 102 minuti per 66 centesimi al minuto. Con questo studio e la scelta dei proprietari sulla disposizione dei tavoli, Robson ha affermato che:
“In un ristorante con molta richiesta, l’obiettivo è quello di liberare rapidamente i tavoli. Metterli vicini rende ciò possibile.”
I progettisti si trovano a dover soddisfare due tipi di clienti: i proprietari dei ristoranti, desiderosi di massimizzare lo spazio, e i commensali che non voglio dover scontrare i gomiti. Ma c’è chi dice, come l’architetto Herb Heiserman, che lavora per alcuni noti ristoranti a Washington:
“Non tutti cercano una zona privata. Alcuni vedono i ristoranti come un’ampliamento delle loro famiglie, quindi la distanza è irrilevante.”
Inoltre alcuni designer hanno progettano tavoli “flessibili”, che si possono spostare, unire e separare per accogliere diversi tipi di clientela. Per coloro che cercano la privacy, le “cabine” sono l’ideale, date le loro barriere che separano dagli altri commensali. Ma anche accessori come lampade da tavolo o piante: oggetti che danno una sensazione di divisione, per quanto piccoli siano.
“Il nostro obiettivo numero uno con la progettazione di un ristorante è quello di creare un ambiente divertente”, afferma Jeffrey Lefcourt, fondatore e partner di gestione del Smith in Penn Quarter. “La nostra idea è di disporre i tavoli molto vicini, consentendo anche di gustare il cibo degli altri. Invece di guardare da lontano qualcuno, causandogli a quest’ultimo la sensazione di essere osservato, la vicinanza permette il dialogo, il miglioramento nei rapporti sociali. E questa formula sembra funzionare: alcuni clienti hanno condiviso foto di pasti aziendali con sconosciuti, diventati amici nel ristorante.”
Riprendendo il discorso sul costo al minuto legato alla distanza dei tavoli, c’è chi confema tale teoria, applicandola in senso contrario.
L’imponente ristorante Plume nel Jefferson Hotel offre enormi tavoli con 1-2 metri di distanza.
“I clienti vogliono rilassarsi e non sentire la conversazione del tavolo accanto.”, dice il manager Sean Mulligan. Tale privacy ha un costo però: la media di una cena al Plume è di $150 a persona.
“Non posso dirvi quante volte ho sentito cose che non avrei dovuto sentire”, dice Matt Brooks, direttore esecutivo del partito ebraico repubblicano. “Non segreti di stato, ma racconti sui propri capi, tresche, truffe e molte altre cose che non si dovrebbero dire in luogo pubblico.”
Phil Vettel, critico culinario per il Chicago Tribune, ha raccontato una sua gaffe abbastanza divertente durante una tavolata in un ristorante dalle dimensioni ridotte.
“Eravamo spalla contro spalla. Non potevo sollevare il tovagliolo che avevo sulle gambe. Quando ci riuscii, mi sono detto ‘Wow, questi tovaglioli sono veramente morbidi.’ Poi ho scoperto che stavo usando la sciarpa di cachemire della donna seduta alla mia destra.”