TITOLO: Qualcosa di buono
TITOLO ORIGINALE: You’re Not You
REGIA: George C. Wolfe
CAST: Hilary Swank, Emmy Rossum, Josh Duhamel, Jason Ritter, Julian McMahon
PAESE: USA
ANNO: 2014
GENERE: drammatico
DURATA: 104 minuti
Hilary Swank ritenta il colpaccio. L’attrice già vincitrice di due Oscar come Migliore attrice, si cimenta nuovamente in un ruolo tanto difficile ed impegnativo quanto commovente. Qualcosa di buono si preannuncia come capolavoro cinematografico dell’anno. Non solo per le splendide interpretazioni delle due star di punta, Hilary Swank, appunto, e Emmy Rossum (vera sorpresa della pellicola), ma anche per il forte messaggio di sensibilizzazione. Qualcosa di buono, che qualcuno paragona già ad un Quasi amici al femminile, tratta il tema della SLA. La protagonista, Kate (Hilary Swank), è una pianista che gode di un discreto successo. Donna di classe, fine, elegante, a modo e di famiglia ricca. E’ sposata con Evan (Josh Duhamel), un noto avvocato, anch’egli con un certo stile e un’educazione classica. Alla luce dei 35 anni di lei, qualcosa comincia a turbarla: le si manifestano di tanto in tanto strani disturbi alle mani che sovente tremano e non riescono a tenere gli oggetti. Nel giro di un anno e mezzo le viene diagnosticata la sclerosi laterale amiotrofica, sconvolgendo completamente la sua vita e quella di chi le sta attorno.
A causa degli impegni lavorativi di Evan, occorre una persona in casa, in grado di prendersi cura di Kate, che poco alla volta peggiora. Ed è a questo punto del film che arriva il primo cliché in perfetto stile Hollywood: Kate licenzia la “badante” perfetta per poi assumere Bec (Emmy Rossum), una studentessa scapestrata, vestita come una scappata di casa, amante dell’alcool e delle storie da una notte e via. Nonostante tutti questi fattori e nonostante non abbia mai avuto nessuna esperienza con disabili con una patologia così grave, Kate decide che nella giovane c’è del potenziale, qualcosa di speciale, “qualcosa di buono”.
“Devi trovare qualcuno che ti veda come sei.”
Inizia in questo modo lo strano e complicato rapporto lavorativo che sfocerà poi in una profonda amicizia in grado di migliorare entrambe e dare un valore unico alle loro vite. La particolarità di Qualcosa di buono è questa evoluzione dei personaggi (così come accadeva proprio in Quasi amici). Kate, da precisina e puntigliosa, deve rivedere obbligatoriamente i suoi modi poiché la malattia la porta inevitabilmente a dei cambiamenti, alla quale si abitua proprio grazie a Bec che, al contrario, passa da essere una che fa le cose di default, come capita, ad una persona seria, matura, in grado di valorizzare se stessa, non regalandosi agli altri.
Se il cliché principale del film, risulta alla fine avvincente e ben costruito, si poteva far meglio, invece, in altri punti: il marito perfetto che poi la tradisce per via della malattia è un qualcosa non di buono ma visto e rivisto. Così come le amiche di merda che fanno dietrofront alla prima difficoltà. Per non parlare, poi, della madre ricca ricchissima che tratta Kate non come una figlia ma come un paziente terminale. Cosa che di fatto è, ma di cui la protagonista non vuole provare le sensazioni. Voglio dire: ha preferito proprio Bec poiché l’ha trattata fin da subito come una persona, malata sì, ma normale, e non come qualcosa che potrebbe rompersi al tatto.
“Ogni volta che sto accanto a te mi piaccio di più.”
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La Recensione
Descrizione e Verdetto
Pro e contro a parte, Qualcosa di buono vi farà piangere come mai avete fatto in vita vostra. Neanche con Bambi o Il Re Leone. Preparate fazzoletti e fidanzato/a e godetevi questa pellicola tratta dal romanzo <strong>You’re Not You</strong> del 2007, scritto da <em>Michelle Wildgen</em>. Un film in grado di farvi riflettere sulle cose realmente importanti della vita, un film in grado di farvi rivalutare tutto ciò che vi circonda, un film che vi farà cambiare. Elogio all’amicizia vera, pura e disinteressata.