Scorsa settimana è uscito nelle sale cinematografiche l’ultimo interessante capitolo della saga Hunger Games. Il film si pone come un prequel gradito delle precedenti produzioni del titolo, ponendo l’accento su un giovanissimo Coriolanus Snow alle prese con i primi anni di dittatura e con l’annuale cerimonia degli omonimi giochi cruenti disputati a Capital City.
Trama
Coriolanus Snow è un giovane ed ambizioso studente intenzionato a migliorare la propria condizione economica in seguito al declino della sua famiglia. Dopo anni di studio gli si pone l’occasione di vincere un ambizioso premio riservato agli accademici, ma alcune vicende gli impediscono di conquistare la meritata fama. Il decano sta cercando, per motivi inizialmente ignoti, di osteggiare l’ascesa al potere di Snow. Tutto questo, inanellato con il classico grigiore del totalitarismo di Panem e con una buona dose di violenza, apre le porte ai giochi del circo. Certo, la prima parte del film si focalizza molto sullo status sociale agiato e privilegiato dei cittadini di prima e seconda classe, nonché delle ragioni e motivazioni che orientano ogni protagonista, indirizzandolo alla via retta o traviandolo a favore di un’umanità maggiore.
Tuttavia, l’inizio dei giochi è imminente e qui viene presentata l’amabile Lucy Gray Baird. Lucy è una cantante del distretto dodici, la quale si ritrova a lottare nell’arena per la sua sopravvivenza. Tuttavia, per motivi che non abbiamo intenzione di anticipare, Lucy e Coriolanus si affezionano e forgiano un indissolubile legame che segnerà per sempre Snow e che, difatti, lo accompagnerà fino alla fine del film, quando dovrà scegliere abilmente tra due propositi di vita opposti. La storia è piuttosto lineare e prevede l’inserimento di diverse personalità estranee agli eventi della trilogia originale. Queste riescono ad inserirsi bene nella trama, generando un titolo meno adrenalinico dei precedenti, ma massimamente più riflessivo. La trama esaspera al massimo l’indole di Snow e la sua diatriba interna che lo trasformerà da un naufrago nubivago ad un cacciatore spietato. Neppure l’amore o l’amicizia -sentimenti fondamentali sia per l’uomo che per il suo corso di eventi- riescono a mutare il tormentato animo del protagonista.
Ovviamente, la presenza di temi come l’umanità o l’amore non condizionano il contenuto essenziale della storia; come il titolo ci ricorda gli Hunger Games ci sono, seppur rimaneggiati. Infatti, il film è ambientato qualche decennio prima degli eventi narrati nel filone principale, e ciò ha obbligato gli sceneggiatori, anche per scelte narrative, a proporre una formula più semplificata dei giochi. In attesa che le modifiche negli anni vengano approvate, dunque, si assiste ad uno scontro ancora acerbo e scarno di alcuni suoi elementi abituali. Assicuriamo i lettori che l’azione è presente, nonostante quanto affermato poc’anzi.
Per la trama, dunque, possiamo dirci soddisfatti. È perfettamente bilanciata. Anche la formula degli Hunger Games è approvata. Alla fine, è solamente la prima decade del dominio di Capital City e quindi può essere ragionevole offrire un format distinto.
Se qualcuno teme che la trama possa essere riconducibile ai titoli degli anni trascorsi, posso rassicurarlo. Il film consente a tutti di poterlo capire senza eccessive difficoltà. L’unico requisito essenziale è quello di conoscere, quantomeno, chi sia mister Snow.
Personaggi
Il capitolo ha offerto un’ampia varietà di personalità sempre molto carismatiche. In questo senso Coriolanus Snow incarna tutte le caratteristiche essenziali di un giovane carismatico. Da studente i suoi valori intellettuali si elevano a contrasto della crudeltà dei giochi. Da adulto, in seguito ad una maturazione personale, Snow intuisce le sue potenzialità pragmatiche, e tutti i suoi precetti si sgretolano come marmo sotto le pressioni dello scalpello di un abile maestro: la stratega Dottoressa Volumnia Gaul.
Enigmatica e complessa anche la figura del Decano Casca Highbottom. Anche lui mostra al pubblico delle sfumature e delle sfaccettature essenziali per poter cogliere totalmente non solo il dibattito umano attorno ai giochi, ma anche il ruolo che Capital City assume tra le caste del Paese.
Anche Lucy Gray Baird è un bel personaggio. Ella rappresenta la semplicità della vita, nonché l’eterno vivere all’insegna dell’amore e sotto gli alberi, all’ombra della natura incontaminata.
A tal proposito, anche il buon Sejanus Plinth è un bel personaggio: un nobile di seconda classe che approda in prima grazie al denaro del padre. Da lì combatte per sovvertire gli Hunger Games, condividendo al mondo il suo disappunto sull’oppressione di Panem nei confronti degli uomini sconfitti.
Ambienti
Il grigiore di Capital City e le varietà di luoghi meritano, senza dubbio, un piccolo approfondimento.
Capital City si mostra in tutto il suo pomposo sfarzo, seppure il cemento e la tristezza del clima, nonché la quasi totale e completa assenza del sole garantiscano quell’atmosfera soffocante e uggiosa.
Innovativa anche l’arena degli Hunger Games. Non si svolgono i giochi nella sua magna teatralità come nei precedenti capitoli, qui -essendo un prequel- è logico aspettarsi una struttura più scarna. D’altronde è iniziato tutto da due lustri, orbene è naturale che tutte le immense innovazioni della linea temporale originale non siano nemmeno citate. È meraviglioso, però, assistere al miglioramento degli Hunger Games durante il film. Invero, saranno gli stessi studenti protagonisti ad offrire idee per aumentare la audience della cruenta lotta per la vita, mutandola in un evento televisivo atteso. È un po’ come se si fosse trasformato “Homo homini lupus” di Hobbes da legge di natura a legge dello spettacolo.
Cupi gli ambienti dell’ultima parte del film. Il distretto dodici, le caserme dei pacificatori sono luoghi lugubri e colmi di tuguri. Ispirazione chiaramente Vittoriana. Una nebbia aleggia, una caligine velata nella notte inonda le strade sterrate che indirizzano alle botteghe. Cos’altro? Solo la voce di Lucy Gray Baird riuscirà ad alimentare l’animo spezzato degli oppressi. Non casualmente le uniche plaghe di Panem non incupite o ammantate dalle nubi dell’oscurità sono la natura ed i laghi, ove l’acqua risplende sotto il dardeggiare dei raggi del sole, pesanti come fardelli in un cielo azzurro e schiarito dalle nuvole. L’amore è nell’aria in quelle scene… anche qui l’ispirazione è ottocentesca: il romanticismo e la capacità corroborante dei colori accesi delle vive stagioni. Fiat lux.
Gli Hunger Games
Nonostante non siano il fulcro centrale della narrazione, i giochi rimangono comunque il perno dell’intera attività. Una grande attenzione è chiaramente posta sulla crudeltà della morte. Sono diverse le modalità di decesso, talvolta sceniche, altre tradizionali. La violenza non è il centro, però, nemmeno dei duelli nell’arena. È il dualismo combattente-studente a farne da padrone. No-blood alcune uccisioni dovute all’assunzione di sostanze nocive o all’inalazione di veleno.
Per la prima volta l’evento viene trasmesso in tutte le televisioni di tutti i distretti, viene integrato un fitto sistema di donazioni: l’inizio dello show a discapito della sensibilità.
Chiaramente non tutti sono d’accordo con il cambiamento dei giochi. Da alcuni viene recepito come un miglioramento, mentre da altri come l’ennesima occasione per schernire ulteriormente la vita dei poveri che disputano l’incontro.
Il titolo
Per alcuni può non avere una spiegazione razionale, ma, in realtà, lo ha eccome.
Lucy Gray Baird rappresenta l’usignolo poiché canta con quella sua voce intensa, così delicata da incantare le vipere di Capital City ed i serpenti della Dottoressa Volumnia Gaul.
I serpenti, però, non sono del tutto casuali nella trama. Lucy Gray cattura e gioca con i serpenti, i quali sono animali che incarnano tre animi. Un primo di generosa ammirazione, amicizia e pietà; un secondo di morte. Il terzo si riconnette a Cornelius Snow: il veleno.
Cast
Le interpretazioni di tutti i protagonisti sono convincenti.
Tom Blyth per l’occasione ha vestito i panni di Snow. Dobbiamo complimentarci per l’ottimo lavoro svolto poiché è stato davvero bravo ed ha saputo mostrare, tramite le sue espressioni, tutto il duello interno che ossessiona il futuro Premier di Capital City. A ciò si aggiunge anche la difficoltà di mostrare al pubblico l’eterno stato di incertezza di Snow, nonché il suo sentimentalismo e la sua costante voglia di successo. Alla fine Snow ucciderà una parte di se, quella della sua coscienza (un po’ come il William Wilson di Edgar Allan Poe) per poter raggiungere i vertici. Il suo dolore si sciampia in modo direttamente proporzionale alla sua indole tirannica. È un bel personaggio, lui convincente. Peccato nel finale per la sua acconciatura: Grindelwald è un po’ passato di moda… per essere cattivo non devi per forza avere quel taglio o quel vestiario.
Altra attrice valida è Rachel Zegler. Anche lei nei panni di Lucy Gray Baird risulta veramente amabile. Non è l’eroina alla Jennifer Lawrence, però ha dei bellissimi spunti, nonché una splendida voce. Chiaramente tagliata per il ruolo, adesso Rachel Zegler punta ad un palcoscenico ancora più elevato. Il test è stato superato con successo, la sua recitazione non è magistrale però è apprezzabile. Dopo essere sopravvissuta agli Hunger Games, però, dovrà sopravvivere alle aspettative di Hollywood. È in rampa di lancio, ma quanto manterrà il suo slancio?
Non mi voglio dilungare su Peter Dinklage, l’attore affetto da nanismo che nel corso degli anni ha catturato i cuori di tutti. Chiaramente un emblema del cinema moderno grazie ad alcuni ruoli eterni che lo hanno elevato ad uno dei più grandi attori contemporanei. Nel ruolo di Decano è incredibile, poi ancora migliore risulta nel finale del film, quando è costretto a cambiare espressione improvvisamente per via di un avvelenamento.
Su Viola Davis nulla da aggiungere. L’attrice più volte candidata all’Oscar riesce a irretire lo spettatore non tanto con la sua travolgente bellezza spettrale, ma più con la sua irresistibile e malvagia recitazione. È una donna senza scrupoli. Il suo costume è ottimo. Il terribile liquido della distruzione e della vendetta scorre in lei. È ben riuscita.
Aspetto tecnico
È un film con un budget elevato. I filtri, gli effetti speciali, il cast, la fotografia sono ottimi. Risulta un po’ meno riuscito il doppiaggio, talvolta troppo piatto per l’intensità delle scene.
Apprezzabile la scelta di riaffidare il progetto a Francis Lawrence. Il regista era avvezzo a questo tipo di contenuto, avendo già diretto più volte gli Hunger Games (quelli al cinema, non quelli a Panem).
La Recensione
Hunger Games - La ballata dell'usignolo e del serpente
L'ultimo capitolo della saga fonde straordinariamente momenti più riflessivi ad un'azione più sfrenata. Non è il classico Hunger Games, ma l'opera è comunque di valore. Nel complesso il sette è un voto giusto, anche perché il sistema offerto dal regista non segue gli schemi tradizionali ed è un asset ancora da dissabbiare per bene.
PRO
- Trama
- Personaggi
- Giochi
- Avvincente
CONTRO
- Diverso dal resto della saga
- Scontato in alcuni momenti
- Troppa musica
- Giochi ritoccati