Questa docuserie racconta l’omicidio e il processo della tredicenne Yara Gambirasio, che hanno sconvolto la pace di una piccola cittadina del bergamasco.
Fin dall’inizio, Bossetti ha dichiarato con fermezza la sua innocenza. Ha sostenuto che le prove del DNA erano imperfette, suggerendo che i campioni avrebbero potuto essere compromessi a causa di una prolungata esposizione agli elementi o di una contaminazione incrociata durante il processo di raccolta e analisi. La difesa di Bossetti si è concentrata sulla possibilità che l’integrità delle prove del DNA fosse stata compromessa, portando a un’associazione illecita con il crimine. Nonostante le sue affermazioni, il campione di DNA corrispondente lo ha messo direttamente nel mirino delle indagini, preparando il terreno per una lunga battaglia legale.
Il documentario su Yara Gambirasio si addentra profondamente nella ricerca di risposte che circondano la sua tragica morte. Esplora non solo il processo investigativo, ma anche il profondo impatto che la copertura mediatica implacabile ha avuto sulla sua famiglia in lutto. La docuserie è ben realizzata, utilizzando una miscela di filmati d’archivio, ricostruzioni drammatiche e interviste approfondite con le persone chiave coinvolte nel caso.
Ora veniamo agli aspetti più inquietanti di questo caso. Massimo Bossetti, l’uomo più sfigato al mondo, scopre di essere figlio di un altro padre e cornificato dalla moglie con più uomini. La PM ha capito che ci fosse il rischio che potrebbe non essere lui e ha cercato di salvare la sua carriera. Ammettere ancora una volta di aver sbagliato e di tornare al punto d’inizio avrebbe sollevato le lamentele di tutto il popolo italiano. Quando è stato preso dalla polizia, lui non stava scappando, stava scendendo dall’impalcatura.
Perché falsificare il video del camioncino fuori dalla palestra prendendo per altro in giro i media per dipingere un mostro ai cittadini? Perché il padre ha negato rapporti con i Locatelli se poi ci sono delle foto con Yara presente a una festa della loro ditta? Perché quelle compagne di Yara dicono tutte la stessa cosa come fosse un discorso preparato? Perché 3 cani molecolari fanno tutti singolarmente lo stesso percorso passando da un cancello elettrico che quindi non avrebbe potuto aprire da sola Yara (ma qualcuno che ci lavora)? Perché c’è il DNA della maestra se dice di averla salutata a distanza? Perché quel testimone iniziale non viene più creduto se effettivamente vengono trovati quei 2 tizi e la macchina rossa con i graffi esattamente dove erano stati indicati dal testimone?
Onestamente credo che Yara non sia mai uscita da quella palestra e non vedo nessuna motivazione per cui Bossetti avrebbe dovuto farle qualcosa dal momento in cui non risultano violenze sessuali. E se davvero fosse stata una vendetta dei Locatelli? O di qualcuno vicino alla palestra? E se Yara si fosse trovata in una lite finita male in quella palestra? O se c’era della gelosia da parte di qualcuna che faceva il suo stesso sport?
Più che altro quello che non mi convince è il movente. Perché non hanno indagato bene tra le persone presenti in palestra o che sono stati là quel giorno? Tra l’altro si cercava un colpevole a prescindere, soprattutto dopo la richiesta del padre di Yara al presidente della Repubblica. Un comandante ha addirittura forzato la confessione a Bossetti. Perché forzare la confessione se sei sicuro della sua colpevolezza? Ci sono troppe cose strane in questo processo e indagini.
Se sei un fan dei documentari crime sono sicuro che questa miniserie ti piacerà. Come suggerisce il nome, questo documentario segue l’omicidio e il processo di Yara Gambirasio, una ginnasta italiana di 13 anni che è stata trovata assassinata. Yara era una ginnasta talentuosa e promettente. In una serata apparentemente normale, è andata in palestra verso le 17:30 e ne è uscita alle 18:30, ma poi è scomparsa senza lasciare traccia. Dopo una faticosa ricerca durata tre mesi, il corpo di Yara è stato finalmente scoperto il 26 febbraio 2011 a Chignolo d’Isola, a circa 10 chilometri dal centro sportivo dove era stata vista l’ultima volta. La macabra scoperta ha segnato la fine di un lungo sforzo da parte delle autorità e dei volontari.
Le condizioni del suo corpo rivelarono una fine tragica e violenta. Presentava tagli superficiali in varie parti del corpo. I dettagli trapelati dal rapporto dell’autopsia suggerivano che la sua morte fosse il risultato di una combinazione di fattori: un colpo traumatico alla testa, sei ferite da taglio inflitte e le dure e gelide condizioni a cui era esposta, che avevano portato all’ipotermia. Questa combinazione di ferite dipinse un quadro straziante dei suoi ultimi momenti. Una volta scoperto il corpo di Yara, l’attenzione dell’indagine si spostò sull’identificazione e la cattura del sospettato responsabile della sua morte. La svolta iniziale nel caso portò all’arresto di un giovane marocchino. La sua detenzione fu provocata da un malinteso derivante da un commento telefonico tradotto male da alcuni interpreti. Questo suo commento suggeriva il suo coinvolgimento nel crimine, portando le autorità a credere di aver trovato il sospettato. Tuttavia, dopo ulteriori indagini e chiarimenti sulla sua dichiarazione, divenne evidente che non aveva alcun collegamento con l’omicidio di Yara. Di conseguenza, il giovane è stato scagionato e rilasciato dalla polizia, spingendo la squadra investigativa a continuare la ricerca del vero colpevole.
Le autorità intensificarono i loro sforzi, impiegando varie tecniche forensi e raccogliendo prove per rintracciare il responsabile. L’indagine comportò un’analisi meticolosa di campioni di DNA, filmati di sorveglianza e interviste con potenziali testimoni. Nonostante la battuta d’arresto iniziale, la determinazione di assicurare alla giustizia l’assassino di Yara non fece che rafforzarsi, spingendo il team investigativo a esplorare ogni possibile pista e via nella loro ricerca di risposte. I detective raccolsero quindi tracce di materiale genetico dalla biancheria intima e dai leggings di Yara. Questa prova vitale divenne la pietra angolare dell’indagine. Gli scienziati forensi analizzarono meticolosamente il DNA, confrontandolo con un ampio database di 22.000 profili di DNA. Questa imponente impresa comportò l’incrocio di campioni di una vasta gamma di individui, tra cui potenziali sospettati e persone collegate alla zona. Un muratore italiano di nome Massimo Giuseppe Bossetti fu arrestato per l’omicidio di Yara dopo che gli investigatori determinarono che il suo DNA corrispondeva al campione prelevato dai suoi vestiti. Questa scoperta importante fu una svolta significativa nel caso, fornendo alle autorità un sospettato concreto dopo mesi di indagini esaustive.
La Recensione
Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio
"Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio" svela un'indagine controversa, intrighi personali, e domande senza risposta, gettando luce sulle imperfezioni del sistema giudiziario.
PRO
- Indagine intricata.
- Ricostruzioni drammatiche e interviste profonde.
- Riflessione sui problemi del sistema giudiziario italiano.
CONTRO
- Forse avrei dato più spazio a Bossetti.
- Molte domande restano senza risposta.