Un inizio difficile, ma intrigante
Quando ho iniziato a guardare “Kaos”, la nuova serie di Netflix creata da Charlie Covell, devo ammettere che ho avuto bisogno di un paio di episodi per acclimatarmi al suo stile.
La serie è una reinterpretazione contemporanea della mitologia greca, ma con un tocco decisamente stilizzato e anacronistico. Con una trama che si sviluppa su tre piani di esistenza- il Monte Olimpo, l’isola di Creta e l’Oltretomba – “Kaos” ci porta in un mondo in cui i miti antichi si scontrano con elementi moderni, creando un universo in cui rituali sacri, sacrifici umani e battaglie sanguinose convivono con camioncini di street food e cereali a tema divino nei supermercati.
Un mondo moderno con radici antiche
Nonostante i nomi classici degli dei e degli eroi tragici, c’è poco di autenticamente greco in “Kaos”. La colonna sonora è un mix eclettico di rock, pop e persino musical, con brani di Dire Straits, The Temper Trap e Il Mago di Oz. Le scene ambientate a Creta, girate a Malaga, in Spagna, sembrano più una vacanza sulla costa spagnola piuttosto che un’immersione nella mitologia greca. Questo aspetto potrebbe essere intenzionale, ma non riesce a convincere pienamente.
Una reinterpretazione stilizzata, ma poco convincente
“Kaos” sembra prendere spunto da altre produzioni britanniche che hanno anglicizzato storie ispirate all’antichità classica, come “Atlantis” o “Rome”. Tuttavia, l’estetica e la produzione della serie lasciano a desiderare. La cinematografia sovrasaturata e il design di produzione kitsch rendono sia il regno terrestre che la villa celeste di Zeus (interpretato da Jeff Goldblum) meno epici di quanto dovrebbero essere. La casa di Zeus, decorata con fenicotteri rosa gonfiabili e gioielli d’oro, sembra più una festa in piscina degli anni ’80 che la dimora di un dio onnipotente.
Il tentativo di Covell di infondere umorismo secco nella serie, un tratto distintivo che aveva funzionato così bene in “The End of the F*ing World“, qui raramente strappa una risata e smorza gran parte della passione che dovrebbe alimentare queste leggende.
Personaggi leggendari con un tocco moderno
La prima stagione di “Kaos” ruota attorno a tre personaggi umani i cui destini sono intrecciati da una profezia epica: Euridice, chiamata anche Riddy (interpretata da Aurora Perrineau), Arianna, detta Ari (interpretata da Leila Farzad), e Caneus (interpretato da Misia Butler). Questi personaggi mitologici sono stati rivisitati in modo fresco e originale. Euridice, ad esempio, non è più la damigella in pericolo che Orfeo (interpretato da Killian Scott) deve salvare dall’Oltretomba, ma è una moglie insoddisfatta e una figlia perduta che trova uno scopo nella morte.
Riddy viene arruolata nel “Centro per le Questioni Non Risolte”, un luogo di lavoro per umani che non possono essere “rinnovati” (ovvero reincarnati) perché sepolti senza monete. È in questo aldilà brutalista e in bianco e nero che si connette con Caneus, un’anima gentile con un passato misterioso. Caneus, che ama il suo cane a tre teste (un cenno a Cerbero, il guardiano dell’inferno), ha una storia che si intreccia con quella del personaggio mitologico di Caeneus, rivisitata in modo da riflettere anche l’identità di genere di Butler come uomo trans.
Le divinità greche in abiti moderni
Altrove, Ari prende il posto di Teseo diventando la protagonista di una storia ispirata alla leggenda di Re Minosse (interpretato da Stanley Townsend) e del suo famigerato Minotauro (interpretato da Fady Elsayed). Covell riesce abilmente a eliminare il tema del tabù dello stupro nella storia di Caneus, ma l’origine del Minotauro viene rielaborata in modo più complesso e forse troppo convoluto per Ari.
Mentre il triangolo amoroso tra Riddy, Orfeo e Caneus risulta piuttosto insipido, con una chimica tra Perrineau e Butler che sembra monocorde quanto la palette cromatica dell’Oltretomba, il triangolo romantico tra Hera (interpretata da Janet McTeer), Poseidone (interpretato da Cliff Curtis) e Zeus è molto più coinvolgente e volatile. Zeus, interpretato da Goldblum con un tocco simile a quello del suo personaggio in “Thor: Ragnarok“, è una figura infantile e narcisista, ma capace di momenti di vera minaccia. Il suo crescente sospetto verso la sua famiglia e l’umanità lo porta a intensificare le tensioni fino al genocidio, aumentando la posta in gioco verso la fine della stagione.
Un Olimpo disfunzionale
La rappresentazione delle divinità greche come esseri tempestosi e spietati è uno dei punti di forza della serie. Janet McTeer interpreta Hera con un’aria aristocratica, ma non meno crudele e spietata. In una scena scioccante del secondo episodio, Hera induce il parto del bambino illegittimo di Zeus, ordina al dio di uccidere il neonato e trasforma la madre in un’ape per il suo alveare. Zeus, non da meno, abusa fisicamente del suo figlio, il dio del vino e del desiderio Dioniso (interpretato con sincera esuberanza da Nabhaan Rizwan) e successivamente tortura suo fratello Ade (interpretato da David Thewlis).
Ade, il sovrano dell’Oltretomba, viene raffigurato in modo sorprendentemente benevolo, in contrasto con le sue più comuni rappresentazioni antagonistiche. Il suo regno è rappresentato come un luogo molto meno tortuoso di quanto ci si aspetterebbe, con l’Inferno e il purgatorio dipinti come complessi industriali kafkiani in bianco e nero, molto più facili da guardare rispetto ai regni celesti e terrestri di “Kaos”.
Troppi personaggi, troppa confusione
“Kaos” cerca di raccontare troppe storie contemporaneamente. Charlie Covell ha inserito molti miti e leggende greche nel suo mondo caotico. Stephen Dillane interpreta Prometeo come un narratore che rompe la quarta parete, mentre Rakie Ayola porta una fiera defiance nel ruolo di Persefone, la Regina dell’Oltretomba. Ci sono anche Debi Mazar nel ruolo di Medusa, Billie Piper nei panni di Cassandra, e le Fatiche, rappresentate da Eddie Izzard, Ché e Sam Buttery in una versione deliziosamente fluida di genere. Tuttavia, come diceva Omero nell’Odissea, “Se servi troppi padroni, presto soffrirai”, e “Kaos” sta servendo troppi personaggi e trame in competizione per riuscire a dare giustizia a tutti. Il risultato è un eccesso narrativo di otto ore che oscilla tra intrighi e tedio, mentre si avvicina a una conclusione tutt’altro che emozionante. E dato il triste precedente di Netflix nel cancellare spettacoli dopo una sola stagione, “Kaos” potrebbe essere relegato al “Centro per le Questioni Non Risolte” prima che la seconda stagione possa mantenere la sua promessa epica e profetica.
Potenziale sprecato?
“Kaos” offre alcuni momenti di originalità e intrigo attraverso riscritture ammirevoli dei miti e delle leggende greche. Il tutto è supportato da interpretazioni abilmente realizzate da attori del calibro di Jeff Goldblum, Janet McTeer e David Thewlis, che interpretano divinità disfunzionali e immortali in lotta per profezie e potere. Tuttavia, la serie risulta eccessivamente carica di personaggi e trame che non riesce a gestire adeguatamente. Il contrasto tra classico e contemporaneo risulta stridente e poco convincente, e i temi comici e oscuri della famiglia, della lealtà, dell’amore e della morte raramente riescono a strappare una risata. I momenti di umorismo nero, che Covell aveva saputo gestire con maestria in precedenza, qui sembrano forzati e non riescono a bilanciare la gravità del materiale mitologico che viene esplorato. L’eccessiva frammentazione della narrazione, unita a una direzione artistica che sembra non trovare mai un equilibrio tra kitsch e epico, fa sì che il prodotto finale manchi di coerenza e coesione.
Si, potenziale non sfruttato
Uno degli aspetti più frustranti di “Kaos” è che, nonostante la sua ambizione e il talento coinvolto, la serie sembra incapace di sfruttare appieno il suo potenziale. Ci sono momenti in cui la narrazione riesce a catturare lo spettatore, specialmente nelle dinamiche tra le divinità greche, che Covell dipinge come figure meschine, capricciose e a tratti spaventose. Jeff Goldblum si distingue nel ruolo di Zeus, un dio infantile e vendicativo che domina con un mix di fascino e terrore. Anche David Thewlis, nel ruolo di Ade, offre una performance sottile e affascinante, mostrando un lato più umano e compassionevole del dio dell’Oltretomba, raramente esplorato in altre interpretazioni mitologiche.
Tuttavia, questi momenti di brillantezza sono sovrastati da una narrazione che si dilunga troppo su dettagli superflui, perdendo di vista il filo conduttore che dovrebbe guidare la serie. Il tentativo di raccontare troppe storie contemporaneamente risulta in un sovraccarico narrativo che finisce per diluire l’impatto di ciascuna trama. Questo problema è accentuato da una regia che, pur essendo visivamente interessante, spesso cade vittima del proprio stile, sacrificando la sostanza per la forma.
Dove “Kaos” potrebbe migliorare
Perché “Kaos” possa realizzare il suo potenziale in una possibile seconda stagione, sarà necessario un ripensamento sia nella struttura narrativa che nella direzione artistica. Ridurre il numero di trame e focalizzarsi maggiormente su alcuni personaggi chiave potrebbe aiutare a creare una narrazione più coesa e coinvolgente. Inoltre, trovare un equilibrio più armonioso tra gli elementi classici e quelli contemporanei, evitando eccessi stilistici che rischiano di alienare lo spettatore, potrebbe rendere la serie più accessibile e apprezzata da un pubblico più ampio.
Un altro miglioramento potrebbe derivare da una gestione più efficace dell’umorismo. I toni umoristici potrebbero essere utilizzati per arricchire la storia e non per distrarre dall’intrigo mitologico che dovrebbe essere al centro della narrazione. Covell ha dimostrato in passato di saper dosare l’umorismo con efficacia, e riportare quella magia potrebbe essere la chiave per elevare “Kaos” al livello delle migliori serie basate su miti e leggende.
Conclusione: un’occasione quasi persa
In conclusione, “Kaos” è una serie che, nonostante le sue imperfezioni, offre spunti interessanti e alcune performance degne di nota. Tuttavia, è anche una serie che soffre di un eccesso di ambizione e di una mancanza di focalizzazione, risultando in un prodotto che non riesce a mantenere le sue promesse iniziali. Se sei un appassionato di mitologia greca e ti piace vedere come queste storie possono essere rivisitate in chiave moderna, “Kaos” potrebbe comunque offrirti un’esperienza interessante. Ma preparati a una narrazione che, a tratti, potrebbe lasciare insoddisfatti.
E tu, hai già visto “Kaos”? Cosa ne pensi di questa reinterpretazione della mitologia greca? Lascia un commento con le tue impressioni e partecipa alla discussione!
La Recensione
Kaos
"Kaos" su Netflix è una rielaborazione audace della mitologia greca, dove divinità capricciose e umorismo oscuro si scontrano in un caos visivo e narrativo.
PRO
- Interpretazioni convincenti di Jeff Goldblum e David Thewlis.
- Originalità nel rivisitare miti greci con un tocco moderno.
CONTRO
- Narrazione frammentata e sovraccarica di trame.
- Estetica visiva kitsch che può risultare alienante.