Secondo l’ultima biografia, Robin Williams soffriva di un disturbo del cervello, non diagnosticato in tempo utile dai medici. Tra i sintomi c’erano bizzarre “visioni” che l’hanno portato, nel tempo, prima alla depressione, poi al suicidio.
Il libro in questione si intitola semplicemente “Robin” ed è stato scritto dall’autore Dave Itzkoff. La storia si concentra sulle fasi finali della vita di Williams, al quale, inizialmente venne diagnosticato il morbo di Parkinson. Tuttavia, nessuno dei sintomi che presentava, sembravano collimare con quelli notoriamente ascrivibili alla suddetta malattia. Alla fine, un neurologo, fu in grado di comprendere perfettamente il problema dell’attore, che era, nello specifico, la cosiddetta “demenza di Lewy”,diffusa a tutto il corpo. Il tipo di degenerazione più comune, dopo il Parkinson: le proteine, depositandosi nel cervello, provocano problemi alla memoria, al pensiero, alle emozioni e ai movimenti corporei.
Secondo quanto riportato da Deadline in riferimento a quanto scritto nella biografia, Williams iniziava a piangere senza motivo, dimenticava le battute dei film che interpretava e, negli ultimi giorni di vita, la sua andatura era strascicata. Il punto di rottura, arrivò mentre interpretava l’ultimo film della serie Una Notte al Museo:
“Alla fine di ogni giornata singhiozzava tra le mie braccia, era orribile,” ha raccontato una truccatrice all’autore del libro. “Ho detto alle persone a lui vicine che io sono solo una truccatrice, e non avevo la più pallida idea di come comportarmi con il suo tipo di problema.”
Successivamente, l’attore si rese anche conto di non riuscire più a far ridere le persone, aveva perso sicurezza in sé stesso, nulla andava più come avrebbe dovuto. L’iniziale diagnosi di Parkinson aveva previsto un’aspettativa di vita di 10 anni. Purtroppo però non era quello il suo male.