Una stanza per gli Oscar…
Uno dei film migliori dell’anno, questo dramma tesse abilmente eventi dai titoli delle notizie per raccontare una cruda, e profondamente coinvolgente storia personale. Il regista irlandese Lenny Abrahamson e la scrittrice Emma Donoghue portano questi fatti alla vita con abilità straordinaria.
Brie Larson interpreta Joy, una giovane donna che è stata rapita a 17 anni da un uomo che conosce solo come Old Nick (Sean Bridgers). La storia si apre con suo figlio Jack (Jacob Tremblay) che festeggia il suo quinto compleanno nella camera dove è nato ed ha trascorso tutta la sua vita. Non c’è nemmeno una finestra per guardare fuori e scoprire com’è fatto il mondo, e per aiutarlo a superare questa mancanza, Joy spiega al piccolo che non c’è vita al di fuori della stanza, e tutto ciò che vedono in televisione è falso. Con l’età che avanza, la curiosità di Jack richiede più risposte, e Joy, infine, decide di dirgli la verità, nella speranza che possa aiutarlo a fuggire.
Una volta che fugge il film spicca il volo. Jack si ritrova in una sequenza di salvataggio che è esilarante, terrificante e letteralmente mozzafiato. E da qui, il film diventa ancora più incisivo, con Joy e la battaglia personale di Jack che prova ad adattarsi alla vita in quello che sembra un paesaggio alieno. I genitori di Joy (il grande Joan Allen e William H. Macy) si sono divisi, e la madre ha un nuovo partner (Tom McCamus). Tutti sono preoccupati per lui, ma è la madre quella che ne risente di più da questa situazione.
Abrahamson ha una storia intrecciata, ma vuole raccontarla cronologicamente. Vuole tenere il pubblico attento a Jack, ma vuole anche farlo immergere nella situazione complessa di Joy. Si tratta di due punti di vista molto diversi, e Abrahamson cerca di trattarli entrambi. Raccontare la storia solo dal punto di vista di Jack sarebbe stato troppo sdolcinato e dal punto di vista di Joy troppo scuro. E’ un atto di bilanciamento difficile ma il regista dimostra di cavarsela bene.
Abrahmson fa un ottimo lavoro in cinepresa quando ci mette nei panni di Jack. Noi vediamo le cose da angolazioni basse; il mondo sembra grande, ci fa un po’ paura, e ci trasmette quel lato curioso del piccolo Jack. Poi con la narrazione ad opera di Jack capiamo ancora meglio come il piccolo percepisce il mondo, e ci sentiamo come se fossimo parte di un risveglio.
Ci sono alcuni salti temporali nel film che mettono in crisi lo spettatore ma per fortuna ci sono Larson e Tremblay, che danno il meglio di se generando due delle migliori performance dell’anno. Devono essere emotivi e non poco in quei ruoli, e non è facile vendere al pubblico questo rapporto contorto tra madre e figlio. Per Jack, il mondo è nuovo; per Joy, è un mondo che lei ha dimenticato. Si tratta di personaggi duri, e Larson e Tremblay sono sbalorditivi, dall’inizio alla fine. Sono il nucleo emotivo del film, e sono entrambi una gioia assoluta per gli occhi.
Room è un film che piace per molti punti ma è frustrante guardarlo flirtare con la grandezza del mondo circostante in molte scene dove appare spaesato al di là della forza dei suoi due protagonisti. A volte si perde in problemi di stimolazione emotiva cercando di trovare l’inquadratura giusta per la narrazione. Quando Jack e Joy guardano attraverso il loro lucernario, sanno che c’è un grande, coraggioso, bello e complesso mondo al di fuori. E’ così vicino, eppure così lontano. Come il film, vicino alla perfezione in alcuni frangenti ma in altri così lontano.
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La Recensione
Verdetto su Room
<p style="text-align: left;">Room è un film che piace per molti punti ma è frustrante guardarlo flirtare con la grandezza del mondo circostante in molte scene dove appare spaesato al di là della forza dei suoi due protagonisti. A volte si perde in problemi di stimolazione emotiva cercando di trovare l'inquadratura giusta per la narrazione. Quando Jack e Joy guardano attraverso il loro lucernario, sanno che c'è un grande, coraggioso, bello e complesso mondo al di fuori. E' così vicino, eppure così lontano. Come il film, vicino alla perfezione in alcuni frangenti ma in altri così lontano.</p>