Senna, la nuova serie Netflix, cerca di esaltare il mito del leggendario pilota di F1 Ayrton Senna, ma con un po’ di zucchero di troppo e, a tratti, col freno a mano tirato.
Sì, parliamo del pilota più forte di sempre, ma questa biopic riesce davvero a catturare tutta la sua complessità? Vediamo insieme i pregi, i difetti e se vale davvero la pena accendere la TV… specialmente ora che la Formula 1 è diventata noiosissima.
Senna: uno show ben curato, ma non troppo audace
Per cominciare, il bello: la produzione è visivamente coinvolgente. I sei episodi ci immergono nella vita di Senna, dalla sua infanzia tra i kart fino alla tragica fine. E con Gabriel Leone nei panni di Ayrton, possiamo tranquillamente dire che la scelta del protagonista è stata indovinata. Oh, quanto è bravo nel portarci quel carisma selvaggio che tanto abbiamo amato di Senna! Ma ammettiamolo, il vero valore aggiunto qui è il mix linguistico: gran parte dei dialoghi sono in portoghese, il che aggiunge un sapore autentico alla narrazione. Un po’ come se fossimo lì, nel mezzo delle grida entusiaste dei fan brasiliani.
Il ritratto dei primi anni di carriera del campione è davvero affascinante, soprattutto quando si parla delle giornate passate a Norfolk (e chi direbbe mai che il luogo più piatto del Regno Unito sembri qui improvvisamente montuoso?). Certo, il viaggio epico verso l’Italia con il motore nel bagagliaio è uno di quei momenti che ci ricordano perché amiamo le storie di corse: passione, sacrificio e un pizzico di follia. E poi diciamolo, non c’è niente di meglio di Senna che si fa strada tra i circuiti di F3 con l’appoggio di un gruppo di hooligan inglesi stile anni ’80.
Ma quanto è tutto questo realistico? Ahimè, non molto.
F1 vintage: c’è tanto da amare
La serie ha il merito di portare alla luce tutto lo splendore visivo della Formula 1 anni ’90: il tecnicolor delle livree Benetton, Marlboro, Camel che colora ogni fotogramma, ci fa desiderare che il passato possa tornare. La cura dei dettagli c’è, con le vetture d’epoca, dalle Toleman TG183B fino alla Williams FW16. E poi, ammettiamolo, i boss delle scuderie, come Ron Dennis e Frank Williams, sono rappresentati con cura quasi maniacale. Gli appassionati più attenti noteranno anche Gordon Murray, Neil Oatley e altri personaggi che sbucano sullo sfondo, regalando una soddisfazione inaspettata agli occhi dei nerd delle corse.
Tuttavia, per quanto le scene di gara siano visivamente migliori rispetto a precedenti tentativi come Rush o Le Mans ’66, c’è una piccola discrepanza: più la macchina è costosa, più sembra andare lenta in pista. Come mai? Misteri del budget Netflix, suppongo.
Senna vs Prost: stesso film, nuova livrea
Ah, il caro vecchio Alain Prost. Se pensavate che questa serie avrebbe dato al Professore una rappresentazione più equilibrata, be’, ripensateci. Ancora una volta, Prost è il cattivo della situazione, l’eterno antagonista dell’eroe brasiliano. È come guardare un vecchio cartone animato, dove uno è sempre buono e l’altro sempre cattivo. E francamente, la cosa comincia a stancare. Soprattutto considerando che i due avevano una relazione molto più complessa, fatta di rispetto, rivalità e, sì, un bel po’ di cattiveria, ma comunque umana.
E poi c’è il famoso commento di Prost su Senna: “Ayrton ha un piccolo problema, pensa di non poter morire, perché crede in Dio”. Questo viene solo accennato, ma la realtà è molto più interessante e controversa di quanto ci viene raccontato qui. Nella serie si parla di Senna che “crede in Dio” o nel “Grande Uomo lassù”, ma tutto il lato più mistico e spirituale del pilota è stato elegantemente lasciato da parte. Chissà, magari per non far sembrare il nostro eroe troppo eccentrico.
Il pilota, non l’uomo
La verità è che la serie ci dà un’idea ripulita di Ayrton Senna. Certo, era un eroe, ma era anche una figura complessa, piena di contraddizioni e, a volte, capace di azioni discutibili. Chi conosce un po’ meglio la storia sa che Senna aveva una visione molto personale del concetto di “bene e male”, una visione che spesso metteva i suoi rivali nella scomoda posizione di dover decidere se schiantarsi o cedere. Non proprio il comportamento del perfetto gentiluomo, giusto?
Le conversazioni tra Senna e il suo rivale di kart Terry Fullerton, per esempio, glorificano un po’ troppo quella sua “determinazione a trovare un varco a ogni costo”, lasciando fuori tutta la complessità che caratterizzava quel lato del suo carattere. Era un campione, sì, ma non senza macchia.
Una storia di corse, ma senza coraggio
Per certi versi, Senna sembra un po’ come la versione Disney della vita del grande pilota: tutto luccicante, tutto epico, ma mancante di un po’ di quella grinta che rendeva il vero Ayrton così affascinante. Se riuscite ad arrivare fino alla fine dei sei episodi, il finale a Imola ’94 è, come ci si aspetta, struggente. Ma è anche talmente atteso e inevitabile da risultare quasi… scontato. Non fraintendetemi, è emozionante, ma è un’emozione che sa di déjà-vu, un’emozione che è stata romanzata fino al punto di perdere la sua vera forza.
Una boccata d’aria fresca (ma troppo leggera)
La serie si sforza di rimanere immersiva, e ci riesce a tratti molto bene, soprattutto con la riproduzione delle livree, dei caschi e delle ambientazioni. Il team ha chiaramente fatto i compiti a casa, e si vede. Ma è anche evidente che gli elementi più controversi, quelli che avrebbero potuto dare profondità al personaggio, sono stati sfumati via, come si fa con una macchia difficile su una tela preziosa.
Ci sono delle belle idee nella produzione, come le sequenze di karting intercalate con le prodezze di Senna sotto la pioggia in F1, che ci mostrano quanto sia rimasto legato alle sue origini anche durante la sua crescita come pilota. Questi tocchi sono ben fatti e ti fanno pensare: “Ecco, è per questo che amo Senna”. Ma poi arrivano momenti troppo patinati che fanno perdere il filo.
Senna: vale la pena guardarla?
Alla fine della giornata, la domanda è: vale la pena guardare Senna su Netflix? Se siete appassionati di Formula 1 e volete vedere un po’ di quella magia portata su uno dei piloti più iconici di sempre, allora sì, preparate il popcorn e immergetevi in questi sei episodi. C’è ancora qualcosa di magico nel vedere Ayrton sfrecciare a 300 km/h, sentirlo parlare in portoghese e osservare il mondo attorno a lui prendere forma. È una storia epica e, in fondo, ogni scusa è buona per celebrare Senna.
Ma se cercate una rappresentazione onesta, cruda e autentica di uno degli sportivi più controversi e appassionanti della storia, potrebbe non essere la serie che fa per voi. Senna è mitizzato, forse fin troppo, ed è questo il suo più grande difetto. È come se avessero deciso di non rischiare, di lasciare il personaggio su un piedistallo, ben lontano dalla polvere delle strade di corsa.
In un mondo in cui la Formula 1 sta diventando sempre più prevedibile e noiosa (dai, quanti di voi si sono addormentati durante l’ultima gara?), è bello avere qualcosa che riporti un po’ di quella emozione. Quindi, forse, questa serie non sarà perfetta, ma è comunque un viaggio emozionante, e a volte questo basta.
Cosa ne pensate? Siete pronti a rivivere l’epopea di Senna o pensate che il mito sia stato troppo addolcito? Lasciate un commento qui sotto e fatemi sapere la vostra!
La Recensione
Senna
Senna su Netflix è visivamente splendido, emozionante, ma fin troppo edulcorato. Ottimi costumi e dettagli, ma manca la grinta autentica di Ayrton.
PRO
- Performance di Gabriel Leone e ricostruzione visiva accurata della Formula 1 anni '90
- Emozione di rivivere le gesta di Senna, un'icona immortale dello sport
CONTRO
- La trama edulcorata non esplora la vera complessità di Senna
- Rappresentazione stereotipata di Alain Prost come "il cattivo"
- Finale scontato e prevedibile, che perde la sua forza emotiva