Ho finito di vedere la terza stagione di Suburra in nemmeno un giorno, diciamo che è volata via – complici i pochi episodi – e se ne andata lasciando sulla fronte qualche lacrimuccia finale.
Ma partiamo dal principio:
Che domande si può fare il telespettatore che guarda la serie tv di Netflix Suburra?
Sicuramente possono rientrare le seguenti, soprattutto se la guardi insieme a tuo figlio/a:
- La violenza, il linguaggio e la sessualità conferiscono una certa realtà agli stili di vita che la storia presenta nella serie?
- Qualcuno in questa storia è un personaggio ammirevole?
- Qual è lo scopo di questa storia?
- Anche se è una storia inventata, suggerisce che accordi simili tra politica e mafia esistano anche nel mondo reale?
Spero di rispondere a tutte queste domande nella recensione, ovviamente senza includere spoiler.
Suburra è una serie tv di marca italiana avvincente, intrigante e coinvolgente ma forse non del tutto adatta ai più piccoli. Il linguaggio è forte (ma ci sta anche perché non credo che tra mafiosi ci siano tanti lord) e non manca la violenza sullo schermo, oltre alle scene di sesso multiple che rasentano la pornografia… causa totale mancanza di filtri. Ma questo è anche il bello di Suburra. Quindi, se in casa i vostri figli premono per vedere la serie tv insieme a voi, mandateli a nanna.
Ho adorato il cast… ci sono mafiosi, politici corrotti e sacerdoti degenerati… e le vite di tutti questi personaggi sono infinitamente intriganti. Più li conosci, più vuoi saperne di loro, sia perché li rispetti o perché sei pronto a disprezzarli ulteriormente.
Se stai iniziando a vedere la serie tv in questo momento, Suburra è un thriller drammatico che racconta la battaglia tra alcuni clan per il controllo di una preziosa proprietà immobiliare sulla costa vicino a Roma (Ostia). In un luogo in cui denaro e droga regnano senza sosta, sono le alleanze tra politici, mafia e persino il Vaticano a gestire i fili dietro le quinte.
La serie prende vita qualche anno prima delle vicende del lungometraggio di Sollima: siamo nel 2008, in una Roma divisa tra criminalità organizzata (a sua volta scissa tra i “vecchi capi”, eredi della Magliana e nuovi impetuosi gangster) e profonda corruzione, tra le fila della politica e anche tra le fila della Chiesa, che governa dalle solide mura Vaticane. Se sul primo fronte abbiamo potuto assaporare con piacere gli intrighi di Sara Monaschi (Claudia Gerini), donna influente con le giuste conoscenze che affonda gli artigli sul Vaticano, e dell’ambizioso Amedeo Cinaglia (Filippo Nigro), candidato senza scrupoli alla carica di sindaco di Roma e disposto a sporcarsi le mani per raggiungere i suoi obiettivi, nella seconda abbiamo una storia costituita da un’aspra rivalità tra famiglie criminali.
Queste due famiglie sono: gli Adami, signori delle terre di Ostia alla cui guida c’è Aureliano – interpretato da Alessandro Borghi – e gli Anacleti, famiglia Sinti fortemente ancorata alle tradizioni e all’arcaismo, in cui il giovane Spadino preme per diventare leader.
In mezzo c’è Catfish (Eduardo Valdamini), figlio di un poliziotto che da un “banale” giro di droga si ritrova più che coinvolto nelle macchinazioni criminali dei due clan.
Infine, a mediare tra i due mondi, la malavita e la Chiesa, c’è Samurai, che nella serie Netflix è interpretato da Francesco Acquaroli (e non da Claudio Amendola, come nel film): l’uomo più potente di Roma, il più influente e rispettato criminale, che ha interesse a mantenere intatti gli equilibri criminali della Città Eterna… a causa di un importante accordo edilizio con i clan mafiosi che dalle terre siciliane intendono affondare gli artigli sulla capitale.
La terza stagione di Suburra, è proprio il caso di dirlo, è stata abbastanza rivoluzionaria, perché ribadisce (fin dal primissimo episodio) la sua volontà di rompere definitivamente ogni legame con il film di cui dovrebbe rappresentare un prezioso sfondo.
Se all’inizio, c’era effettivamente la possibilità di collegarsi al film seppur con qualche riserva – come il rapporto sempre più fraterno tra Aureliano e Spadino – diversi elementi narrativi della serie, prendono una strada completamente diversa, definendo alla fine “Suburra – La Serie” una vera storia alternativa, un nuovo adattamento del romanzo di Giancarlo De Cataldo.
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Fondamentalmente, tra il film e la serie Suburra c’è ora lo stesso rapporto che troviamo tra la serie Gomorra e il film, ma le differenze qui diventano ancora più clamorose dato che il lavoro cinematografico di Sollima include in parte lo stesso cast del progetto Netflix.
Ma oltre a questo, com’è Suburra 3?
Riesce a chiudere efficacemente il ciclo iniziato nel 2017? La risposta è che, purtroppo, lo fa solo parzialmente. Quest’ultima stagione, infatti, chiude in modo abbastanza efficace la macrostoria, ma lo fa con alcune rinunce e alcune criticità: prima di tutto il ritmo: alto, frenetico, forse troppo. Netflix e Cattleya hanno infatti scelto di chiudere la serie con un blocco di soli 6 episodi, decisione che, anche se fa guadagnare freschezza e velocità alla sceneggiatura, resta per forza vittima anche di una storia davvero frettolosa.
Alcuni personaggi come Sara Monaschi ne risentono. Anche se la protagonista ha esaurito gran parte del suo arco narrativo nelle stagioni precedenti, in questa terza stagione si trasforma (da elemento chiave degli intrighi tra clero e politica romana) in un personaggio che appare di tanto in tanto giusto per ricordarci che esiste.
La minore presenza di alcuni personaggi chiave, e allo stesso tempo l’assenza di nuovi volti per dare maggiore freschezza e dinamismo alla qualità e al ritmo della trama, rendono quindi l’andamento narrativo un po’ altalenante e meno avvincente del solito, nonostante il minor numero di episodi a favore della cadenza dei colpi di scena.
Forse Suburra 3 paga:
- una qualità narrativa inferiore,
- un ritmo troppo frettoloso.
Anche se, alcuni colpi di scena, si evolvono in modo interessante e fanno evolvere anche alcuni personaggi e dinamiche della storia. Penso al rapporto tra Nadia e Angelica (le ottime Federica Sabatini e Carlotta Antonelli).
Come sempre si confermano al top i due attori principali (gli incredibili Borghi e Giacomo Ferrara, che da il volto a Spadino). Ma è tutto il cast a comportarsi egregiamente. A questo fa eco un comparto tecnico ed effetto, in linea con gli standard produttivi di Suburra: buoni effetti speciali, come sempre, tra sparatorie ed esplosioni, impreziositi da un’ottima scenografia, che esalta gli scorci più cupi di una Roma violenta e suburbana. La regia è avvolgente, anche se non superlativa, ed è accompagnata da un montaggio efficace, frenetico, anche se non molto coraggioso rispetto a quello delle prime stagioni. Tuttavia svolge il suo compito senza errori… ma senza nemmeno brillare troppo.
La Recensione
Suburra 3
A mio avviso, la terza stagione di Suburra, riesce a chiudere quasi brillantemente questa storia iniziata nel 2017. Il finale è avvincente e le scene crude e violente - anche se non adatte ai più piccoli - fanno acquisire maggiore autenticità allo show. Forse la scelta di puntare su 6 episodi rende più frettolosa la trama... ma spesso la velocità da una mano alla sceneggiatura. Ottime come sempre le interpretazioni dei personaggi principali e la scenografia che esalta gli scorci più cupi di una Roma violenta e suburbana. Probabilmente meno forte di Gomorra e Romanzo Criminale, ma anche Suburra riesce a rappresentare molto bene, la realtà criminale italiana.
PRO
- Cast
- Scenografia
CONTRO
- Troppo frettolosa
- 6 episodi penalizzano alcuni personaggi