Donald Trump: un nome che evoca mille emozioni.
E con The Apprentice – Alle origini di Trump, Ali Abbasi ci offre un film che vuole portarci nel cuore oscuro della storia di questo personaggio. Da un giovane immobiliarista di Brooklyn a figura politica di rilevanza mondiale, questo film non fa altro che ricordarci come il fascino della ricchezza e del potere possa trasformare anche i sogni più grigi in una realtà luccicante (e discutibile!). Siete pronti a entrare nella mente di Donald? Sì? Perfetto, preparate i popcorn e, vi avverto: indossate anche un po’ di cinismo.
L’attore giusto per l’uomo sbagliato: Sebastian Stan nei panni di Trump
Chi l’avrebbe mai detto che avremmo visto Sebastian Stan trasformarsi in Donald Trump? Dimenticatevi il Soldato d’Inverno di Marvel, qui Stan si muove tra pantaloni troppo larghi e una chioma bionda fintissima, incarnando un giovane Trump che sembra sempre a un passo dal baratro… ma senza mai cadere davvero. Interpretare un personaggio così iconico e caricaturale richiede molto più che un semplice mimetismo: serve quella giusta dose di follia e arroganza, e Stan, lasciatemelo dire, ci mette davvero tutto il possibile. Eppure, nonostante lo sforzo, manca qualcosa: il carisma esplosivo, quella scintilla assurda e pericolosa che ha reso il vero Trump un personaggio capace di dominare le prime pagine per decenni. Sebastian Stan ci arriva vicino, ma è come vedere un quadro ben dipinto senza, però, quell’ultimo tocco di genio che lo rende un capolavoro.
E poi c’è Jeremy Strong nel ruolo di Roy Cohn, il famigerato avvocato e mentore di Trump. Ora, qui parliamo di un attore che non si tira mai indietro e che sembra assaporare ogni linea del dialogo con la stessa energia di chi morde una bistecca alla fiorentina. Cohn, interpretato da Strong, diventa una figura quasi shakespeariana: un incantatore oscuro che vede in Trump l’allievo perfetto per le sue lezioni di cinismo e immoralità. “Attacca, attacca, attacca” è uno dei mantra che Roy trasmette a Donald. Sembra quasi di sentirli i colpi che questi due uomini sferrano alla morale comune, col sorriso sulle labbra e un bicchiere di whisky in mano.
Da Brooklyn a Manhattan: il sogno di Trump e le sue origini
La storia di The Apprentice – Alle origini di Trump inizia nella Brooklyn degli anni ’70, dove il giovane Donald è ancora solo un immobiliarista che lavora con il padre Fred Trump Sr. (interpretato da Martin Donovan), raccogliendo affitti in contanti da inquilinati furenti e facendo promesse piuttosto discutibili. Non è certo il glam di Manhattan, il posto dove Donald desidera ardentemente arrivare. E allora, come ci si fa strada nel mondo dell’immobiliare di lusso quando il tuo biglietto da visita è: “Ehi, sono il figlio di Fred Trump”? Ma è qui che entra in scena Le Club. Un luogo che per molti è simbolo di esclusività, ma che per un giovane Donald è il biglietto di sola andata verso un mondo che non lo vuole, almeno all’inizio. Il fatto che il nostro protagonista venga avvistato solo, con uno sguardo imbronciato e la voglia di ribaltare tutto, lo rende ancor più “trumpiano”. Chi si avvicina a lui in questo momento così vulnerabile? Ovviamente Roy Cohn, che con un gesto teatrale lo invita a un tavolo affollato di Mafiosi. Ah, la magia delle serate di New York!
Tra corruzione e potere: la filosofia del “giocare sporco”
La parte più affascinante del film è la rappresentazione del rapporto tra Trump e Cohn. Roy è quel diavolo sulla spalla che sussurra: “Non ammettere mai nulla, nega sempre tutto”. È un legale che non solo conosce i cavilli della legge, ma sa come manipolarla a suo favore. Vediamo Roy Cohn muoversi in tribunale con l’audacia di chi sembra quasi voler dire: “E allora? Chi può fermarmi?”. E Donald, nel suo ruolo di apprendista, non tarda a imparare la lezione. La scena in cui Cohn affronta un funzionario federale e insinua, con tanto di foto compromettenti, che questo abbia una relazione segreta è tanto grottesca quanto inquietante. Questo è il mondo di Trump: un luogo dove le regole si piegano, dove la verità è solo una pedina da spostare secondo convenienza.
Non solo politica: il lato umano di Trump
È importante dire che il film non si concentra solo sulle manovre sporche e gli affari di Trump. Viene mostrato anche il lato più umano, se così possiamo chiamarlo, dell’uomo. La sua relazione con Ivana Zelničková (interpretata da Maria Bakalova), inizia come una storia di flirt sfacciato per poi evolversi in una relazione più complessa e tormentata. Ah, l’amore! Ma attenzione: per chi cercava un happy ending, dimenticatevelo. Il matrimonio tra Donald e Ivana si rivela essere solo un altro “affare” da gestire. Quando Roy suggerisce un accordo prematrimoniale, l’intera situazione diventa subito più cupa. Trump, infatti, non vede più Ivana come l’amore della sua vita, ma come un potenziale rischio finanziario. Oh, l’ironia delle relazioni moderne! Si ha quasi l’impressione che tutto nella vita di Donald, persino il matrimonio, sia stato vissuto come un affare commerciale piuttosto che un impegno emotivo.
Cenni di tragedia: Fred Jr. e il lato oscuro del successo
Non si può parlare del lato umano di The Apprentice – Alle origini di Trump senza menzionare la tragica figura di Fred Trump Jr. (interpretato da Charlie Carrick), il fratello di Donald, che lotta contro l’alcolismo e la pressione insopportabile delle aspettative familiari. La morte di Fred Jr. è presentata come un evento che scuote tutti, tranne uno: Donald. Il dolore sembra semplicemente passargli addosso, senza mai toccarlo veramente. È quasi come se il successo avesse prosciugato Donald di qualsiasi empatia, di qualsiasi capacità di provare qualcosa per chi non fosse all’altezza delle sue ambizioni. Il che, ammettiamolo, è tragico in un modo che va oltre il semplice melodramma.
Attacca, attacca, attacca: la filosofia di Trump in azione
Il mantra “Attaca, attaca, attaca“, ripetuto più volte durante il film, diventa una specie di colonna sonora psicologica. Abbiamo un Trump che non solo prende queste parole a cuore, ma le trasforma nella sua filosofia di vita. Non importa chi tu sia, non importa cosa tu abbia fatto, l’importante è che nessuno ti prenda mai per debole. È una linea di pensiero che ritroviamo in tutte le sue azioni, dai progetti immobiliari alle relazioni personali. Il modo in cui Trump si scontra con Roy Cohn, il suo stesso mentore, quando quest’ultimo gli consiglia di stare lontano dai casinò di Atlantic City, è emblematico. Non esistono amici, non esistono alleati: ci sono solo le persone che ti aiutano a vincere e quelle che devi eliminare per non perdere.
Una fotografia che racconta più delle parole
Non si può parlare di The Apprentice – Alle origini di Trump senza menzionare la regia di Ali Abbasi e il lavoro svolto dal direttore della fotografia Pief Weyman. Le inquadrature sono studiate per trasmettere una sensazione di oppressione, come se Donald fosse sempre in gabbia. Una gabbia dorata, certo, ma pur sempre una gabbia. La Manhattan degli anni ’80 non è ritratta come la terra promessa, ma come un campo di battaglia. Ci sono scene in cui le luci al neon e i grattacieli sembrano stringersi attorno ai personaggi, rendendoli piccoli e insignificanti. Anche la scelta cromatica del film è molto interessante: toni freddi e colori metallici, in contrasto con il calore umano che, in qualche modo, sembra sempre mancare nella vita di Donald Trump. È come se la città stessa fosse un riflesso delle ambizioni di Donald: affascinante, potente, ma vuota e glaciale, un mondo dove conta solo ciò che splende in superficie.
Le relazioni: amore, potere e calcoli
In un film così centrato sulla figura di Donald Trump, le relazioni non possono essere altro che uno specchio della sua ambizione. Ivana, interpretata da Maria Bakalova, non è solo un interesse amoroso, ma un simbolo di status, una rappresentazione di ciò che Trump vede come successo personale. E quando Roy Cohn insiste su un accordo prematrimoniale, il fascino della storia d’amore si infrange, mostrando la cruda realtà di un rapporto in cui il denaro e il potere prevalgono su qualsiasi forma di affetto.
E che dire delle altre figure femminili nella vita di Donald? Il film non si ferma solo su Ivana, ma ci fa capire che la vita sentimentale di Trump è una costante serie di calcoli strategici. Non c’è mai spazio per la vulnerabilità, e quando c’è, Donald sembra quasi non saper come gestirla. C’è un momento in cui vediamo Ivana, esausta, chiedersi se essere una “moglie di Trump” sia davvero tutto ciò che desidera. Una scena tanto semplice quanto potente che ci fa domandare: quante persone sono rimaste intrappolate in quella stessa dinamica senza riuscire mai a scappare?
“Se sei incriminato, sei invitato” – Il circolo degli influenti
Ah, le feste di Roy Cohn! Tra tutte le frasi memorabili del film, la battuta “Se sei incriminato, sei invitato” riassume perfettamente l’ambiente di corruzione in cui Trump si è trovato così a suo agio. In queste feste vediamo George Steinbrenner, Rupert Murdoch, Roger Stone e altri pezzi grossi, tutti intenti a celebrare il loro potere in un mix di whisky, sigari e battute taglienti. Sono scene che fanno venire in mente il circolo dei “grandi”, dove l’essere accusato di un crimine è quasi una medaglia d’onore, una conferma che sei arrivato in cima.
La presenza di Jeremy Strong nei panni di Roy Cohn dà ulteriore spessore a queste scene. Cohn è il tipo di personaggio che ami odiare, ed è difficile non ammirare la sua totale mancanza di scrupoli. La sua relazione con Trump è tanto tossica quanto efficace. C’è una lezione nascosta qui per Donald: in questo mondo non esiste la lealtà, solo alleanze temporanee e utilitaristiche. Ed è una lezione che Trump impara molto bene, forse anche troppo.
Il lato oscuro del successo: il prezzo da pagare
Per Donald Trump, ogni relazione, ogni alleanza, ogni passo verso il successo ha un prezzo. Ma qual è stato il costo reale? Fred Trump Jr., suo fratello maggiore, è la testimonianza del lato più oscuro della famiglia Trump. Non tutti riescono a sopportare il peso delle aspettative, e Fred Jr. ne è la prova. La sua storia viene raccontata con uno sguardo amaro e malinconico, mostrando il contrasto tra chi è disposto a sacrificare tutto per il successo e chi, invece, non riesce a sopportarne il carico.
Fred Jr. rappresenta ciò che Donald non voleva diventare: una figura fragile, incapace di sostenere il peso dell’ambizione familiare. La sua morte è un momento che potrebbe scuotere qualsiasi altra persona. Ma per Donald, sembra essere solo un evento marginale, quasi un fastidio nella sua ascesa verso il potere. Ed è qui che il film mostra la sua faccia più crudele, facendo emergere un uomo privo di empatia, interessato solo a proiettare un’immagine di invincibilità.
Ritratto di una New York fredda e calcolatrice
La New York rappresentata in The Apprentice – Alle origini di Trump è un personaggio a sé stante. Ali Abbasi fa un lavoro straordinario nel rendere la città un riflesso delle aspirazioni e delle paure di Donald. Manhattan è un luogo che può dare tutto, ma solo se sei disposto a pagarne il prezzo. Non è un caso che il film mostri continuamente i grattacieli che incombono, i riflessi delle luci al neon che sembrano quasi soffocare i personaggi, ricordandoci che il successo in questa città non è mai gratis.
Anche la colonna sonora gioca un ruolo importante. Le musiche di sottofondo, piene di toni metallici e freddi, rispecchiano il distacco emotivo di Trump. È come se ogni nota ci ricordasse che l’umanità, la compassione e la vulnerabilità non sono contemplate nella sua scalata al successo. Questo ambiente ostile e freddo diventa quasi una metafora della vita di Donald: una giungla urbana dove solo il più forte sopravvive.
Quando l’apprendista supera il maestro
Il rapporto tra Donald e Roy Cohn è l’anima del film. All’inizio, Donald è il discepolo perfetto, pronto ad assorbire ogni lezione di spietatezza che il suo mentore ha da offrire. Ma quando arriva il momento di prendere le proprie decisioni, Trump non esita a tradire proprio il suo maestro. Quando Roy lo avverte dei rischi del gioco d’azzardo con i casinò di Atlantic City, Donald lo ignora, segnando l’inizio di un conflitto che culminerà con la rottura definitiva tra i due.
È una scena carica di tensione e dramma: Roy Cohn, colui che aveva preso Donald sotto la sua ala, viene lasciato da parte, come se non fosse mai stato importante. Questo è il mondo di Trump: un mondo dove la gratitudine non esiste, e dove anche i legami più forti sono sacrificabili sull’altare dell’ambizione personale.
Un Donald Trump lontano dall’icona politica?
Una delle critiche che si possono muovere al film è la mancanza di approfondimento sulla trasformazione di Trump in icona politica. Sì, vediamo il giovane immobiliarista, il manipolatore, l’uomo che calpesta chiunque gli si pari davanti. Ma il Trump presidente? Il personaggio che avrebbe cambiato per sempre il volto degli Stati Uniti non è neanche menzionato. Ali Abbasi si concentra esclusivamente sugli anni ’70 e ’80, tralasciando completamente ciò che Donald sarebbe diventato in seguito.
Questo, da un lato, ci permette di vedere il personaggio senza le lenti della politica contemporanea, ma dall’altro sembra anche una scelta che limita la portata della narrazione. Chi è davvero Donald Trump? Il film sembra suggerire che non lo sappiamo nemmeno noi. O, forse, non vogliamo davvero saperlo.
Considerazioni finali
The Apprentice – Alle origini di Trump è un film che non lascia indifferenti. Tra luci al neon, grattacieli che sembrano voler inghiottire i personaggi, e dialoghi taglienti come rasoi, ci viene mostrata la scalata al potere di un uomo disposto a tutto. Un uomo che, come un apprendista oscuro, ha imparato ogni lezione possibile sul come vincere… senza mai preoccuparsi del prezzo da pagare.
La regia di Ali Abbasi e le interpretazioni di Sebastian Stan e Jeremy Strong sono senza dubbio il punto di forza del film. Ma alla fine, rimane la domanda: abbiamo davvero visto chi è Donald Trump? Oppure ci è stato mostrato solo uno degli innumerevoli volti di un personaggio che ha saputo reinventarsi tante volte quante la società glielo ha permesso?
Se avete visto il film, sono curioso di conoscere il vostro punto di vista. Donald Trump è stato rappresentato in modo fedele? Vi ha colpito la sua ascesa o vi ha lasciati con più domande che risposte? Scrivetemi nei commenti qui sotto!
La Recensione
The Apprentice - Alle origini di Trump
Ascesa spietata di Trump tra luci al neon e tradimenti. Fotografia impeccabile, ma manca l'empatia. Sebastian Stan brilla, ma non esplode.
PRO
- La performance di Jeremy Strong.
- Ali Abbasi offre una visione visivamente potente della scalata al potere di Trump.
- Un'analisi spietata dell'ambizione, senza fronzoli né romanticismi.
CONTRO
- La rappresentazione di Trump può risultare troppo distante e priva di un lato umano che permetta di relazionarsi con il personaggio.