The Great Hack è un documentario del 2019, disponibile su Netflix dall’estate del 2020, che racconta attraverso interviste e reportage gli scandali legati a Cambridge Analytica per la diffusione dei dati delle persone durante la campagna presidenziale di Donald Trump alle elezioni degli Stati Uniti d’America nel 2016 e l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, prodotto da Jehane Noujaim e Karim Amer.
La trama del documentario
Cambridge Analytica è una società di consulenza politica che ha sede nel Regno Unito, costituita nel 2012 per espandersi negli Stati Uniti, ed è una filiale di SCL Group, ovvero una società che si occupa di comunicazione strategica con lo scopo di analizzare il comportamento delle popolazioni e successivamente influenzarle. SCL Group ha impiegato le sue risorse per collaborare ad operazioni militari e politiche nei paesi in via di sviluppo fin dagli anni del nuovo millennio.
Dal 2015 Cambridge Analytica ha ottenuto l’incarico di ottenere la vittoria nella nomination repubblicana negli Stati Uniti del 2016 a favore di Ted Cruz. Per fare questo, Cambridge Analytica ha utilizzato il social network più famoso: Facebook. Lo scopo era schedare le persone in base ai loro gusti attraverso la raccolta dei data points degli utenti e catalogarli come “elettori tipo”.
L’idea era questa: carpire dai dati personali di ognuno quanto quelle persone fossero vulnerabili e manipolabili e verso quale orientamento politico, per poi bombardarli attraverso campagne mediatiche di vasta portata per indirizzarli verso l’obiettivo da raggiungere, ovvero far vincere le elezioni al proprio cliente/candidato.
Tutti i dati personali sono stati raccolti e utilizzati senza il consenso delle persone coinvolte, attraverso un’applicazione ideata dall’accademico britannico Aleksandr Kogan.
La stessa Cambridge Analytica afferma:
“Abbiamo creato contenuti personalizzati per influenzare gli elettori, li abbiamo bombardati con blog, articoli, video, inserzioni, su qualunque piattaforma, finché non hanno condiviso la nostra visione del mondo, e votato per il nostro candidato”.
Il primo a denunciare questo smercio di dati è stato il giornalista di The Guardian Harry Davies, a riguardo della campagna svolta da Cambridge Analytica per il senatore USA Ted Cruz.
A lui si aggiunge il professore associato alla Parsons School of Design di New York David Carroll, colui che sarebbe diventato uno dei protagonisti di questa vicenda esplosa nel 2018.
Carroll avanza una richiesta molto semplice, sulla base dell’affermazione di Cambridge Analytica che afferma di possedere i dati di 50 milioni di persone, e cioè: “Bene, visto che ve ne siete impossessati senza il mio consenso, ridatemi i miei dati”.
Carroll ha scoperto di poter citare in giudizio Cambridge Analytica in Gran Bretagna grazie al fatto che la società madre è una società per azioni britannica.
Questa richiesta, in apparenza scontata, ha scatenato un vero e proprio putiferio, tanto da far finire il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, a dover testimoniare di fronte ad un comitato speciale per l’accusa di aver ceduto i dati dei suoi utenti.
Un altro personaggio fondamentale di questa vicenda è la giornalista britannica Carole Cadwalladr, il cui lavoro si intreccerà con la tenacia si David Carroll, insieme alle importanti rivelazioni di due dipendenti di Cambridge Analytica: Christopher Wylie e Brittany Kaiser.
Christopher Wylie, all’epoca già ex-dipendente di Cambridge Analytica, ha fornito un abbondante fascicolo di documenti alla stampa che mostravano il funzionamento dei sistemi con cui si otteneva il possesso non autorizzato dei dati per creare campagne pubblicitarie digitali funzionali, ed ha successivamente ammesso di essere stato una fonte della giornalista Carole Cadwalladr.
Brittany Kaiser, centrale nel documentario, inizia parlando della sua carriera prima dell’approdo a SCL Group come direttrice dello sviluppo aziendale avvenuto nel 2015. Kaiser aveva lavorato nel 2007 per la campagna presidenziale nel team media di Barack Obama e, successivamente ha lavorato per Amnesty International, schierandosi contro i crimini all’umanità.
Una volta esploso lo scandalo Cambridge Analytica, Brittany si è rifugiata in Thailandia, per poi testimoniare davanti al Parlamento britannico sulle minacce alla privacy dei social media, facendo un mea culpa e affrontando le conseguenze delle sue importanti dichiarazioni, concentrando le sue testimonianze sulla vittoria elettorale di Trump e sulla questione Brexit.
Il dibattito etico
Il dibattito derivato fu ampio, inserendo per la prima volta a livello mondiale una vera e propria riflessione etica sullo sfruttamento dei nostri dati personali e di come vengano impiegati a fini strategici mettendo in pericolo la nostra libertà di scelta e, sostanzialmente, la nostra libertà. Come afferma Carole Cadwalladr, ospite a TED Talks:
“Non c’è bisogno che vi dica che c’è una corrente oscura che ci connette tutti. Scorre attraverso le piattaforme digitali. Per questo sono qui. Per rivolgermi direttamente a voi, gli dei della Silicon Valley. Mark Zuckerberg, Sheryl Sandberg, Larry Page, Sergey Brin, Jack Dorsey. La vostra missione era connettere le persone e ora vi rifiutate di riconoscere che quella stessa tecnologia ci sta dividendo. Continuate a ignorare che è una questione più grande di voi, di tutti noi. Non si tratta di sinistra o destra, di uscire o restare, di Trump o no Trump. Qui si tratta di rendere possibile tornare ad avere elezioni libere e giuste. E’ questo che volete? E’ così che volete essere ricordati? Come servi dell’autoritarismo?”
Infatti, la pecca di The Great Hack è il fatto di concentrarsi per lo più su Donald Trump e sulla Brexit, quando il problema della privacy dovrebbe essere generico e non incanalato all’interno di tematiche recintate.
Indubbiamente, far emergere queste questioni legandole al successo di Donald Trump, per la cui elezione ci sono state marce e proteste che lo consideravano un presidente illegittimo per la non vittoria al voto popolare, e all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea per cui le discussioni all’interno del parlamento inglese sono state aspre e durature, ne garantiva un immediato successo, e così è stato.
Ma al di là di questi scoop, il caso Cambridge Analytica ci ha mostrato come innanzitutto esista una falla nel sistema di protezione dei dati, e dei pericoli a cui tutti siamo esposti, chi più e chi meno consapevolmente.
Cosa è accaduto alla fine?
Mentre era in atto la battaglia legale, SCL ha dichiarato bancarotta.
Facebook ha pagato una multa di 500.000 sterline a Londra per mancanza di trasparenza.
È saltato fuori che Cambridge Analytica violava chiaramente le leggi sulla privacy del Regno Unito.
Brittany Kaiser è diventata una promotrice della tutela dei dati e collabora al movimento Own Your Data.
La giornalista Carole Cadwalladr è stata nominata, insieme al New York Times, finalista per il Premio Pulitzer.
Il dato più rilevante, però, è questo: David Carroll, non ha mai ottenuto indietro i suoi dati.
E tu che ne pensi?
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La Recensione
The Great Hack
The Great Hack è un documentario del 2019, disponibile ora su Netflix, che racconta gli scandali di Cambridge Analytica per la diffusione dei dati delle persone durante la campagna presidenziale di Donald Trump nel 2016 e l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.
PRO
- Tutte le persone maggiormente coinvolte nella vicenda vengono rappresentate e il documentario ha il merito di mettere in luce un tema complesso e ancora poco affrontato.
CONTRO
- Si concentra troppo su Trump e sulla Brexit, quando il problema dei dati è mondiale.