Nel 2003, un’epidemia di un fungo infettivo chiamato Cordyceps trasforma gli umani in mostri mortali e lascia il mondo in rovina. Venti anni dopo, il sopravvissuto Joel (Pascal) è costretto a viaggiare attraverso gli Stati Uniti con l’orfana adolescente Ellie (Ramsey), che possiede un segreto che potrebbe cambiare il mondo.
The Last of Us, originariamente rilasciato come videogioco per PlayStation nel 2013, è indubbiamente uno dei migliori videogiochi di tutti i tempi. Una rivisitazione originale del modello thriller zombie survival che ha infranto nuove frontiere con i suoi temi risonanti, il gameplay intensamente fluido e la sceneggiatura insolitamente decente. Era emotivo, coinvolgente e rappresentava un’esperienza cinematografica all’interno di una console da gioco. Tutto questo era una buona ragione per evitare un’adattamento cinematografico o televisivo. Perché rischiare di rovinare una cosa perfetta? Perché deturpare ciò che è stato fatto in precedenza? Perché provarci, dato che i videogiochi hanno notoriamente avuto un record diabolicamente scarso in film o serie tv?
La risposta arriva in modo spettacolare ed enfatico dai co-showrunner Neil Druckmann (il creatore originale del gioco) e Craig Mazin (lo sceneggiatore/produttore dietro l’altrettanto apocalittico ed eccellente Chernobyl). La serie live-action di The Last of Us è un superbo esempio di come far funzionare un adattamento, di come mantenere gli elementi che hanno funzionato avendo la fiducia di esplorare nuove audaci strade, di espandere l’universo, di fare una cosa che sta sulle sue gambe. Capito Resident Evil?
Una delle forze chiave del gioco era la profondità dei personaggi, e qui questo aspetto viene solo intensificato.
Prima di tutto, colpisce il fatto di quanto sia stata fedele questa trasposizione. Consapevoli di lavorare su un template abbastanza forte – e forse anche consapevoli di accontentare la base di fan del gioco aggressivamente fedele – Druckmann e Mazin hanno aderito abbastanza strettamente alla narrazione originale. Seguiamo Joel (Pedro Pascal) ed Ellie (Bella Ramsey) nel loro pericoloso viaggio attraverso un’America post-apocalittica, da Boston al Wyoming, mentre affrontano zombie (noti qui come “infetti”), oltre ai vivi altrettanto terrificanti, in cerca di una cura – o almeno di qualche tipo di guarigione interiore.
Per chiunque abbia giocato al videogioco, è un’esperienza a tratti surreale vedere i suoi momenti più iconici (lo skyline crollato, le giraffe) splendidamente ripresi nel live-action. Ma – tranne un momento in cui Joel dice a Ellie che la “aiuterà ad alzarsi”, un sottile cenno a una delle meccaniche chiave del gioco – non sembra mai di guardare un videogioco. Pascal offre una performance di grande impatto come Joel, trasmettendo sia la durezza che la vulnerabilità del personaggio. Ramsey, nel frattempo, è una rivelazione nei panni di Ellie, trasmettendo una vasta gamma di emozioni, dall’ottimismo all’angoscia. Anche i personaggi secondari hanno il loro spazio, in particolare Marlene (Merle Dandridge), capo del gruppo di resistenza Luci, e Tommy (Gabriel Luna), il fratello di Joel. Entrambi i personaggi sono stati estesi rispetto al gioco, consentendo ai rispettivi interpreti di fornire prestazioni più approfondite.
La serie mantiene anche l’equilibrio tonale del gioco, alternando momenti di suspense e azione con momenti di calma e intimità. Inoltre, espande l’universo del gioco, esplorando le vicende di personaggi che non appaiono nel gioco, ma che vivono nello stesso mondo. Ciò dà alla serie una sua identità, distinguendola dalla storia originale e rendendola al tempo stesso familiare per i fan.
In modo avvincente, la serie è forse al suo meglio quando si discosta dal suo modello originale. Nessuno dei principali punti della trama viene cambiato drasticamente, ma diversi episodi si discostano gloriosamente dal passato. Il più avvincente di tutti è lo straordinario e quasi autonomo terzo episodio, che racconta l’intera storia di Bill, un personaggio precedentemente molto minore, ora interpretato da Nick Offerman. Qui è reinventato come un sopravvissuto e un fanatico della teoria del complotto che si è preparato per gli zombie per tutta la vita, dimostrando che è possibile sopravvivere in una buona distopia dalle rovine del mondo. Dire di più potrebbe rovinare l’esperienza; basta dire che è commovente, sorprendentemente romantico e una delle migliori ore di televisione degli ultimi tempi.
Ecco ciò che è così impressionante in questa trasposizione: quanto è ben realizzato questo mondo. Con il vantaggio di un generoso budget HBO, c’è una sensazione di scala stupefacente per questa apocalisse, dai tocchi sottili alla CGI impeccabile, alla grande cinematografia e al sontuoso design di produzione.
Eppure, nonostante la vastità della sua trama, nonostante tutti i combattimenti contro i mostri, il focus rimane costantemente sui personaggi. In particolare, Ellie bilancia in modo convincente l’innocenza di una bambina (avendo vissuto tutta la sua vita in una zona di quarantena, non è mai salita su una macchina prima) con una determinazione intensa e persino un po’ di goffaggine, alleggerendo ciò che altrimenti potrebbe essere una visione abbastanza cupa. Pedro Pascal, nel frattempo, è perfettamente adatto al ruolo: offre un’ottima interpretazione di un cowboy con gli occhi semichiusi e una faccia rugosa, ma è sempre solo una facciata, che nasconde un profondo trauma e il terrore puro di essere una figura paterna. Non è mai stato così bravo. Che lo show finisca come il gioco, con Joel che fa una scelta brutalmente ambigua, dimostra una comprensione implicita di questi personaggi, della loro oscurità morale, della loro umanità confusa. The Last Of Us, il gioco, non ha mai offerto risposte facili; neanche la serie televisiva lo fa. Ed è solo per questo che è ancora migliore.
E tu hai visto The Last Of Us? Ti è piaciuta la serie? Dì la tua nei commenti. Io ti lascio al commento finale di questa recensione.
La Recensione
The Last Of Us Serie Tv
La serie tv "The Last Of Us" è il migliore adattamento di un videogioco mai realizzato: approfondisce la distopica del gioco, mantenendo la sua essenza emotiva. Come il gioco, è un capolavoro.
PRO
- Approfondisce il gioco in modo sublime
- Interpretazioni del cast
- Sotto trame a tratti impressionanti
CONTRO
- Non ne ho trovato