La miniserie di Netflix “The Serpent” dura otto episodi e potrebbe essere facilmente ricordata come la serie TV con il maggior numero di flashback e flash-forward di sempre, visto che in ogni episodio si balza continuamente avanti e indietro nel tempo… a volte confondendo pure lo spettatore. L’ho trovato un modus operandi frustante e incredibilmente abusato che rischia di rovinare l’affascinante storia di questo serial killer degli anni ’70, che cambia identità come le mutande.
La trama di The Serpent è un racconto effettivamente inquietante e romanzato che mette in luce una serie di rapimenti e omicidi orchestrati da Charles Sobhraj, interpretato alla perfezione da Tahar Rahim, il brillante attore francese visto l’ultima volta in “The Mauritanian”. (Per la maggior parte della storia, Sobhraj opera sotto lo pseudonimo di Alain Gautier, quindi mi riferirò a lui come Alain d’ora in avanti.) La storia inizia a Bangkok, 1975, con Alain impegnato a intrattenere gli ospiti di una festa in piscina in un condominio pieno di hippie bohémien, la maggior parte provenienti dall’Europa occidentale o dall’America – e tutti che cercano di far sventolare le loro bandiere stravaganti ed estendere il più possibile l’atmosfera degli anni ’70.
Jenna Coleman è la fidanzata di Alain, Monique, una bellezza franco-canadese che sembra essere uscita dalle pagine della rivista Vogue. Sono una coppia straordinariamente bella e sono chiaramente innamorati l’uno dell’altro, e quando si rifugiano in un appartamento del complesso condominiale e chiudono la porta dietro di loro, sembra che stiano per farlo in ogni angolo della casa – ma poi Alain schiaccia alcune pillole e le mescola in una bevanda destinata all’uomo inzuppato di sudore in camera da letto e che soffre e chiede di essere portato in ospedale. Non preoccuparti, dice Alain, mentre Monique guarda il tipo con distacco. Questo medicinale ti farà sentire meglio.
Avviso spoiler: no, non si sentirà meglio.
Nato a Saigon da madre vietnamita e padre indiano e cresciuto a Parigi da sua madre e dal patrigno francese, Alain è diventato col tempo un camaleonte che viaggia di paese in paese con la scusa di essere un commerciante di gemme. In ogni nazione caccia i giovani benestanti che hanno malauguratamente deciso di trascorrere le vacanze in Asia… Con l’aiuto di Monique e del fedele braccio destro Ajay (Amesh Edireweera), Alain esercita il suo fascino su un certo numero di viaggiatori, li prende sotto la sua ala protettiva e aspetta il momento giusto per avvelenarli, derubali dei loro averi e dei loro passaporti (che altera e usa per i suoi scopi loschi), e poi si libera dei corpi.
Mentre Alain e i suoi complici viaggiano da Hong Kong a Bangkok, in Nepal o a Parigi per varie nefaste missioni, abbiamo una trama parallela che coinvolge le indagini sui crimini commessi dal trio e che inizia quando i genitori di una coppia dei Paesi Bassi che è scomparsa in Thailandia, contatta l’ambasciata a Bangkok, attirando l’attenzione di un diplomatico olandese. Herman Knippenberg – nome del diplomatico – non è un detective, come gli ricordano costantemente il suo capo e le varie autorità di polizia, ma è praticamente l’unico determinato a scoprire cosa sia successo alla giovane coppia – e tra i primi a mettere insieme il puzzle e rendersi conto che c’è stata una serie di omicidi e potrebbero essere tutti collegati. Billy Howle è molto bravo nell’interpretazione di Knippenberg,
Girato a Bangkok, nei suoi dintorni e negli studi del Regno Unito, “The Serpent” è una festa visiva; tutte le ambientazioni in Thailandia, Kathmandu, Hong Kong, Delhi o Parigi sono perfette sia per luci e colori che ritratto temporale… la Parigi degli anni ’70 con le boulangerie e vestiti dell’epoca è davvero un bel vedere. I registi Hans Herbots e Tom Shankland e gli sceneggiatori Richard Wardlow e Toby Finlay evitano di glorificare Alain, ma grazie al loro lavoro possiamo capire come sia stato in grado di operare la sua magia oscura non solo sulle sue vittime, ma anche su Monique, che continua ad amarlo anche se sa che la sta portando nelle profondità dell’inferno, e su Ajay, uno psicopatico schietto che crede erroneamente che Alain sia l’unica persona al mondo a prendersi cura di lui.
La serie TV accenna alcune sottotrame particolarmente interessanti come le tangenti che paga Alain per corrompere i poliziotti. In queste situazioni fa riferimento al fascino di Sobhraj e di come lo ha aiutato a trattare con i dipendenti governativi (“la tua vanità è abbastanza potente da sconfiggere qualsiasi cosa”, esclama Monique a un certo punto della serie TV). Occasionalmente, The Serpent si concentra anche sui retroscena di alcune delle vittime, rendendo il loro destino un pugno nello stomaco. Sono queste narrazioni, così come gli inseguimenti tra gatto e topo che, a mio avviso, hanno dato un qualcosa in più a questa serie TV.
Io gli ho dato 8… fammi sapere se sei d’accordo con il mio voto.
La Recensione
The Serpent
Nonostante l'ottima performance del cast e la bella storia, tuttavia, la serie - alcune volte - si perde in una narrazione che salta continuamente nel tempo in modo complesso. È facile perdere traccia di tutti i punti della trama con i continui "2 mesi dopo" o "4 mesi prima" o "10 mesi dopo" e così via. Ricordo pure un 2 minuti prima 😀 I registi volevano offrire un di più allo show, ma diciamo che hanno abusato un tantino della tecnica. Le ambientazioni sono bellissime e ti riportano magicamente negli anni '70. Alcuni scenari e gli abiti dell'epoca meritano da soli la visione di The Serpent. Oltre a questo, anche le sottotrame che coinvolgono le vittime del serpente, danno un qualcosa in più a questa serie TV e ci aiutano a capire quanto fosse inquietante e privo di sentimenti il signor Sobhraj.
PRO
- Il cast fa un lavoro eccelso
- Gli anni '70 sono qui
- Le sottotrame si legano bene con la trama principale
CONTRO
- Flashback e flash-forward abusati