Lo scorso 15 febbraio Netflix ha rilasciato, in tutti i paesi in cui il colosso dello streaming ha stabilito il suo dominio, un nuova nuova serie sui supereroi intitolata The Umbrella Academy.
La storia di tale prodotto televisivo non risulta però essere originale: si ispira infatti all’omonimo fumetto scritto da Gerard Way, celeberrimo cantante della band My Chemical Romance, e disegnato dal talentoso fumettista Gabriel Bà. La loro collaborazione portò alla nascita di quello che oggi viene considerato un vero e proprio gioiellino nel mondo del fumetto, grazie ad un singolare stile narrativo e artistico che ha saputo da subito conquistare gli amanti del genere.
Considerato il grande successo del fumetto e il desiderio da parte di Netflix di dare vita ad inedite produzioni supereroistiche (sopratutto dopo la recente fine della collaborazione con la Marvel), The Umbrella Academy risulta essere il nuovo prodotto di punta dell’agenzia d’intrattenimento.
A guidare l’ambizioso progetto è il regista Steve Blackman, la cui serie Fargo risulta al momento essere il suo più grande successo.
Sarà riuscita Netflix a soddisfare le aspettative e a regalare al suo pubblico un nuovo prodotto di qualità?
The Umbrella Academy: la recensione
1 ottobre 1989: alle ore 12:00, quarantatré donne di ogni angolo del mondo partoriscono in circostanze a dir poco bizzarre. Queste neo mamme delle 12:01 si ritrovano così a dover accudire un pargolo all’improvviso, non avendo avuto modo di metabolizzare la gravidanza nei 9 mesi precedenti: le donne, infatti, non presentavano alcun segno di gravidanza prima dello scoccare delle ore 12.
Ad accogliere compiaciuto la notizia è sir Reginald Hargreeves, uno scienziato di fama mondiale, imprenditore miliardario e medaglia d’oro alle Olimpiadi che vede in questi neonati un grande, immenso potenziale. È così che intraprende un viaggio in giro per il mondo, nell’obiettivo di poter adottare il maggior numero di bambini. Questa impresa lo porterà ad acquistare ben 7 dei 43 neonati da prima pagina, di cui ne studierà le capacità e i sperati poteri sovrannaturali, istruendoli ad un futuro da supereroi.
I bambini cresceranno così nell’agiatezza e nella totale anaffettività offerta padre adottivo, consci della loro natura straordinaria e della grande responsabilità derivata dai super poteri.
Questi risultano essere però i semplici antecedenti della trama che verrà narrata nel corso della prima stagione di The Umbrella Academy. La storia avrà infatti inizio ai nostri giorni, nel marzo del 2019, ben diciasette anni dopo lo scioglimento della giovane banda di supereroi.
La famiglia Hargreeves aveva difatti subito una profonda rottura a seguito della presunta fuga di un fratello prima, e della morte di un altro fratello dopo. Questo ha portato (quasi) tutti i fratelli a lasciare la grande dimora in cui erano stati cresciuti, conducendo vite del tutto separate e lontane dagli affetti famigliari.
Ma la situazione cambia con la morte di sir Hargreeves, che porterà inevitabilmente i 5 fratelli rimasti a riunirsi e a fare i conti non solo con il passato, ma anche con una futura minaccia apocalittica annunciata da Numero 5, il fratello che era stato dato per disperso 17 anni prima e che ritorna improvvisamente proprio in occasione della morte del padre adottivo.
I fratelli dovranno quindi riunirsi per poter fronteggiare la proclamata catastrofe e, al contempo, restaurare rapporti famigliari profondamente danneggiati a causa di un’infanzia difficile che lega, volente o nolente, i 6 protagonisti.
Una serie supereroistica che non parla, però, di supereroi
…O meglio, non in modo convenzionale.
I membri della Umbrella Academy sono supereroi, persone al di fuori dell’ordinario con impressionanti poteri sovrannaturali, e questo è un fatto assodato. Ciò su cui si focalizza la serie, però, non sono la semplice “lotta contro il male” e le molteplici scene di combattimenti: a farla da padrone, nella realtà dei fatti, sono i problemi familiari.
Questo gruppo di supereroi, prima di essere i paladini della giustizia e difensori dell’umanità, sono in primo luogo una famiglia: è proprio sulle loro relazioni e rapporti famigliari che il regista Steve Blackman posizionerà la propria lente d’ingrandimento, rendendoli il vero focus della produzione televisiva.
Il primario interesse della serie risulta infatti essere quello di indagare le rotture e i sentimenti di una famiglia disfunzionale: come si può facilmente intuire dalla trama, i protagonisti della storia sono in primo luogo ex-bambini che hanno subito il trauma dell’assenza di un genitore amorevole e affettuoso. Il signore Hargreeves ha infatti impiegato ogni sua energia all’istruzione “supereroistica” dei figli adottivi, vestendoli di responsabilità e aspettative; una privazione d’affetto che ha profondamente ferito i protagonisti.
Ognuno di loro riserba nel proprio cuore un forte risentimento che ha inevitabilmente influenzato il corso della loro vita adulta, e una volta che i fratelli dovranno riunire le proprie forze dopo 17 lunghi anni di lontananza, difficile sarà focalizzarsi sui loro doveri nei confronti dell’umanità, a causa degli asfissianti fantasmi del passato che incombono, in maniera non meno minacciosa, insieme alla futura apocalisse.
Un nuovo esperimento nell’universo dei cinecomic
Considerati i toni vivaci e canzonatori della serie, The Umbrella Academy si inserisce a pieno titolo nel genere dei cinecomic: supereroi dal carattere e dai valori anti-convenzionali, personaggi sopra le righe (tra cui spicca, senza dubbio, Klaus/Numero 4) e scene di natura prettamente comica.
Ma nonostante queste ordinarie caratteristiche, che avvicinano notevolmente il prodotto Netflix a qualsiasi cinecomic pubblicato negli ultimi 10 anni, in realtà The Umbrella Academy se ne distanzia notevolmente nella ricerca di trama: come già evidenziato, l’obiettivo principale risulta sviscerare il dramma familiare che coinvolge i 6 protagonisti, non le loro prodi avventure.
Di certo non manca l’azione, che di certo saprà accontentare sopratutto gli amanti di scene violente e splatter, ma non è solo su quello che la serie vuole puntare: il centro di tutto è l’investigazione psicologica della banda dei sei, mentre tutte le vicissitudini di carattere supereroistico non sono altro che elementi satellite.
È così che oserei definire The Umbrella Academy una saga familiare dai toni “cinecomici“, in cui non solo i supereroi si spogliano dei costumi tradizionali, ma vengono ulteriormente umanizzati tramite una chirurgica ricerca di natura psicologica.
The Umbrella Academy: le conclusioni
Dopo aver potuto constatare, curiosando tra le opinioni pubblicate online, di una diffusa opinione sullo svolgimento lento della trama fino al raggiungimento del sesto episodio, mi sento di dovere di pronunciare il mio disaccordo.
The Umbrella Academy mi ha infatti coinvolta sin dal primo minuto del primo episodio, tenendomi incollata allo schermo per ore e impedendomi di proseguire con qualsiasi altra attività di natura sociale: ho potuto finalmente dedicarmi al proseguimento delle mie attività quotidiane solo una volta in cui ero arrivata alla conclusione della prima stagione.
La trama incalzante, la superba caratterizzazione dei protagonisti, il mistero da svelare e la coinvolgente colonna sonora sono stati tutti elementi che hanno contribuito al mio inesorabile abbandono al binge watching, che nonostante mi abbia privata della possibilità di potermi godere la serie più a lungo, rappresenta comunque una prova schiacciante di quanto il prodotto mi abbia saputo convincere, sopratutto dal punto di vista emotivo.
Ad ogni modo, al di là degli elementi di giudizio di natura strettamente soggettiva, mi sento di poter definire The Umbrella Academy una serie di qualità. Questa si pone infatti, a mio parere, in perfetta competizione con gli altri prodotti appartenenti allo stesso genere supereroistico, risaltando nel marasma del mondo dei cinecomic con grande efficacia grazie ad uno stile narrativo trascinante e al capillare studio psicologico di tutti i suoi personaggi. E sono proprio la grande varietà di umanità indagata e i sensibili temi toccati che permettono allo spettatore di ogni tipo non solo di poter godere di un buon prodotto d’intrattenimento, ma anche di empatizzare con gli intenti e i dolori dei sei protagonisti.
Una finale nota di menzione la vorrei infine dedicare a Robert Sheehan, interprete del personaggio di Klaus nella serie televisiva.
Nonostante questa sua interpretazione lo avvicini pericolosamente al suo precedente personaggio di Nathan (della seria britannica Misfits, andata in onda per quattro anni fino al 2013), l’attore ne esce alla fine vincitore. Sheehan si è dimostrato a dir poco eccelso nella capacità di calibrare la parte estrosa, comica e al contempo drammatica del membro numero 4 dell’ Umbrella Academy, regalando un’interpretazione che personalmente mi ha saputo regalare fortissime emozioni.
Oserei addirittura affermare che la serie tv valga la pena di essere guardata anche solo per ammirare la bravura di Robert Sheehan e innamorarsi perdutamente di uno dei supereroi tra i più belli mai ideati!
La Recensione
The Umbrela Academy
Il nuovo prodotto cinecomic di Netflix convince nei modi e negli intenti, regalando al suo affezionato un pubblico un prodotto di qualità in grado di coinvolgere grazie ai numerosi intrighi di trama e ai toccanti risvolti psicologici. Un ottimo tentativo di rivisatazione del sempre più stagnante genere del cinefumetto, con una serie di grande impatto sia dal punto di vista visivo che emotivo... E bravo Netflix!