Tra i film in concorso alla Festa del Cinema, troviamo anche un particolare documentario, Trouble No More, che ci parla del periodo cristiano di Bob Dylan
Nella sua lunghissima carriera, il cantautore americano Bob Dylan ha composto innumerevoli album, tra questi, tre in particolare vengono comunemente conosciuti come gli album del “periodo cristiano”. Un periodo in cui Bob Dylan si dedicò alla scrittura di testi e canzoni che inneggiavano tutti al Signore, all’amore cristiano, e ad una serie di valori che si possono riconoscere in una sorta di fondamentalismo cristiano.
Per molti fan gli album “Slow Train Coming” (1979), “Saved” (1980) e “Shot of Love” (1981) furono una vera delusione. Molti non riconoscevano più il proprio idolo. Bisogna infatti considerare che Bob Dylan è stato un vero e proprio idolo generazionale che, al dilà di fare musica, raccoglieva tra i fan una certa libertà di pensiero, lontana da dogmi preconfezionati. Molti dunque si sentirono traditi, non si riconobbero più nelle parole cantate dall’artista.
Il documentario Trouble No More
Il documentario di Jennifer Lebeau dal titolo “Trouble No More”, presentato oggi alla Festa del Cinema di Roma, si concentra proprio sul periodo artistico di Bob Dylan compreso tra gli anni 1979 e 1981, il così detto “periodo cristiano”. Il film per 59 minuti mostra scene e filmati ripresi durante la seconda parte del tour di Bob Dylan del ’79-’80.
Il grande cantautore era accompagnato da importanti musicisti, come Spooner Oldham alle tastiere, Fred Trackett alla chitarra, Tim Drummond al basso e Jim Keltner alla batteria.
I vari brani riprodotti per intero nel documentario, sono intramezzati da sprazzi di un portentoso sermone recitato da Michael Shannon. Nel sermone vengono messi sul tavolo i maggiori e più importanti precetti cristiani, con una particolare riflessione su quello che è davvero un buon uomo, un buon cristiano, un essere vivente degno del Paradiso, la ricchezza, la povertà e così via. Più che un documentario nel suo senso più classico, “Trouble No More” è un’esperienza molto personale. Uno sguardo su Bob Dylan, in uno dei suoi momenti artistici meno conosciuti, ma forse più personali.